Mediobanca corre più di Generali
pE Buberl, a scanso di equivoci, aveva aggiunto quello che gli aveva detto un analista del settore assicurativo a riguardo delle voci di intervento su Generali: «Thomas, se lo facessi, verresti crocifisso».
Queste dichiarazioni sono state prese per buone dalla Borsa che allora - vedendo svanire almeno nell’immediato lo scenario di una contesa a colpi d’Opa - ha cominciato a ragionare se poi davvero un’offerta sia in arrivo. Da Intesa la sera prima era arrivata la conferma di un interesse industriale per la compagnia triestina, ma allo stadio di valutazioni da parte del management. Senza cioè che il dossier sia stato portato finora all’attenzione del consiglio, cui toccherebbe nel caso schiacciare il pulsante per dare il via all’operazione,o perlomeno senza che sia stata ancora presa una decisione definitiva a riguardo. Domani il tema - è confermato - non sarà all’ordine del giorno del board convocato per il budget.
L’impressione è che le voci ab- biano fatto prematuramente uscire allo scoperto un progetto che non aveva ancora completato l’iter di studio e nel frattempo il costo dell’ipotetica scalata è cresciuto di quasi 3 miliardi. L’intervento preventivo delle Generali, che ha fatto ricorso al prestito titoli per bloccare un possibile rastrellamento da parte della banca milanese, rilevando temporaneamente il 3%, ha ristretto al campo delle offerte pubbliche le possibilità di un intervento, sempre che non si arrivi a un accordo “amichevole” di altro tipo. I trader così hanno ragionato che, se dovesse materializzarsi un’offerta, a Intesa comunque converrebbe restare “bassa”, 15-15,5 euro per azione, i livelli a cui il titolo del Leone è appunto arrivato. Tenendo in serbo le munizioni per eventuali rilanci, nel caso in cui ce ne fosse la necessità. Di conseguenza, per il mercato, inutile per ora anticipare troppo.
Generali, da parte sua, segue una strategia che prevede di crescere, in modo organico, in Europa, dove è previsto uno sviluppo costante del mercato assicurativo fino al 2025. Per cui, dicono a Trieste, non abbiamo bisogno di aggregazioni, nè di ridimensionare la presenza del gruppo a livello internazionale, dove al massimo potrebbero essere considerate dismissioni minori, ma non certo l’uscita da Paesi come la Francia o la Germania. Gli spezzatini sarebbero considerati indigesti.
Ha continuato invece a muoversi al rialzo Mediobanca, che ieri ha aggiunto un altro 3,11% alla performance positiva della settimana, raggiungendo quota 8,785 euro. Da quando sono circolate le voci su Generali Mediobanca ha guadagnato 700 milioni di capitalizzazione (salendo a 7,7 miliardi), quasi il doppio di quello che avrebbe dovuto riflettere per l’apprezzamento della quota del 13% detenuta nella compagnia triestina. Ma Intesa - e la comunicazione di martedì sera a riguardo è stata chiara - non ha intenzione di dirottare le mire su Piazzetta Cuccia e nemmeno di sostituire UniCredit nell’azionariato. Dunque, come si spiega la sovraperformance? Da una parte ci sono gli upgrade degli analisti, la cui attenzione sul titolo è stata forse richiamata anche dalla vicenda Generali: ieri, per esempio, Intermonte ha alzato il target price da 6,7 a 9,6 euro ed Equita da 7,9 a 9,9. Ma non basta: un po’ di pepe speculativo è rimasto in un’ottica di medio periodo. A fine anno scade il patto di sindacato che oggi vincola il 31% del capitale: il rinnovo è automatico se le conferme arrivano al 25%. Ma con una parte dell’azionariato in lite - Vincent Bollorè da una parte e Fininvest (che partecipa anche a Mediolanum) dall’altra - non si sa mai che aumenti anche la contendibilità di Mediobanca.
LA STAFFETTA TRA I TITOLI Il ceo di Axa, Buberl, esclude una scalata, raffreddando la speculazione su Trieste Sale ancora la banca d’affari tra patto e target più elevati