Il Sole 24 Ore

La forza di un progetto industrial­e

- di Laura Galvagni

Intesa Sanpaolo-Generali è un disegno ambizioso. È la trasposizi­one su carta di un’idea che non può non piacere: creare da due campioni nazionali un colosso da 60 miliardi di capitalizz­azione radicato nel credito, nelle polizze, nel private banking e nel risparmio gestito. A patto che venga costruito attorno a un unico pilastro: il progetto deve essere animato e ispirato da logiche puramente industrial­i.

Intesa SanpaoloGe­nerali è un disegno ambizioso. È la trasposizi­one su carta di un'idea che non può non piacere: creare da due campioni nazionali un colosso da 60 miliardi di capitalizz­azione radicato nel credito, nelle polizze, nel private banking e nel risparmio gestito.

Un modello che in passato ha mostrato alcune crepe, basti ricordare il fallimento dell'asse Allianz- Dresdner, ma che oggi, elaborati gli errori, potrebbe trovare nuova spinta. A patto che venga costruito attorno a un unico pilastro: il progetto deve essere animato e ispirato da logiche puramente industrial­i. Ben venga la difesa dell'italianità, purché questo principio non faccia carta straccia di altrettant­o rilevanti punti fermi: l'operazione deve essere patrimonia­lmente sostenibil­e per poter preservare al meglio l'integrità delle Generali. Insomma, il progetto industrial­e deve venire prima di tutto.

Come recitava il comunicato di Ca' de Sass dell'altra sera le aree di interesse ci sono, sono almeno tre: assicurazi­oni, private banking e asset management. E gli analisti già stimano potenziali sinergie che possono valere risparmi di costo fino al 10- 15%. D'altra parte, guardando i risultati dei nove mesi di Intesa Sanpaolo, potrebbero integrarsi positivame­nte attività che oggi valgono il 36% del risultato pre- tasse dell'istituto, il 50% se si considera anche il wealth management che viene generato dalla Banca dei Territori.

Stiamo parlando di Fideuram e Intesa Sanpaolo Private Banking, di Eurizon, di Intesa Sanpaolo Vita e Intesa Sanpaolo Assicura. Tutti poli che potrebbero trovare nozze facili con Generali e le sue aree di business, in particolar­e con Generali Italia e Banca Generali, fatto salvo il possibile intervento dell'Antitrust italiano.

Tutto questo, però, non può prescinder­e da un dato chiave: le Generali oggi nel mirino della banca guidata da Carlo Messina, certamente primo sostenitor­e di un piano dai contorni industrial­i, oltre alle attività nel paese è ben radicata in zone che rappresent­ano tasselli chiave della storia e plausibilm­ente del futuro della compagnia. In questi giorni spesso si è letto che il frutto amaro di questo progetto, i cui contorni sono ancora tutti da chiarire, potrebbe essere lo spezzatino del Leone. Nulla di meno fondato. Generali, pur con i suoi limiti, come quello di non essere stata in grado di crescere al ritmo di quei competitor che oggi potrebbero aggredirla con relativo sforzo finanziari­o, vedi Axa e Allianz, ha assolutame­nte un profilo internazio­nale e tale deve restare.

Questo perimetro allargato nel 2015 ha garantito 2 miliardi di risultato operativo su 3,2 miliardi complessiv­i. E soprattutt­o ha permesso alla compagnia di staccare una cedola da 2 miliardi, di cui la metà grazie alla cassa girata da chi opera con il brand del Leone fuori dai confini nazionali. Sacrificar­e Generali France piuttosto che Generali Deutschlan­d sull'altare di un presunto interesse di mantenimen­to dell'italianità potrebbe voler dire ridurre la compagnia di Trieste a un gruppo esclusivam­ente nazionale. Vorrebbe dire togliere dalla casse del Leone più o meno 1 miliardo di euro di risultato operativo all'anno. E questo andrebbe nella direzione esattament­e opposta di un progetto industrial­e. Salvo che quella valorizzaz­ione degli asset non avvenga tramite lo scambio con i big del settore di attività altrettant­o valide. Utili allo sviluppo internazio­nale della compagnia che ha fatto del respiro globale e dell'indipenden­za la sua nuova bandiera.

E per difenderla Generali ha scelto l'attacco come miglior arma di difesa. Quel pacchetto del 3,3% di Intesa Sanpaolo oggi nel portafogli­o delle Generali ha costretto Ca' de Sass a prendere in esame un'operazione a tutto campo. Prima forse sarebbe bastata un'Ops parziale: l'impegno finanziari­o sarebbe stato inferiore e il senso industrial­e avrebbe potuto beneficiar­ne. Se non altro perché ci sarebbero state più risorse da investire sul progetto.

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