«L’economia migliora in tutto il mondo»
Secondo l’amministratore delegato di Bank of America, Brian Moynihan, la situazione sta migliorando globalmente: «Abbiamo Usa, Europa, Cina e India che crescono» - La paura per Brexit e altr i presunti shock «è più emotiva che reale»
L’ euforia è alle stelle: tagli alle tasse per tutti, eliminazione di una parte delle regole che frenano investimenti e sviluppo, un programma di investimenti infrastrutturali da mille miliardi, dati economici incoraggianti.
C ’è di sicuro un “fattore Trump” nel superamento di ieri della barriera psicologica di quota 20.000 per l’indice Dow Jones. Un “fattore Trump” che porta anche preoccupazioni quando si parla di un debito che potrebbe arrivare a diecimila miliardi di dollari, di nuove tariffe, di protezionismo o, peggio, di minacce militari alla Cina. Proprio in questa giornata euforica e record abbiamo chiesto a uno dei più autorevoli protagonisti della vita economica e finanziaria americana e globale, Brian Moynihan, chairman e amministratore delegato di Bank of America, di darci un quadro economico, finanzia- rio e psicologico di quel che sta capitando in questo nuovo corso americano.
L’osservatorio è indubbiamente privilegiato: BofA è la seconda più grande banca americana, ha in attivo un valore di quasi 3.000 miliardi di dollari, un capitale pari a a quasi 270 miliardi di dollari e circa 208.000 dipendenti. Non solo, Donald Trump ha convocato Manager, sindaca- listi, executive del mondo manifatturiero, ma ancora non ha convocato i banchieri: «Quando ci chiamerà andremo di sicuro e sono sicuro che sarà molto interessante» mi ha detto Moynahan ieri mattina a un incontro organizzato dal Council on Foreign Relations a New York. La sua analisi della situazione di fondo è ottimista: «Quando si propongono iniziative per creare un ambiente di crescita, per ridurre le tasse o le regole che spesso frenano il mondo degli affari la risposta è positiva».
Secondo Moynahan ci sono una serie di fattori sottostanti che danno solidità alle previsioni di una tenuta di fondo delle economie americana e mondiale. Ritiene che per il 2016 avremo un tasso di cresci- ta medio dell’1,5%, per il 2017 forse avremo anche un 2% e questo solo sulla base di dati come la fiducia del business e dei consumatori, cresciute nelle ultime letture statistiche anche per un impatto del “fattore Trump”. «A Davos ho trovato un mondo confuso – dice ancora Moynahan – ma se guardo alla realtà delle cose, la crescita mondiale è stimata fra il 3,1 e il 3,2%, il resto del mondo cresce stabilmente, l’Europa mostra segnali di recupero. E se abbiamo le quattro grandi aere di traino mondiale, Usa, Europa, Cina e India, in crescita, vuol dire che le cose andranno bene per tutti».
Moynahan cerca di mettere in prospettiva alcuni elementi di tensione derivati da certi annunci aggressivi del nuovo Presidente Donald Trump, soprattutto contro il multilateralismo commerciale e a favore del protezionismo, o da certi risultati elettorali, come Brexit. In effetti in altri tempi solo l’idea di un protezionismo aggressivo da parte americana avrebbe potuto avere ripercussioni devastanti in Borsa: «Mi lasci dire che la paura di un Armageddon dopo un Brexit o dopo certi risultati elettorali è più emotiva che reale. Guardi cosa è successo dopo Brexit o dopo le elezioni americane, c’è uno spavento iniziale perché si introduce un elemento di incertezza, poi ci rende conto il mattino dopo le cose cambieranno poco. Prendiamo Brexit, ci vorranno anni prima che ci sia un impatto reale e ho chiesto al Primo ministro Theresa May quando l’abbiamo incontrata di darci un percorso certo per poter assorbire certi cambiamenti».
Moynahan prende atto che il settore bancario europeo deve risolvere alcuni problemi ma ha fiducia che le cose si metteranno a posto, passando soprattutto attraverso l’introduzione di regole e parametri comuni e conferma che la sua banca ha messo a punto scenari per trasferire alcune delle risorse in uno scenario post Brexit: «A Londra abbiamo 5.000 persone, molti internazionali, anche per questo abbiamo chiesto di avere il tempo per poter accomodare le esigenze di tutti». Per il commercio, per le paure che possa esserci con Trump un protezionismo strisciante getta acqua sul fuoco: «Non credo si possano temere rigurgiti protezionistici nel senso classico del termine o guerre commerciali. Come ci ha detto il leader cinese Xi Jinping, la globalizzazione è un fiume che sfocia in un grande lago, sarà difficile deviarne il corso. Dal punto di vista pragmatico noi e molte al- tre grandi aziende americane operiamo su scala globale. Ho visto due clienti l’altro giorno, non erano grandi aziende, ma operano su scala globale. Diventare protezionisti nel senso più forte del termine non è realistico nell’economia di oggi. Ci sono troppi incastri. Trump è stato chiaro: vuole negoziare migliori condizioni per gli Stati Uniti, ma le forze fondamentali, il ciclo della domanda, i flussi di capitale che danno forza alla globalizzazione sono difficili da cambiare».
Per le regole? Certo, dice Moynahan, alcune regole andranno cambiate, prende atto che le regole bancarie del Dodd-Frank Act hanno portato complicazioni, ma hanno anche rafforzato le banche: «Siamo una vecchia banca - chiude - abbiamo visto situazioni in apparenza difficili un secolo fa. E le abbiamo superate tranquillamente».
I NODI DA SCIOGLIERE Le banche europee hanno ancora problemi, ma la situazione si metterà a posto. E il protezionismo «non è possibile in senso classico»