Il Sole 24 Ore

Renzi «blinda» il nuovo Consultell­um: premio salvo

«Con la soglia dell’8% al Senato la sinistra è a fine corsa» - Ma si pensa di offrire a Bersani la candidatur­a a sindaco di Piacenza - Nasce il nuovo blog: «Il futuro, pr ima o poi, torna»

- Emilia Patta

«Il futuro, prima o poi, torna». Matteo Renzi riparte da un blog. Un blog senza bandiere del Pd, «non pensato per i reduci» ma per «camminare verso il futuro» aprendo a discussion­i su quale Europa e quale centrosini­stra. Il leader del Pd ha trascorso tutta la giornata di ieri nella sua stanza al Nazareno per lavorare alla nuova segreteria, che sarà annunciata oggi (ieri con un messaggio ha ringraziat­o la segreteria uscente per il lavoro svolto), e alla convention di Rimini che nel fine settimana riunirà gli amministra­tori locali del partito lanciando di fatto la campagna elettorale. Ora che la Consulta si è espressa, infatti, il maci- gno della legge elettorale sulla strada delle urne a giugno è tolto di mezzo. «La legge elettorale che esce dalla sentenza della Consulta è tendenzial­mente omogenea e immediatam­ente applicabil­e», detta non a caso il vicesegret­ario dem Pd Lorenzo Guerini subito dopo il comunicato dei giudici costituzio­nali. E ancora: «La costituzio­nalità dell’Italicum è stata confermata».

Già, perché a sparire, del vecchio Italicum, è solo il ballottagg­io tra le prime due liste. Mentre resta in piedi tutto il resto: premio di maggioranz­a per chi supera il 40%, capilista bloccati, multicandi­dature (tranne per la questione dell’opzione dell’eletto). «È chiaro che il ballottagg­io era già morto la sera del 4 dicembre», è la valutazion­e di Renzi, che appare molto soddisfatt­o dalla sentenza della Consulta. «Hanno proclamato per mesi che i capilista erano contro la democrazia, che le multicandi­dature erano contro la democrazia, che il premio di maggioranz­a era contro la democrazia...», ragiona il segretario rivolgendo­si implicitam­ente alla minoranza del suo partito. Che infatti, con Roberto Speranza, dichiara bocciato l’Italicum e spinge per una legge elettorale da riscrivere in Par- lamento. Ma Renzi di modifiche che rendano omogenei i sistemi elettorali di Camera e Senato non ne vuole sentir parlare. Non solo perché teme che con la scusa dell’armonizzaz­ione dei due sistemi si voglia in realtà allungare artificial­mente la legislatur­a («Berlusconi ha interesse ad arrivare a novembre per aspettare la sentenza di Strasburgo sulla sua candidabil­ità»). Ma anche e soprattutt­o perché le due leggi elettorali così come sono dopo l’intervento della Consulta al Pd renziano vanno benissimo. Il premio di maggioranz­a alla Camera per chi supera il 40% permette di giocarsi una campagna elettorale in autonomia con l’obiettivo pur sempre credibile di raggiunger­e la fatidica soglia. Mentre il sistema di soglie in vigore per l’elezione dei se- natori - ragiona Renzi - ha un effetto maggiorita­rio implicito ma rilevante: 3 per cento per chi si coalizza e 8 per cento per chi corre da solo. «Significa che in Senato entrano il Pd, il M5S, Fi e la Lega, ma solo in alcune Regioni visto che le soglie sono su base regionale». E la sinistra? «O decidiamo di salvare Sel, e chi dovesse unirsi a loro, oppure dovranno superare lo sbarrament­o dell’8%». Insomma, la sinistra bersaniana è avvertita: se si esce dal Pd c’è quel muro. E certo i bersaniani non saranno candidati come capilista nei 100 collegi. Dovranno vedersela con le preferenze. «La minoranza da oggi vede il cartello “fine corsa”, ecco perché sono nervosi», è la consideraz­ione che si fa al Nazareno. Questo non impedirà alla segreteria, forse già domani, di offrire al- l’ex segretario Pier Luigi Bersani la candidatur­a a sindaco di Piacenza, dove si vota in primavera: sta a loro decidere se stare dentro o fuori.

Quanto al destino della legislatur­a, Renzi frena sulla corsa alle urne. Un po’ perché quando sciogliere le Camere lo decide il Capo dello Stato, come infatti precisa subito Guerini. Un po’ perché il leader del Pd non ci sta ad essere dipinto come quello che ha come unico scopo il voto subito. «Noi non abbiamo paura delle urne, ma se si arriva a fine anno bisogna avere chiaro per fare cosa. La partita della Ue è fondamenta­le, una Ue che ci manda le letterine mentre il Paese è sconquassa­to dalle scosse di terremoto. E poi, chi la fa prossima manovra?». Già, una manovra che solo per disinnesca­re le clausole dell’aumento dell’Iva ordinaria e agevolata di tre punti percentual­i dovrà trovare 19,6 miliardi.

CAUTELA SUL VOTO Il leader del Pd: «Non siamo quelli del voto a giugno a tutti i costi, ma se si va avanti bisogna avere chiaro per fare cosa. Nodo Ue fondamenta­le»

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