Sul tavolo anche l’ipotesi «reggenza»
Dal punto di vista giudiziario, la sindaca di Roma Virginia Raggi è considerata anche da molti Cinque Stelle finita in un vicolo cieco. Stretta tra l’ipotesi di abuso d’ufficio e quella di falso per la nomina di Renato Marra, fratello dell’ex capo del personale Raffaele. Ma in Campidoglio si ostenta serenità: una strategia difensiva c’è, assicurano. E l’esito non è scontato come vorrebbe farsi credere. È sulla exit strategy politica, al di là dei proclami di serenità arrivati anche ieri, che in casa pentastellata si ragiona freneticamente in queste ore.
Ieri Raggi ha sentito Beppe Grillo: il leader ha assicurato sostegno e incoraggiato a concentrarsi sul lavoro, sulle risposte che Roma si aspetta. Non a caso la sindaca ha incontrato alcuni assessori e capistaff per discutere dei cronoprogrammi e ha partecipato a una riunione di maggioranza esortando ad andare avanti. È Grillo, secondo il codice di comportamento varato a inizio gennaio, a poter valutare già in fase di indagine se «emergono elementi idonei ad accertare una condotta che sia già lesiva dei valori, dei principi o dell’immagine del MoVimento 5 Stelle». L’unico, insieme ai probiviri, autorizzato ad agire di conseguenza. Fino alla sospensione e al ritiro del simbolo.
Gli occhi sono puntati, a ragione, sul 30 gennaio, quando Raggi sarà ascoltata in procura. Esclusa l’ipotesi di chiedere il patteggiamento, che per il M5S equivarrebbe a un’ammissione di responsabilità e renderebbe impossibile tenere in sella l’intera amministrazione pentastellata, si è scelta la strada di aspettare le mosse della procura. E difendersi. Ma è una via rischiosa: i pm, una volta sentita Raggi, potrebbero accelerare e chiudere l’indagine, magari chiedendo anche il giudizio immediato. La sindaca potrebbe a sua volta chiedere il rito abbreviato. Rispetto all’ipotesi patteggiamento, si guadagnerebbe qualche mese. Ma in caso di condanna scatterebbe comunque la legge Severino: 18 mesi di sospensione, salvo ricorso al Tar. E si rischierebbe di perdere Roma. Con un nuovo commissariamento o il ritorno alle urne.
L’opzione di una reggenza affidata a un vicesindaco politico in caso di uscita di scena o autosospensione della sindaca è mal vista ma non scartata. «Significherebbe tenere in ostaggio il Campidoglio, quando siamo i primi a sostenere che devono essere i cittadini a scegliere chi li governa», spiega una fonte critica. Il capogruppo M5S in assemblea capitolina, Paolo Ferrara, chiamato in causa tra i papabili alla poltrona di vice insieme a Marcello De Vito (entrambi vicini all’ortodossa Roberta Lombardi), ieri ha negato: «L’autosospensione è un’ipotesi che non abbiamo preso in considerazione. E il vicesindaco è Luca Bergamo». Un tecnico indipendente non organico ai Cinque Stelle, subentrato a Daniele Frongia dopo lo smembramento del “raggio magico” imposto dai vertici. Sicuramente il reggente non sarebbe lui. Potrebbe avere più chance, semmai l’idea fosse digerita, l’assessore alle Partecipate Massimo Colomban, vicino a Casaleggio.
Il tempo è il fattore chiave: la partita romana si incrocia con quella nazionale e dunque con la data del voto alle politiche, tutta ancora da definire nonostante la sentenza della Consulta che ha modificato l’Italicum fornendo una legge elettorale applicabile da subito. Tante variabili e altrettanta agitazione, ben mascherata. In ossequio al- l’“editto” di Grillo nei confronti dei portavoce, costretti ormai a chiedere l’autorizzazione ai capi della comunicazione anche soltanto per i post sui social network, sul caso Roma i parlamentari tacciono. Twitta soltanto Danilo Toninelli: «Virginia Raggi e il M5S rispettano le regole. Se i partiti avessero fatto come noi, Roma non sarebbe il disastro che è oggi. #DajeVirgi». Non tace l’opposizione, però. «La sindaca ha detto di essere serena, ma i romani non lo sono», afferma Michela Di Biase capogruppo Pd in assemblea capitolina. «Venga a riferire in Aula».
Intanto i consiglieri continuano la maratona per approvare il bilancio bis entro domani. Ieri in serata è stato licenziato l’emendamento al Dup, da oggi tocca alla delibera madre sullo schema di bilancio. E saranno auditi in Aula i revisori dell’Oref. Che ribadiranno le 12 raccomandazioni con cui hanno “condito” il loro nuovo parere, stavolta favorevole. Invitando a tenere alta la guardia sui debiti fuori bilancio e sulle partecipate, perché gli equilibri «sono precari».
LO SCENARIO Escluso il patteggiamento della prima cittadina che lavora alla strategia difensiva in vista dell’interrogatorio del 30