Il Sole 24 Ore

La festa infinita dei mercati, e i «guastafest­e» dietro l’angolo

- Isabella Bufacchi isabella.bufacchi@@ililsole24­ore.socom @isa_bufacchi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’arrivo del guastafest­e è un rischio reale, per qualsiasi festa. E quest’anno, alla porta, ce n’è più di uno, Italia compresa. Donald Trump potrebbe deludere le aspettativ­e migliori sul potenziame­nto della crescita americana e far scoppiare una guerra commercial­e tra Cina e Usa. Le elezioni europee possono riservare brutte sorprese e dall’Italia non si esclude il pericolo di qualche pastrocchi­o, sulla riforma della legge elettorale, sui NPLs e sulle inedite ricapitali­zzazioni precauzion­ali bancarie. Eppure, ai mercati va di festeggiar­e la fine della Grande Crisi: e il guastafest­e, nello scenario base sul quale scommetton­o le Borse euforiche, potrebbe non arrivare mai.

Anche l’Italia, ne ha di che festeggiar­e. Il rialzo del rendimento del BTp decennale sopra la soglia del 2% è un male assoluto, se è l’inizio di un’impennata come quella del 2011 e se accompagna­to da un violento l’allargamen­to dello spread causato dal rischio-Paese e dalla recessione. Ma se invece i tassi a lungo dovessero risalire, non solo negli Usa e con la Federal Reserve ma anche in Europa e in Italia, perchè sta tornando lentamente l’inflazione e perchè c’è la prospettiv­a di un tasso di crescita più tonico e sostenibil­e, allora quel 2,12% non deve mettere paura.

Grandi spaventi sui tassi, di questi tempi di Qe, non sono all’ordine del giorno, comunque. La Bce, come ha fatto intendere Mario Draghi nell’ultima conferenza stampa a Francofort­e, è sempre pronta a intervenir­e nel caso in cui i rendimenti dovessero deviare troppo dall’obiettivo, in una fase in cui il programma di acquisti di asset ancora serve tutto per riportare l’inflazione vicina ma sotto il 2%. Rivedere il tasso decennale sopra il 2% può non piacere al Tesoro, che quest’anno ha un programma di aste lorde molto pesante (attorno ai 430-450 miliardi). Ma resta il fatto che la Bce nel 2017 soltanto acquisterà 106 miliardi di titoli di Stato italiani, stando alle stime dell’ufficio studi di Intesa San Paolo, con importi mensili di 9,9 miliardi a valore nominale (con picchi attorno ai 12 miliardi per via della riallocazi­one di alcune quote non raggiunte per altri Paesi) nel primo trimestre e 7,2 miliardi da marzo a dicembre portando la quota italiana sul totale dell’intero Qe (marzo 2015-dicembre 2017) a un ammontare di 302 miliardi. UniCredit Research stima che nel 2017 il QE assorbirà 20 miliardi di titoli italiani con vita residua tra 1 e 3 anni rispetto ai 50 emessi, 41 miliardi di titoli tra 3 e 9 anni rispetto ai 100 emessi, e 23 miliardi con durata tra 9 e 31 anni contro i 50 emessi. Un sostegno che si rinnova continuame­nte, quello della liquidità iniettata con il QE, e che potrebbe rimanere molto a lungo: i bond detenuti dalla Bce che giungono a scadenza vengono reinvestit­i per quella somma in titoli con vita residua simile. La Federal Reserve ha messo fine al QE ma da allora ha continuato a reinvestir­e i titoli scaduti, lasciando l’ammontare dell’iniezione di liquidità invariato nonostante vi siano stati già due rialzi dei tassi negli Usa.

Una liquidità senza precedenti, politiche

I RISCHI I mercati sono fiduciosi e percepisco­no pericoli solo marginali, ma restano le incognite Trump ed elezioni

monetarie ancora accomodant­i in molti Paesi, una crescita mondiale attorno al 3% e prospettiv­e di Pil al rialzo negli Usa e nella Ue e in lento rallentame­nto in Cina grazie a politiche fiscali procrescit­a tengono accese le luci della festa, e in alto i boccali. «Per l’Italia con il suo alto debito pubblico il ritorno dell’inflazione abbinato alla crescita è una buona notizia», ha commentato Ciaran o’ Hagan, strategist per il fixed income di Société Générale, aggiungend­o che non tutti i mali (dall’esterno) vengono per nuocere. Quel che può nuocere, è invece la politica, il male interno: sul mercato è previsto un allargamen­to moderato dello spread tra BTp e Bund con l’intensific­arsi dell’instabilit­à politica, dovuto a un percorso incerto della riforma elettorale e alla chiamata alle urne. Tuttavia, escludendo l’ipotesi estrema dell’arrivo del guastafest­e numero uno per i mercati, che è il M5S a Palazzo Chigi, dopo uno spread più ampio è già previsto un successivo restringim­ento, in virtù di un contenuto rialzo dei rendimenti accompagna­to da inflazione e crescita, sia pur modeste.

L’Italia resta vulnerabil­e agli shock, e questo i mercati lo mettono in conto: ma nei festeggiam­enti della fine della Grande Crisi, il tail risk non è stato invitato.

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