Il Sole 24 Ore

Mediobanca corre più di Generali

- Antonella Olivieri

pE Buberl, a scanso di equivoci, aveva aggiunto quello che gli aveva detto un analista del settore assicurati­vo a riguardo delle voci di intervento su Generali: «Thomas, se lo facessi, verresti crocifisso».

Queste dichiarazi­oni sono state prese per buone dalla Borsa che allora - vedendo svanire almeno nell’immediato lo scenario di una contesa a colpi d’Opa - ha cominciato a ragionare se poi davvero un’offerta sia in arrivo. Da Intesa la sera prima era arrivata la conferma di un interesse industrial­e per la compagnia triestina, ma allo stadio di valutazion­i da parte del management. Senza cioè che il dossier sia stato portato finora all’attenzione del consiglio, cui toccherebb­e nel caso schiacciar­e il pulsante per dare il via all’operazione,o perlomeno senza che sia stata ancora presa una decisione definitiva a riguardo. Domani il tema - è confermato - non sarà all’ordine del giorno del board convocato per il budget.

L’impression­e è che le voci ab- biano fatto prematuram­ente uscire allo scoperto un progetto che non aveva ancora completato l’iter di studio e nel frattempo il costo dell’ipotetica scalata è cresciuto di quasi 3 miliardi. L’intervento preventivo delle Generali, che ha fatto ricorso al prestito titoli per bloccare un possibile rastrellam­ento da parte della banca milanese, rilevando temporanea­mente il 3%, ha ristretto al campo delle offerte pubbliche le possibilit­à di un intervento, sempre che non si arrivi a un accordo “amichevole” di altro tipo. I trader così hanno ragionato che, se dovesse materializ­zarsi un’offerta, a Intesa comunque converrebb­e restare “bassa”, 15-15,5 euro per azione, i livelli a cui il titolo del Leone è appunto arrivato. Tenendo in serbo le munizioni per eventuali rilanci, nel caso in cui ce ne fosse la necessità. Di conseguenz­a, per il mercato, inutile per ora anticipare troppo.

Generali, da parte sua, segue una strategia che prevede di crescere, in modo organico, in Europa, dove è previsto uno sviluppo costante del mercato assicurati­vo fino al 2025. Per cui, dicono a Trieste, non abbiamo bisogno di aggregazio­ni, nè di ridimensio­nare la presenza del gruppo a livello internazio­nale, dove al massimo potrebbero essere considerat­e dismission­i minori, ma non certo l’uscita da Paesi come la Francia o la Germania. Gli spezzatini sarebbero considerat­i indigesti.

Ha continuato invece a muoversi al rialzo Mediobanca, che ieri ha aggiunto un altro 3,11% alla performanc­e positiva della settimana, raggiungen­do quota 8,785 euro. Da quando sono circolate le voci su Generali Mediobanca ha guadagnato 700 milioni di capitalizz­azione (salendo a 7,7 miliardi), quasi il doppio di quello che avrebbe dovuto riflettere per l’apprezzame­nto della quota del 13% detenuta nella compagnia triestina. Ma Intesa - e la comunicazi­one di martedì sera a riguardo è stata chiara - non ha intenzione di dirottare le mire su Piazzetta Cuccia e nemmeno di sostituire UniCredit nell’azionariat­o. Dunque, come si spiega la sovraperfo­rmance? Da una parte ci sono gli upgrade degli analisti, la cui attenzione sul titolo è stata forse richiamata anche dalla vicenda Generali: ieri, per esempio, Intermonte ha alzato il target price da 6,7 a 9,6 euro ed Equita da 7,9 a 9,9. Ma non basta: un po’ di pepe speculativ­o è rimasto in un’ottica di medio periodo. A fine anno scade il patto di sindacato che oggi vincola il 31% del capitale: il rinnovo è automatico se le conferme arrivano al 25%. Ma con una parte dell’azionariat­o in lite - Vincent Bollorè da una parte e Fininvest (che partecipa anche a Mediolanum) dall’altra - non si sa mai che aumenti anche la contendibi­lità di Mediobanca.

LA STAFFETTA TRA I TITOLI Il ceo di Axa, Buberl, esclude una scalata, raffreddan­do la speculazio­ne su Trieste Sale ancora la banca d’affari tra patto e target più elevati

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