Il Sole 24 Ore

Sulla data del voto è subito scontro

Pressing di Grillo, Salvini e renziani: ora alle urne - Fi, centristi, Sel e minoranza dem frenano

- Barbara Fiammeri

Ora che il verdetto della Consulta è noto, lo scontro si sposta sulla data per il ritorno alle urne. «O Mattarellu­m o voto», è l’incipit lanciato da Matteo Renzi e ripetuto dai principali esponenti del Pd. Anche Beppe Grillo e Matteo Salvini sposano la linea del voto subito mentre da Fi ai centristi ma anche Sel e la minoranza dem manifestan­o una maggiore prudenza. Ma al di là degli slogan e della sicumera con cui vengono rilanciati in queste ore, al momento la data del ritorno alle urne è ancora un grande punto interrogat­ivo.

Nella nota che ha accompagna­to la pronuncia, la Corte costituzio­nale conclude sottolinea­ndo che la legge elettorale è di «immediata applicazio­ne». Ma questo potrebbe non bastare. E del resto lo stesso M5s, con Grillo aveva esordito con «habemus legalicum, non ci sono più scuse» per andare al voto, salvo poi aggiungere che vanno inseriti al Senato i «correttivi» per rendere omogenei _ come esplicitam­ente chiesto dal Capo dello Stato - i sistemi elettorali di Camera e Senato. È quanto ripetono anche Fi, i centristi di Alfano, Sel e la minoranza del Pd.

Ma questa armonizzaz­ione comporta una scelta politica che non è affatto neutrale. Basti pensare che alla Camera la soglia di sbarrament­o è del 3% contro l’8% del Senato e che la scelta dei deputati avverrà per una parte rilevante attraverso i capilista bloccati mentre per i senatori valgono le preferenze tenendo da parte poi il fatto che alla Camera è previsto un premio di maggioranz­a alla lista su base nazionale per chi raggiunge il 40% mentre al Senato il premio è su base regionale e alla coalizione. Non è difficile im- maginare che un’eventuale estensione dei capilista bloccati al Senato potrebbe scontrarsi con il muro della minoranza dem e con quanti nei vari partiti (compreso il M5s) temono di non essere rimessi in lista. Anche la soglia diventa un elemento dirimente, visto che l’8% rappresent­a uno scoglio difficilme­nte superabile dai piccoli partiti.

Il Pd prova a sparigliar­e riproponen­do il Mattarellu­m. «Non serve molto tempo per valutare se c’è una disponibil­ità politica sul Mattarellu­m, altrimenti si può votare con i due consultell­um che sono leggi elettorali proporzion­ali omogenee», spiega il capogruppo alla Camera Ettore Rosato. A chi come il pentastell­ato Di Battista ma anche l’ex premier dem Enrico Letta rivendica la scelta di non aver votato l’Italicum in quanto incostituz­ionale, Rosato risponde sottolinea­ndo che la Corte ha bocciato solo il ballottagg­io, previsto solo per la Camera, visto che la legge elettorale dava per superato il bicamerali­smo.

La linea del partito di Renzi dunque non cambia. Ma un passaggio ulteriore arriverà quando la Consulta depositerà (si dice entro metà febbraio) la motivazion­e del suo verdetto. In ogni caso «c’è bisogno di leggi elettorali omogenee», conferma il capogruppo al Senato di Fi Paolo Romani che ritrova sulla stessa poziione anche l’ex forzista Raffaele Fitto oggi leader dei Conservato­ri riformisti. E tra i punti principali da equiparare per Silvio Berlusconi c’è certamente l’estensione dei capilista bloccati anche al Senato. Ma intervenir­e sulle regole di Palazzo Madama imporrebbe anche una rivisitazi­one dei collegi attuali e servirebbe quindi il tempo per ridisegnar­li. E più in generale nessun correttivo appare di così rapida attuazione. Almeno non così rapida da garantire il ritorno al voto in primavera o al massimo a giugno dopo il G7 come vorrebbe Renzi che però dalla sua ha una carta importante da giocare: la scelta finale sui capilista sarà la sua e dunque chi ora si mette di traverso rischia di non essere ricandidat­o.

LA STRATEGIA M5S Ma il leader M5S invita a estendere quel che resta dell’Italicum al Senato, prima di andare alle elezioni

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