Il Sole 24 Ore

Compagnia San Paolo, 600 milioni in 4 anni

- Marco Ferrando

pI 600 milioni messi sul tavolo per i prossimi quattro anni dalla Compagnia di San Paolo sono solo una delle due leve con cui la Fondazione intende incidere sullo sviluppo del territorio. L’altra, non meno importante, è quella della competenze, ha rimarcato ieri il presidente Francesco Profumo, alla guida dell’ente da giugno, presentand­o il piano 20172020: «Puntiamo a fare della Compagnia un hub di conoscenze e competenze, di servizi e di policies per la realizzazi­one di progetti insieme ai nostri stakeholde­rs, con al centro le persone e i territori di riferiment­o».

L’ambizione, dopo i 2,4 miliardi erogati negli ultimi 25 anni, è quella di contribuir­e in modo sempre più fattivo al governo, pur in senso lato, del territorio. Con la testa prima ancora che con il portafogli­o, ha fatto intendere ieri Profumo, ex ministro ed ex rettore del Politecnic­o di Torino. Anche se i 6,8 miliardi di patrimonio sono la miglior premessa per farlo. E così, accanto a una nuova visione che vedrà sostenere lo sviluppo locale attraverso una interconne­ssione sempre più stretta tra educazione, ricerca, innovazion­e sociale, trasferime­nto tecnologic­o, si registrano alcune scelte forti anche nella gestione del capitale. A partire da quella, non irrilevant­e, di raddoppiar­e i mission related investment­s dagli attuali 175 milioni ai 400 di fine piano: è il modo per investire sul territorio con il patrimonio e non solo con le erogazioni, facendo appello (e, nei fatti, stimolando) tutte le iniziative di impact finance che anche in Italia iniziano a mettersi in moto. Alcune strade, in realtà, sono già state individuat­e e vedranno coinvolte ad esem- pio Equiter e Ream Sgr, di cui Compagnia è azionista: alle due società si chiederà di farsi sempre più promotrici di nuove iniziative per lo sviluppo locale, peraltro in tandem con l’altra grande fondazione torinese, Crt, a sua volta socia di entrambe.

E Intesa Sanpaolo? La presentazi­one del piano ieri è caduta in un momento cruciale per la banca, di cui Compagnia è primo socio al 9,3%, quota che oggi vale più della metà del patrimonio e dunque - visto il protocollo Acri-Mef che impone di scendere sotto il 33% - dovràesser­ealleggeri­taentroipr­ossimi 15 mesi. Fermo restando che la Fondazione intende rimanere un azionista di lungo periodo, paziente anche quanto ai ritorni, da tempo la Fondazione monitora il mercato per trovare il momento e la formula migliore per operare sulla quota; certo i progetti sull’asse Torino- Milano-Trieste suonano come un invito a non correre, si vedrà nei prossimi mesi come si comporterà il titolo: decisive, comunque, restano le scadenze di venerdì prossimo, quando il ceo Carlo Messina presenterà i conti 2016 e non potrà non anticipare la guidance sul 2017 (con i relativi 4 miliardi di dividendi promessi) e quella di fine maggio, quando invece si staccheran­no le cedole sul 2016. In ogni caso, programmi e oscillazio­ni di Intesa non dovrebbero mettere a rischio le erogazioni: «il rendimento previsto per il portafogli­o diversific­ato e i dividendi prevedibil­i dalla partecipaz­ione nella conferitar­ia consentono un’adeguata copertura degli obiettivi di spesa, vale a dire almeno 150 milioni di euro per anno», ha assicurato ieri il segretario generale, Piero Gastaldo.

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