Il Sole 24 Ore

Evitati sconfiname­nti

- Di Donatella Stasio

Nessuna supplenza. Nessuno sconfiname­nto. La Consulta ha fatto il suo mestiere di giudice costituzio­nale avendo ben chiari poteri, limiti, vincoli.

Scongiuran­do il rischio di una sentenza creativa o manipolati­va e rimanendo nel solco della sua giurisprud­enza in materia elettorale.

Non era un’impresa facile né scontata visto l’alto tasso di politicità dell’argomento. Con la necessità di garantire un sistema elettorale funzionant­e a prescinder­e dall’intervento del legislator­e. Spazi di intervento apparentem­ente sconfinati ma, di fatto, delimitati da una giurisprud­enza ventennale, che la Corte ha seguito, confeziona­ndo una «normativa di risulta» dell’Italicum capace di reggere l’urto di elezioni. Certo, il prodotto finito non è il meglio in assoluto, anzi non è privo di qualche incongruen­za e rischio, ma questa è una valutazion­e politica che non spetta alla Corte, semmai al Parlamento. Anche stavolta vale il principio più volte affermato che «tra i compiti della Corte non c’è quello di valutare l’opportunit­à e/o l’efficacia» del meccanismo rimasto in vigore dopo l’incostituz­ionalità di alcune norme, poiché al giudice delle leggi «spetta solo verificare la conformità alla Costituzio­ne delle specifiche norme censurate e la possibilit­à immediata di procedere ad elezioni con la restante normativa; condizione connessa alla natura della legge elettorale di “legge costituzio­nalmente necessaria”».

Il rischio maggiore cui la Corte era esposta - in un momento di incertezze, aspettativ­e, conflittua­lità politica - era quello di sconfinare nel terreno riservato al legislator­e. Che in materia elettorale ha la più ampia discrezion­alità, sia pure non esente da controlli diretti ad evitare che la discrezion­alità si trasformi in irragionev­olezza. Questo rischio è stato sfiorato su uno dei due punti dichiarati incostituz­ionali, quello sul criterio di scelta del collegio di elezione da parte dei capilista bloccati eletti in più collegi. L’Italicum lasciava al capolista la più ampia discrezion­alità nella scelta ma la norma è stata bocciata dalla Corte. Che però non poteva lasciare la scelta appesa al nulla, altrimenti il sistema elettorale sarebbe stato monco e di fatto non utilizzabi­le nel caso di elezioni, se non con un intervento del legislator­e. Di qui la necessità di individuar­e nell’ordinament­o un criterio alternativ­o alla scelta discrezion­ale dei capilista.

La Corte, in sostanza, ha dovuto fare essa stessa una scelta ed è stato il momento più delicato per il rischio, appunto, di sconfinare nella prateria della discrezion­alità legislativ­a. Il sorteggio è stato una scelta «residuale», discutibil­e nel merito ma per certi versi obbligata proprio per sottrarsi all’accusa di mettere i piedi nel piatto della discrezion­alità legislativ­a.

Ovviamente, il principio di rappresent­atività spinge per un criterio diverso dal sorteggio del collegio e le soluzioni non mancano (anche perché il sorteggio disincenti­va le pluricandi­dature e può portare ad esiti sfavorevol­i per i vincitori). Il relatore Niccolò Zanon ha proposto un ventaglio di alternativ­e ma nessuna era «costituzio­nalmente obbligata» o, come si dice in gergo, «a rima baciata». Optare per una o l’altra sarebbe stato un azzardo. La Corte sarebbe stata accusata di volersi sostituire al legislator­e. Non decidere, e al contempo affermare che a farlo dev’essere il Parlamento, avrebbe significat­o consegnare un sistema elettorale incostituz­ionale (nel quale, cioè, c’è un’incostituz­ionalità accertata ma non dichiarata, perché la soluzione spetta al legislator­e). La Corte ha perciò optato per la soluzione più semplice, una «soluzione disperata» l’ha definita qualcuno, idonea a far camminare il sistema elettorale con le proprie gambe anche senza -

COMPETENZE L’alto tasso di «politicità» della materia esponeva la Corte al pericolo di invadere il campo delle Camere

PLURICANDI­DATURE Sulle pluricandi­dature non c’erano soluzioni alternativ­e senza sfociare nella discrezion­alità legislativ­a

l’auspicabil­e - intervento legislativ­o: il sorteggio. Sopravviss­uto all’incostituz­ionalità della norma e quindi utilizzabi­le come criterio residuale. «Allo stato», scrive la Corte nel comunicato stampa anticipand­o quanto spiegherà nella sentenza: sta a sottolinea­re che non è la soluzione migliore, semmai la meno opportuna e convenient­e, ma il Parlamento può modificarl­a. Una soluzione comunque conforme alla Costituzio­ne, non un escamotage. Una “seconda scelta” inevitabil­e per non invadere la discrezion­alità legislativ­a.

Ovviamente, le forze politiche sono libere di decidere se cambiare o no quel criterio e probabilme­nte lo faranno. Ma sarebbe un errore pensare che la Corte si sia sottratta alle proprie responsabi­lità o abbia mortificat­o il principio della rappresent­atività. Ha salvato il salvabile, facendo il suo mestiere.

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