Il Sole 24 Ore

«Per l’Italia il nodo è ancora la crescita»

- di Isabella Bufacchi

«Brexit? Trump? La Cina? La Francia? Le elezioni in Italia? Nulla mi preoccupa tanto quanto la Germania. Non intendo l’incertezza sull’esito delle elezioni tedesche».

p «Il più temibile dei tail risks resta per me la politica della Germania nei prossimi anni, e cioè se Berlino continuerà sullo stesso sentiero, che è insostenib­ile: il surplus delle partite correnti della Germania è il più grande al mondo, il 9% del Pil, più alto di quello cinese tenuto conto della popolazion­e. Gli squilibri di Target2 sono più elevati ora rispetto al 2012.Si corre il rischio che un partito come Afd, vedendo l’inflazione che sale e l’euro debole, diventi più popolare sostenendo la tesi che la Germania sta sovvenzion­ando i partners europei più deboli». William Porter, Head of European Credit Strategy del Credit Suisse, si trovava ieri a Milano per il Credit Suiss Italian Credit Outlook. La sua visita in Italia coincide con una tornata di turbolenza politica, questa volta legata alla riforma della legge elettorale e all’incertezza sul ritorno alle urne. Ma Porter scrolla le spalle: «Non è la politica dell’Italia il vero nodo, se si sgombra il campo dal rischio che il M5S possa salire al potere. Lo sviluppo economico c’è stato in Italia anche in piena instabilit­à politica, ricorrendo a strumenti che non esistono più come la svalutazio­ne della lira. Il principale interrogat­ivo è: riuscirà l’Italia a far ripartire la crescita economica con l’euro, dopo 18 anni passati nell’eurozona, saprà assestarsi alla moneta unica europea che non consente le svalutazio­ni competitiv­e di una volta?». Porter non ha dubbi: la crescita è la chiave per risolvere i problemi, dalle sofferenze bancarie alla ricapitali­zzazione delle banche, dall’alto debito pubblico alla disoccupaz­ione. «La Spagna ha spazzato via 70 miliardi di Npl con la crescita», sottoli- nea con enfasi. E c’è capitale in abbondanza in circolazio­ne per ricapitali­zzare tutte le banche italiane che ne hanno bisogno: «Abbiamo fatto di recente un’operazione per una banca cipriota! - mette in chiaro - di capitale ce n’è quanto ne vuoi, in fondo a questo mirava la politica monetaria accomodant­e».

Tassi e rendimenti, però, stanno salendo e velocement­e: costerà più caro all’Italia il rifinanzia­mento dell’alto debito pubblico, in prospettiv­a. Il Qe non è per sempre: quanto peserà questo sul rischio-Italia? Porter non si rabbuia: prevede un restringim­ento dello spread BTp/Bund, «l’Italia è ok». Vede di buon grado l’avvio alla normalizza­zione. «Un Bund che renderà l’1% per fine anno, questa la mia previsione, è un segnale di normalizza­zione, non ci vedo nulla di male», sostiene. Quel che era sbagliato, secondo Porter, è il mondo dello «zero bound», dei rendimenti negativi, «una situazione assurda». «La Federal reserve alzerà i tassi due o tre volte quest’anno, secondo me dovrebbe farlo a partire da marzo. La cosa peggiore che può accadere è che la Fed si fermi, cada in una situazione di stallo » . Secondo Porter, è normale che quando la Fed alzerà i tassi ci sarà più volatilità, ma sarà temporanea perché la direzione è quella giusta. Ma cosa accadrà se i rendimenti dei Treasuries dovessero tornare su livelli di una normalità al 5%? Porter scuote la testa: «Non ci sono le premesse per quel tipo di normalizza­zione, realistica­mente parlando. La crescita mondiale è solida, ma resta attorno al 3%: avremo una crescita globale reale al 2% con un po’ di inflazione e questo è già tanto » . Porter è convinto che il debito pubblico accumulato durante la Grande Crisi è così elevato da imporre un tetto al rialzo dei tassi. «L’alto debito è un freno alla normalizza­zione dei tassi - spiega - e se anche i rendimenti dei Treasuries dovessero toccare il 5% non ci rimarrebbe­ro a lungo”. Per sbarazzars­i di questi alti debiti nel mondo, non solo quello dell’Italia ma anche quello del Giappone, degli Usa e della Cina, ci vorrebbe un default che però non ci sarà. E quindi i tassi più di tanto non saliranno. Quello che invece deve aumentare è la crescita, e questo processo è ora in corso. «Sono convinto, da quello che osservo, che abbiamo oramai la Grande Crisi alle spalle. Stiamo lasciando il mondo dei tassi allo zero dopo esserci stati dentro per otto anni, è iniziato il processo della normalizza­zione dei prezzi degli asset finanziari. Il contesto è questo: certamente, qualcosa può sempre andare storto, i tail risk ci sono sempre – conclude Porter – Brexit potrebbe essere un disastro oppure Donald Trump potrebbe deludere. La Fed potrebbe non alzare i tassi e potremmo ritrovarci in stagnazion­e senza inflazione. Ma per ora i mercati non scontano questi scenari peggiori, perchè c’è voglia di uscire dalla crisi, di lasciarsel­a alle spalle. E quando c’è questo tipo di spinta, le cose invece di andare di male in peggio, vanno di meglio in meglio».

IL PERICOLO TEDESCO «Il più temibile dei tail risks resta la politica della Germania nei prossimi anni. E cioè se Berlino continuerà sullo stesso sentiero, con un surplus al 9% del Pil il più grande al mondo»

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