Trump alza il muro con il Messico Stop ai rifugiati dalle zone di guerra
«Pagheranno loro al 100%» - Stop ai profughi siriani, si valuta il ripristino di carceri segrete
Una «grande giornata» per la sicurezza nazionale, ha dichiarato Donald Trump. Il giorno del Muro e del Divieto, perché «una nazione senza frontiere non è una nazione». Il giorno dell’ordine di costruire una «vasta barriera fisica» con il Messico per fermare i clandestini - e con loro criminalità, droga e furto di posti di lavoro. Della decisione di mettere al bando gran parte dei rifugiati, bloccando l’accoglienza dei siriani. E di negare visti a chi arriva da paesi del Medio Oriente e dell’Africa devastati da terrorismo e guerre. Nella stretta ci sarebbe anche l’ampliamento di Guantanamo «per la detenzione e il processo di nuovi catturati» e il ripristino di prigioni segrete all’estero - i black site della Cia - per la tortura di «nemici combattenti». «Il waterboarding funziona - avrebbe dichiarato Trump in un’intervista alla Abc - ma la valutazione finale non è mia » . Un’ipotesi da cui il portavoce di Trump Sean Spicer ha preso le distanze («Non è un documento della Casa Bianca») e che ha suscitato la rivolta del senatore repubblicano John McCain, ex prigioniero di guerra: «Può firmare quel che vuole. Non torneremo mai alla tortura». Ma in serata Trump è nuovamente tornato a inneggiare ad America First, dichiarando guerra all’Onu: provvedimenti, ha svelato il New York Times, sono allo studio per ridurre «drasticamente» il ruolo di Washington nell’Onu e nelle organizzazioni internazionali, mettendo in discussione trattati, eliminando fondi a agenzie che accettino tra i membri l’Autorità palestinese, finanzino l’aborto e violino sanzioni contro Iran o Corea del Nord oltre che i diritti umani. Quel che resta verrebbe comunque tagliato almeno del 40 per cento.
L’escalation era cominciata con i tweet, seguiti da ordini esecutivi e promesse: Trump ha fatto e disfatto molto durante una visita al Department of Homeland Security. Ha fatto il muro, spianando la strada ai fondi federali e a un avvio dei lavori in pochi mesi. Anche se tratti di recinzione già esistono, il progetto è una protezione alta e profonda lungo l’intero confine meridionale, che aggiunge mille miglia da presidiare con guardie di frontiera. Un impegno impopolare - il 54% degli americani è contrario - e caro: l’amministrazione stima il costo in 10 miliardi ma analisi indipendenti lo alzano fino a 25, né è chiaro chi pagherà nonostante la Casa Bianca voglia battere cassa in Messico.
Trump ha invece disfatto per i rifugiati. Il giro di vite è stato modificato per non discriminare aperta- mente contro i musulmani: prende di mira tutti, tranne le minoranze religiose perseguitate( care agliult raconservatori ). L’ arrivo di siriani, nell’ultimo anno Obama ne aveva accettati 12.500, finirà e l’intero programma per i profughi verrà congelato per 120 giorni, o finché non saranno ideati controlli adeguati. Bloccati per almeno un mese, con istruzioni al Dipartimento di Stato, saranno i visti da sette Paesi a rischio di terrorismo: Siria, Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. L’organizzazione Fratellanza Musulmana potrebbe infine essere classificata come gruppo terrorista.
La legalità di tutti i gesti è indubbia, anche se l’amministrazione Obama ha assicurato che sono già in atto controlli severi e i recenti attentati negli Stati Uniti sono stati perpetrati da cittadini. Stephen Legomsky, legale dell’immigrazione sotto Obama, ha detto che il presidente ha «il diritto e l’autorità» di limitare l’ingresso ai rifugiati e negare visti da specifici Paesi per interesse nazionale. Dal punto di vista politico e umanitario - ha tuttavia aggiunto - «è terribile».
Il muro meridionale, più che difficoltà legali, ne avrà di politiche e economiche. Ieri e oggi il ministro degli Esteri messicano Luis Videgaray e quello dell’Economia Ildefonso Guajardo sono a Washington per incontrare i consiglieri di Trump e stemperare le tensioni in vista della visita del presidente Enrique Pena Nieto il 31 gennaio. Trump ha detto che rinegozierà l’accordo di libero scambio nordamericano Nafta a vantaggio di aziende e lavoratori statunitensi, imponendo dazi e uscendo dal patto se necessario. Ma il Messico davanti a un ritiro Usa reintrodurrebbe propri dazi molto più alti. E il Paese è oggi il secondo mercato per l’export Usa, con 267 miliardi l’anno pari al 16% del totale e in aumento del 100% in dieci anni. Soprattutto sull’export contano gli stati agricoli americani, spesso governati dai repubblicani. Gli immigrati messicani, clandestini e non, sono inoltre in calo dal 2004 e il primato spetta agli asiatici, oltretutto più istruiti. E sarà difficile obbligare il Messico a pagare il conto del muro, tanto che la stessa Casa Bianca minaccia di “sequestrare” parte dei 25 miliardi in rimesse annuali degli immigrati. Trump ha preso altre iniziative di sicurezza: ha tolto fondi federali alle città santuario, che non arrestano gli illegali; ordinerà un’inchiesta sui clandestini alle urne e ha invocato l’invio dei “federali” a Chicago, città di Obama, se non «cesserà la carneficina» del crimine. Mura e divieti. Un gran giorno per Trump. Forse meno per l’America.