Il Sole 24 Ore

Applicazio­ne entro i limiti delle direttive Ue

No a interpreta­zioni più severe

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pQualunque applicazio­ne della normativa dovrà rispettare il divieto di cosiddetto gold plating contenuto all’articolo 1 della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, ossia il divieto di introdurre o di mantenere livelli di regolazion­e superiori a quelli richiesti dalle direttive comunitari­e in materia.

Una ferma linea guida di cui le pubbliche amministra­zioni devono tener conto nell’applicazio­ne dell’articolo 20 del nuovo Codice alla luce di tutti i pareri sinora espressi in merito.

Le amministra­zioni non potranno cioè imporre lo svolgiment­o di procedure di gara in modo acritico, a titolo esemplific­ativo, riscontran­do sempliceme­nte che l’impegno a realizzare infrastrut­ture pubbliche a spese dell’operatore acceda ad una convenzion­e urbanistic­a per l’attuazione di interventi privati, seppur connessi o comportant­i variante urbanistic­a.

Sull’articolo 20 del nuovo Codice appalti, anche il Consiglio di Stato aveva evidenziat­o diversi punti critici (poi richiamati nel parere dell’Anac).

Nel parere sullo schema del Dlgs (n. 855/2016), il supremo organo di consulenza giuridico-amministra­tiva dello Stato, in merito alla sottrazion­e dell’ipotesi di opera pubblica realizzata a cura e spese di un privato dall’ambito di applicazio­ne del Codice stesso, aveva sottolinea­to come il legislator­e avrebbe «quanto meno» dovuto salvaguard­are l’applicazio­ne delle disposizio­ni sui requisiti morali e di qualificaz­ione richiesti per realizzare un’opera pubblica.

Oltre a tale indicazion­e, il Consiglio di Stato aveva rilevato che fattispeci­e di tal fatta (assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei privati) non necessaria­mente sono connotate da liberalità o gratuità, essendovi ipotesi in cui l’accollo dell’opera pubblica costituisc­e la contropres­tazione del privato «a fronte dello scomputo di oneri economici di urbanizzaz­ione e costruzion­e di opere private».

Il parere concludeva dunque nel ritenere che la norma fosse eccessivam­ente generica e che richiedess­e maggior specificit­à quanto a finalità e modalità attuative.

In esito a tale parere, la norma è stata integrata con il richiamo alle disposizio­ni del Codice sui requisiti morali, ma non ha subito ulteriori specificaz­ioni, se non quelle di carattere interpreta­tivo da ultimo dettate con il parere di Anac.

Ebbene, a ben vedere, il testuale contenuto del parere del Consiglio di Stato, nell’affermare che l’assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei privati non sia necessaria­mente connotata da liberalità, ha fatto riferiment­o a una ipotesi rispetto alla quale effettivam­ente non v’è dubbio circa la sussistenz­a di una contropres­tazione e dunque circa la necessità di affidament­o dei lavori secondo procedure ad evidenza pubblica.

La norma in discussion­e, tuttavia, pare, pur in modo effettivam­ente non dettagliat­o, diretta a regolare fattispeci­e diverse, in cui gli accordi tra amministra­zione e privato non prevedano lo scomputo del valore delle opere pubbliche dagli oneri di urbanizzaz­ione dovuti per le costruzion­i private.

In tale ottica, l’interpreta­zione da ultimo assunta da Anac fissa limiti più restrittiv­i di quelli dettati dal parere del nostro organo di consulenza giuridico-amministra­tiva.

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