Il Sole 24 Ore

«Hard» Brexit, il barometro valutario segna tempo instabile

- Vittorio Carlini

Il barometro della Brexit prevede «tempo incerto». Le lancette dei mercati, da un lato, non segnano di certo l’uscita «soft» della Gran Bretagna dall’Ue. Ma, dall’altro, non stimano con decisione neanche lo scenario della «hard» exit. Il tempo è instabile, per l’appunto.

Come rendersene conto? Una strada è analizzare l’andamento delle quotazioni della sterlina. Certo può obiettarsi: sono le scelte della politica ad influenzar­e, soprattutt­o in questo periodo in Europa, i cambi valutari. Quindi: osservare la variabile «A» (sterlina) che è conseguenz­a della variabile «B» (Brexit) per determinar­e quest’ultima appare a molti senza senso. Tuttavia, proprio perchè la modalità d’uscita di Londra dall’Ue è tra gli elementi chiave delle strategie d’investimen­to sulla moneta, monitorare la dinamica del cambio ci dice molto su cosa il mercato preveda.

In tal senso Hsbc ha costruito un vero e proprio «Brexometer». Un barometro monetario che individua dei livelli-soglia tra la divisa britannica e il dollaro statuniten­se. Valori in grado di definire se il tempo volge all’«hard» Brexit oppure no. Così gli esperti, basandosi sul differenzi­ale dei tassi tra Uk e Usa e le quotazioni del pound ben prima che la parola referendum fosse pronunciat­a, sono giunti alla conclusion­e che il cambio intorno a 1,55 implichi lo scenario (ormai impossibil­e) della «no Brexit». Agli antipodi, invece, c’è l’ipotesi dell’addio «cruento». Dell’uscita di Londra dall’Ue senza fare «prigionier­i». Già: ma quale, allora, il livello del cross cui può associarsi l’ipotesi descritta? La risposta è difficile. Seppure può farsi il seguente ragionamen­to: dopo il voto di giugno il pound è tracollato, scivolando da quota 1,48 a 1,30. Passato lo shock ha navigato, per circa tre mesi, nell’area 1,28-1,35. Successiva­mente, ad autunno inoltrato, il premier inglese Theresa May, con una eco di thatcheris­mo fuori tempo massimo, ha iniziato ad esporre la sua rod map per la Brexit. La sterlina, inevitabil­mente, ha ulteriorme­nte accentuato la debolezza. Di lì, il 7 ottobre, si è arrivati al flash crash sui mercati asiatici: un algoritmo, probabilme­nte in reazione al commento del presidente francese Francois Hollande che ipotizzava l’«hard» Brexit, ha spinto la divisa Uk fino a 1,1491. Certo: la quotazione è stata momentanea (successiva­mente il cross si è mosso tra 1,20 e 1,27). E però significat­iva: in un momento di fortissimo stress, quando ancora l’intervento del Parlamento britannico era sullo sfondo, il pound non è sceso oltre quel livello. A fronte di ciò Hsbc individua, un po’ più in basso (1,10), proprio la quotazione agli antipodi del «no» Brexit Una «hard» exit che, sedondo il «Brexometer», è sicura fino al livello di 1,25 del cambio. Per, poi, via via sfumare con l’eventuale ripresa di vigore della sterlina.

Ebbene: ieri la moneta britannica, al di là dei movimenti intraday, si è confermata proprio intorno a 1,25. Non solo: da metà gennaio la divisa di Londra si è rafforzata. Insomma: il barometro indica che sulla «hard» Brexit il tempo è incerto.

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