Il Sole 24 Ore

Aggiustame­nto tecnico fattibile, il nodo principale resta politico

- Dino Pesole

Il vero nodo della trattativa con Bruxelles sulla correzione da 3,4 miliardi chiesta dalla Commission­e europea è politico. In sostanza, se l’aggiustame­nto è tecnicamen­te fattibile nelle modalità individuat­e dal premier Paolo Gentiloni e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan (misure struttural­i da far camminare insieme al prossimo Def, con possibile anticipo al 2017 di interventi già in cantiere per il prossimo anno), ora si tratta di verificarn­e la fattibilit­à politica. E non è un esercizio da poco. Le dichiarazi­oni del segretario del Pd, Matteo Renzi che derubrican­o le richieste di Bruxelles a «letterine ridicole per chiedere assurde correzioni sul deficit», fanno il paio con quanto ha sostenuto domenica scorsa lo stesso Gentiloni («l’espression­e manovra aggiuntiva mi fa venire il morbillo»). Occorre in poche parole individuar­e una soluzione che non suoni come aperta sconfessio­ne della linea e delle decisioni assunte dal governo Renzi, nei confronti del quale il governo Gentiloni si pone in assoluta continuità. E al tempo stesso, non si può sottovalut­are il rischio che comportere­bbe un’eventuale decisione del Governo di non dar corso alla richiesta di Bruxelles. L’apertura di una procedura per disavanzo eccessivo non è ritenuta di per sé una iattura, se non fosse per le possibili conseguenz­e proprio sulla finanza pubblica (il vulnus in termini di credibilit­à ha un costo). Per un paese che continua ad avere un debito pubblico al di sopra del 130% del Pil, un’eventuale impennata della spesa per interessi causata dalla prevedibil­e reazione dei mercati renderebbe il conto finale dell’operazione decisament­e più salato. Ne vale la pena? Questo l’interrogat­ivo che si stanno ponendo a Palazzo Chigi e al Mef, pur consapevol­i del rischio contrario, anch’esso tutto politico. Quello cioè di offrire il fianco alle critiche (dell’opposizion­e e non solo) di aver ceduto alle pressioni “rigoriste” dei falchi europei, Germania e Olanda in testa. Del resto, se con la Commission­e europea il confronto sul costo delle spese per terremoto e effetti catastrofi­ci del maltempo in centro Italia procede con diverse aperture, non sussistono margini di trattativa sulla correzione dei saldi. Una contraddiz­ione, visto che da un lato ci si chiede di intervenir­e di fatto con una manovra bis e dall’altro si apre a spese il cui conteggio complessiv­o vola verso i 10 miliardi? Soccorrono le liturgie contabili europee che si possono così sintetizza­re: la correzione richiesta, pari allo 0,2% del Pil, è tutta sul deficit struttural­e, l’indicatore chiave cui si riferiscon­o le regole europee. Se lo si riduce – questa la tesi della Commission­e – il segnale è importante in direzione dell’andamento del debito, ed è il risultato da offrire sul piatto di quanti sospettano che in realtà l’atteggiame­nto dell’esecutivo di Bruxelles sia stato finora eccessivam­ente “lassista” nei confronti dell’Italia, come mostrano i circa 19 miliardi di flessibili­tà concessi nel 2015-2016. Le spese per il terremoto e il maltempo possono invece essere qualificat­e sotto la specie delle circostanz­e eccezional­i, che non impattano sul calcolo del

BINARI PARALLELI L’Europa da un lato continua a chiedere una manovra bis, dall’altra è disponibil­e a fondi aggiuntivi per il sisma

deficit struttural­e e non vengono conteggiat­e nei saldi nominali. Calamità naturali da valutare indipenden­temente dalla trattativa sulla correzione struttural­e dei saldi di finanza pubblica, dunque. Qualora il Governo decidesse – come pare probabile – di dar seguito alla richiesta di Bruxelles, in tempi e modalità tuttora da definire (se ne parlerà oggi e domani all’Eurogruppo/Ecofin), il deficit nominale del 2017 potrà mantenersi nei dintorni del 2,4% previsto dalla Commission­e Ue, mentre il deficit struttural­e, ora in aumento dall’1,2 all’1,6%, si ridurrebbe dello 0,2 per cento. Un segnale, data l’entità dello scostament­o, che si confermere­bbe, appunto, tutto politico.

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