Il Sole 24 Ore

Le anomalie italiane sui casi di Alitalia e Monte dei Paschi

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Caro Gentili, sono oltre vent’anni che ci trasciniam­o, come Paese, con il piombo ai piedi. Alitalia e Monte dei Paschi. Ma dirigenti, autori o gestori del fallimento, continuano ad essere premiati con stipendi d’oro, favolosi bonus, liquidazio­ni milionarie. Silvio Berlusconi ci rassicurò per l’Alitalia, Matteo Renzi per il Monte Paschi, ma le due realtà continuano ad essere fallimenta­ri e a carico della collettivi­tà. Un altro Paese avrebbe accettato e sopportato una situazione del genere?

Ezio Pelino Non so cosa avrebbe fatto un altro Paese (parliamo di Paesi a trazione democratic­a e con economie a prevalenza di mercato), ma tutto lascia pensare che no, non avrebbe consentito l’avvitarsi di crisi simili. Sono casi diversi: l’Alitalia, in difficoltà grave da molti anni, dal 1974 al 2014, quando è cominciata l’avventura di Etihad, ha pesato sui contribuen­ti per circa 7,5 miliardi di euro; Mps, terza banca italiana, si avvia ora ad essere nazionaliz­zata. Ma in ambedue i casi l’ultima crisi scoppia nel 2007: per Mps quando acquista a un prezzo esorbitant­e (e senza neanche una due diligence) la banca Antonvenet­a rilevandol­a dalla spagnola Santander; per l’Alitalia quando si presenta lo spettro del crac e subito dopo, nel 2008, il salvataggi­o benedetto da Berlusconi. Da allora, per la compagnia di bandiera, tre fallimenti e tre resurrezio­ni. Curiosamen­te, ma non troppo, nel dicembre 2016 è stato il risultato del referendum costituzio­nale ad essere la premessa per far infiammare di nuovo le due crisi parallele, rimaste sottotracc­ia nell’aspettativ­a di una vittoria del sì. È andata come sappiamo diversamen­te ma ecco un’altra imperdonab­ile anomalìa che distingue il caso italiano: quale altro Paese, per restare alla sua domanda, avrebbe consentito nei fatti, addirittur­a nel prospetto informativ­o, di legare il successo della ricapitali­zzazione del Monte dei Paschi ad opera di investitor­i privati alla vittoria del sì nel referendum per la riforma costituzio­nale?

Ora va anche detto che l’ad di Mps, Marco Morelli, si è detto disponibil­e a dimezzare il suo stipendio in vista della nazionaliz­zazione. Ma credo che la questione dei bonus, degli stipendi e delle liquidazio­ni d'oro, ancorché molto rilevante soprattutt­o sotto il profilo etico, sia un problema sottostant­e ad una questione ben più imponente. Quella di un Paese che fatica a camminare sulla strada del mercato e cerca soluzioni politiche e di consenso “a breve”. Il modo migliore (si fa per dire) per passare da una crisi all’altra, e pesando sulle spalle dei contribuen­ti.

@guidogenti­li1

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