La lunga notte di Roma capitale
Ache punto è la notte a Roma Capitale d’Italia con quasi tre milioni di residenti e una rete metropolitana di 59 chilometri? Virginia Raggi, la “Signora Sindaco” (così come da formula ufficiale del Comune per i suoi incontri internazionali) è «serena». Un classico dell’aggettivazione usata da (quasi) tutti coloro che dopo aver ricevuto un avviso di garanzia –in questa circostanza per falso e abuso d’ufficio- attendono di essere interrogati dai magistrati.
Lunedi prossimo toccherà a lei. Il caso scuote l’albero del Movimento 5 Stelle e mette a dura prova i capisaldi del grillismo: a otto mesi dal trionfo romano, si discute tra i rancori e le miserie personali sul destino del Sindaco di Roma Capitale. Doveva essere il simbolo della svolta, l’affermazione di un progetto radicalmente nuovo. Invece le cronache ci consegnano l’immagine di un buco ammnistrativo, di un deficit gestionale e di un puzzle di nomine opache miste a rimozioni cui si fatica a stare dietro.
La Raggi ha mentito quando ha risposto all’Anticorruzione del Comune che per la nomina del responsabile al Turismo Renato Marra, vice capo della polizia municipale e fratello di Raffaele, il capo del personale del Campidoglio arrestato per corruzione, ha fatto “tutta da sola”? Le chat telefoniche e le prime indicazioni della magistratura sembrerebbero smentirla. Ma lei, l’avvocato catapultato dalla politica al timone di Roma, si dice sicura del fatto suo e intona la difesa ricorrendo ad affermazioni tipo “la mera pedissequa esecuzione”.
Parole grigie che non evocano sogni ma diatribe giuridiche. Tanto è vero che, dietro l’inedito schermo garantista e la smentita ufficiale, aleggia la possibilità dell’” autosospensione”, due terzi di passo indietro con ogni probabilità già considerato dall’establishment grillino sul modello del sindaco Beppe Sala a Milano. In attesa degli sviluppi dell’inchiesta e di un chiarimento non solo giudiziario ma politico, perché sulla ruota di Roma il Movimento 5 Stelle gioca una scommessa decisiva.
Perderla così, tra presunte “cimici” e chat pericolose in un avvitamento di errori del sindaco salito sul tetto del Campidoglio per parlottare in sicurezza con l’allora capo della sua segreteria, farebbe naufragare la sola idea di portare il Movimento, tuttora forte di grandi consensi, alla guida del Paese.
Ma intanto, da qualunque parte la si voglia vedere, resta il problema Roma. Alla vigilia delle celebrazioni per i sessanta anni dei Trattati di Roma, passaggio decisivo nella storia dell’Europa, lo stato della Capitale racconta le difficoltà di un intero Paese che stenta sul terreno del crescita e presenta al suo interno realtà molte diverse tra loro. Milano e Torino (quest’ultima guidata da un’altra “Signora Sindaco” a 5 Stelle, Chiara Appendino) dimostrano, accanto ai problemi, un buon governo della cosa pubblica ai più vari livelli che naviga comunque sottotraccia ai colori politici delle amministrazioni che si alternano nella cabina di regìa. Così, un’idea o un progetto delle giunte al timone delle città, una volta discusse e approvate, possono trovare attuazione.
A Roma no. L’emergenza è uno stato continuo e tuttavia immobile, come spiegato dal suo immane debito e come ben rappresentato, a occhio nudo, dai vigili urbani messi a guardia giorno e notte delle buche più pericolose nella strade. Nel migliore dei casi, quell’emergenza produce un (quasi mai) tempestivo rattoppo mentre si apre un’altra buca che necessita di altra vigilanza. Ma di piani veri e propri per cominciare almeno a sistemare la questione non c’è traccia. E a volte si sconfina nell’indecenza. È il caso di un luogo-simbolo come Piazza Venezia, ai piedi dell’Altare della Patria, dove il rifacimento del manto stradale, costituito dai celebri sanpietrini, è stato parziale. Per cui coesistono rotte automobilistiche pericolosissime e tracciati sicuri nello spazio di pochi metri.
La solennità dell’immobilismo di Roma, al pari dei maestosi gatti che la sorvegliano tra le sue rovine incuranti dei flash dei turisti, ha un suo fascino meritevole persino di qualche intelligente tutela. Ma c’è un limite a tutto, e bisogna pur fare i conti con la realtà. Questa, ad esempio. Una società chiede, per l’affidamento di un servizio, un chiarimento e domanda al commissario straordinario del Governo per il piano di rientro del debito pregresso del Comune se esiste, oltre l’archivio cartaceo, un sistema di digitalizzazione degli atti. La risposta: «Non esiste un sistema di digitalizzazione degli atti». A Roma Capitale è ancora notte.