Case discografiche in manovra per Sanremo
«Riteniamo che la Rai debba rivedere gli accordi con noi. Il Festival non è più quello di un tempo in termini di ritorni per l’industria discografica». Non è la prima volta che Enzo Mazza, presidente Fimi (l’associazione che rappresenta l’industria musicale e in particolare le major) lancia messaggi di questo tipo a Viale Mazzini.
Per Mazza però questa volta occorrerà passare ai fatti. Principalmente per due motivi. Il primo: con il 2017 scade la convenzione triennale con il Comune di Sanremo e quindi la discussione può avvenire «in maniera complessiva, o con tavoli separati o con un unico tavolo». In secondo luogo anche quest’anno il bilancio del Festival dovrebbe essere in attivo per la Rai, con 22 milioni di ricavi pubblicitari (al netto delle commissioni) – cui va unito 1 milione di ricavi commerciali (circa 700mila dalla vendita dei biglietti) – a fronte di 15,5 milioni di costi (-500mila euro sul 2015). L’utile (si veda Il Sole 24 Ore del 12 gennaio) sarà superiore ai 7 milioni. «Se ci sono profitti è giusto che si ridiscutano le intese rivedendo – precisa Mazza – tutta la filosofia». Questo non solo, spiega Mazza, «perché i rimborsi spese sono insufficienti, ma anche perché la parte musicale è componente essenziale di quello che è un ottimo show televisivo, ma che dal punto di vista del valore per l’industria musicale non va oltre l’1,5 per cento».
«Lo guarderò anche quest’anno perché è un grande show televisivo. Ma come tale giustamente fa scelte per accontentare un pubblico televisivo di Rai 1 non così attento a novità e cambiamnenti in atto nel panorama musicale», dice Dario Giovannini, direttore generale di Carosello Records. L’etichetta – indipenden- te, che quest’anno si sta godendo il successo dei “Thegiornalisti” – non ha artisti a Sanremo da qualche anno. «Purtroppo negli ultimi anni l’impatto degli artisti sanremesi sulle classifiche di vendita è sempre più basso. E questo anche nelle visualizzazioni su Youtube».
Alla conclusione del 67esimo Festival per la Rai ci sarà dunque anche da affrontare il capitolo case discografiche. «La Rai – spiega Giancarlo Leone, consulente artistico per la Rai sul Festival – spende per gli artisti in gara una cifra consistente, superiore rispetto agli anni precedenti anche perché è aumentato il numero dei cantanti in gara. Il profilo
IL NODO Mazza (Fimi): Se aumentano i profitti giusto ridiscutere le intese sui rimborsi Leone (Rai): Spendiamo 1,2 milioni l’anno: non poco
promozionale dell’attività è comunque fuori discussione visti gli ascolti che si fanno. Dopodiché spetterà alla Rai, concluso questo Festival, valutare con quali modalità prendere in considerazione le richieste che arrivano dall’industria musicale». Che però, Leone ci tiene a ribadirlo, hanno rimborsi maggiori che in passato. Con l’ultimo accordo triennale i rimborsi della Rai vanno dai 46.500 euro per big – cui si aggiungono 3mila euro per i cantanti che si aggiungono nelle band – ai 20mila dei giovani. Tre anni fa, nell’accordo precedente, le cifre erano rispettivamente di 45mila e 18 mila. «Il costo che sopporta la Rai verso le case discografiche è di 1,2 milioni di euro. Non è una cifra da poco».