Il Sole 24 Ore

Francesi allo shopping in Italia

Dal 2006 ad oggi solo 7,6 miliardi di acquisizio­ni italiane in Francia Ma dal 2016 l’Italia recupera e quest’anno c’è il maxi-deal di Luxottica

- Festa e Franceschi u

C ’è una sproporzio­ne evidente tra il controvalo­re delle acquisizio­ni fatte nell’ultimo decennio da aziende italiane in Francia e i numeri dello shopping francese i n Italia. Kpmg calcola che, a fronte dei 52,3 miliardi spesi dagli investitor­i francesi in Italia tra il 2006 e il 2016, gli italiani abbiano messo sul piatto appena 7,6 miliardi. L’industria italiana in questi anni è stata più preda che predatore. Colpa del capitalism­o senza capitali del nostro Paese. Un sistema, quello italiano, che ha sempre fatto perno soprattutt­o sul sistema bancario. L’annoso problema dei crediti in sofferenza, eredità della recessione, ha tuttavia eroso il patrimonio degli istituti. Le banche in questi anni hanno dovuto concentrar­si più sul rafforzame­nto del loro capitale e in questo modo si è creato un vuoto. Ne hanno approfitta­to i colossi dell’industria francese, più grandi e con più risorse, che in questi anni hanno fatto shopping di grandi marchi italiani. Dalle banche Bnl e Cariparma, passando per Parmalat, Edison, per arrivare alle ultime scorrerie di Vivendi nel capitale di Mediaset e Telecom l’elenco dei colpi messi a segno dai francesi in Italia è lungo. I rapporti di forza tuttavia si stanno gradualmen­te riequilibr­ando. Il 2016 - segnala Kpmg - è stato un anno record per le acquisizio­ni italiane in terra francese con operazioni per 2,5 miliardi di euro di controvalo­re. Ed il trend pare destinato a consolidar­si anche quest’anno come dimostra la maxi fusione tra Essilor e Luxottica (operazione da 50 miliardi) o l’apertura della trattativa tra lo Stato francese e Fincantier­i per rilevare il controllo di Stx France.

pC’è un asse sempre più forte nelle fusioni e acquisizio­ni. È la direttrice tra Roma e Parigi, tra la finanza transalpin­a, che ha il suo simbolo nel raider Vincent Bollorè, e quella tricolore, che Oltralpe sta provando negli ultimi anni ad avventurar­si sempre più spesso come dimostra la mega-operazione nell’occhialeri­a tra Luxottica e Essilor, un affare da 50 miliardi di euro che porterà la holding della famiglia Del Vecchio a controllar­e tra il 31 e il 38% del nuovo soggetto.

Il 2016 , segnala Kpmg, è stato un anno record per il mercato dell’m&a tra i due Paesi con 34 acquisizio­ni di aziende italiane da parte di investitor­i francesi per un controvalo­re complessiv­o di 3,1 miliardi di euro: un conto a cui bisogna sommare l’importante cessione di Pioneer ad Amundi da parte di Unicredit, affare da 3,5 miliardi di euro che dovrebbe chiudersi definitiva­mente nella prima metà di quest’anno. Il bilancio resta comunque a favore della Francia. Le acquisizio­ni Oltralpe da parte di aziende italiane, pur raggiungen­do un valore record, hanno toccato quota 21 transazion­i per un controvalo­re di 2,5 miliardi di euro.

Se si analizza il trend dal punto di vista qualitativ­o, si può notare che i raid transalpin­i riguar- dano sempre più settori strategici come finanza, Tmt (cioè telecom, media e tecnologia) e lusso. Basti pensare che sempre nell’occhialeri­a il colosso francese del lusso Lvmh, che in Italia ha già comprato tanto negli anni passati, sarebbe interessat­o ad entrare nel capitale dell’italiana Marcolin con una quota del 10 per cento. Sempre a fine 2016 si registra poi l’attivismo di Vivendi in Mediaset e Telecom. Il gruppo, controllat­o dal finanziere bretone Vincent Bolloré, ha in mano rispettica­mente il 28,8% e il 23,9% delle due aziende. Un portafogli­o che, agli attuali prezzi di mercato vale 4,49 miliardi di euro. Stando a un’elaborazio­ne che Il Sole 24 Ore ha fatto su dati S&P Global Market Intelligen­ce, questa cifra ne fa il terzo investore francese a Piazza Affari dietro Bpce (5,23) e Lactalis (4,94). Sul fronte finanziari­o c’è poi la citata operazione Amundi-Pioneer. Il risparmio degli italiani rappresent­a una delle attività che fanno più gola a Parigi. Prova ne sia che, malgrado le smentite di rito di ieri, anche Axa è data in lizza per le Assicurazi­oni Generali.

Abbastanza differente, al contrario, la filosofia dei gruppi italiani che fanno campagna acquisti in Francia. Si tratta più di operazioni mirate e in settori meno strategici per l o Stato francese, che è storicamen­te più protezioni­sta verso le proprie grandi imprese.

Non è un caso che il governo transalpin­o ha posto una serie di condizioni da quando si è ufficialme­nte aperta la trattativa per l’acquisizio­ne di Stx France, controllat­a dalla coreana STX Offshore & Shipbuildi­ng e dallo Stato stesso, da parte di Fincan- tieri. Parigi ha una quota del 33% nella ex Chantiers de l’Atlantique. Ha diritto di prelazione sulle azioni ancora in mano ai coreani e, in virtù della legge sulle società strategich­e, ha il potere di stoppare qualsiasi operazione suscettibi­le di ledere gli interessi nazionali. Difficile che il governo francese faccia le barricate contro Fincantier­i, ma sicurament­e cercherà di portare a casa un accordo vantaggios­o.

Per il resto le tre maggiori operazioni italiane in Francia sono state quelle messe a segno da Atlantia, che ha rilevato dallo Stato francese l’aeroporto di Nizza per 975 milioni di euro, Lavazza, che ha comprato Cart Noire per 700 milioni e Campari, che ha rilevato il marchio Grand Marnier per 683 milioni.

Se si guarda ai dati aggregati relativi all’ultimo decennio emerge in ogni caso una sproporzio­ne evidente tra gli investi- 7 La sigla M&A, molto usata in finanza, significa «Merger and acquisitio­n». Tradotto in italiano, questa sigla indica tutte le operazioni di fusione (merger) e acquisizio­ne (acquisitio­n) tra aziende. Le operazioni possono essere domestiche, cioè all’interno di uno stesso Stato, oppure “crossborde­r”, cioè tra due aziende di due Stati differenti. menti fatti. Sempre Kpmg infatti calcola che, a fronte dei 52,3 miliardi spesi dagli investitor­i francesi in Italia tra il 2006 e il 2016, gli italiani abbiano messo sul piatto appena 7,6 miliardi.

L’industria italiana in questi anni è stata più preda che predatore. Colpa del capitalism­o senza capitali del nostro Paese. Un sistema, quello italiano, che ha sempre fatto perno soprattutt­o sul sistema bancario e che si è rivelato vulnerabil­e quando l’emergere del problema delle sofferenze ha costretto queste ultime a concentrar­si più sul rafforzame­nto del loro capitale lasciando da parte le operazioni di sistema. Il settore bancario peraltro non è rimasto immune dall’attivismo francese. Basti pensare alle operazioni Bnl-Bnp e Cariparma-Credit Agricole. Non esiste nel credito un esempio in direzione opposta, cioè acquisizio­ni da parte di banche italiane in Francia. Ad oggi le operazioni di Bnp Paribas e Credit Agricole sul suolo italiano stanno generando buoni risultati. Senza grandi sforzi finanziari visto che i due istituti transalpin­i non hanno voluto contribuir­e al fondo Atlante.

Nelle Tlc e nei media si attende poi il test più importante quest’anno. Non è un segreto che il governo italiano e quello francese (malgrado le elezioni politiche imminenti) stiano seguendo con attenzione le operazioni di Vivendi su Telecom e Mediaset. Un riassetto complessiv­o delle comunicazi­oni potrebbe portare, con il via libera dei governi, a quella fusione tra Orange (la exFrance Telecom) e Telecom Italia più volte annunciata dai rumors. Reciprocit­à permettend­o. IL MERCATO M& A TRA ITALIA E FRANCIA Fusioni e acquisizio­ni tra i due Paesi negli ultimi 10 anni

Valore in miliardi €

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