In arrivo un’indagine sui presunti voti illegali
Nel mir ino di Trump clandestini e falsi elettor i
Donald Trump non ci sta. La netta sconfitta nel voto popolare, che lo ha visto arrivare dietro Hillary Clinton di oltre 2,9 milioni di voti, è un rospo troppo grosso da mandar giù. Tanto più che i suoi oppositori si ostinano a rinfacciargliela per delegittimarlo. Assieme all’accusa di essere stato aiutato dai servizi segreti russi durante la campagna elettorale. E così, il “nuovo leader del mondo libero”, passa al contrattacco da par suo: denuncia, lui, di essere stato vittima di una «frode» e annuncia «un’indagine ad ampio raggio».
Il tutto via Twitter: «Chiederò - ha scritto Trump - un’ampia inchiesta sui falsi elettori, inclusi quelli registrati in due Stati diversi, i clandestini e anche quelli registrati negli elenchi elettorali pur essendo morti (e molti da parecchio tempo)». «A seconda dei risultati - ha aggiunto - rafforzeremo le procedure di voto».
Già prima dell’8 novembre, Trump aveva detto che le elezioni sarebbero state truccate e che dai 3 ai 5 milioni di immigrati clandestini avrebbero votato per Clinton.
E non importa che funzionari di Stato abbiano già dichiarato di non aver ravvisato significative frodi nel voto di due mesi fa. Né che alle stesse conclusioni sia arrivato il presidente della Camera dei rappresentanti (non un democratico, ma un repubblicano, lo stesso partito del neo-presidente), Paul Ryan.
La Casa Bianca ha poi specificato che l’inchiesta non sarà limitata alle ultime presidenziali, ma riguarderà il sistema elettorale in senso lato.
I Democratici, però, temono che dietro l’investigazione ci sia un secondo fine e precisamente quello di costituire un pretesto per restringere il diritto di voto, come ha esplicitamente affermato il candidato alle primarie democratiche, Bernie Sanders, anche lui su Twitter.
C’è un precedente: nel 2007, l’amministrazione repubblicana di George W. Bush lanciò un’inchiesta sulle frodi elettorali. Durò 5 anni. Non fu trovata nessuna prova e a finire sotto inchiesta fu a sua volta il dipartimento di Giustizia: sette funzionari repubblicani furono licenziati con l’accusa di aver agito in modo partigiano.