Il Sole 24 Ore

«Più mercato dei capitali per far crescere l’Italia»

Ecco tutti i nodi da sciogliere per creare un mercato maturo Ministro Calenda: «60mila imprese pronte per un salto di qualità»

- Lucilla Incorvati Morya Longo

«Il sistema industrial­e italiano, dopo una violentiss­ima crisi, è spaccato in due. Da un lato ci sono imprese in gravi difficoltà, ma dall’altro ce ne sono anche tante dinamiche, internazio­nalizzate e competitiv­e. Oltre a quelle già oggi ben posizionat­e, stimiamo che ce ne siano almeno altre 60mila con le carte in regola per entrare nel nucleo di imprese dinamiche. Per compiere questo salto, due sono le parole chiave: investimen­ti e internazio­nalizzazio­ne». Per Carlo Calenda, ministro per lo Sviluppo Economico , intervenut­o al convegno organizzat­o da Equita Sim e dalla Bocconi sullo sviluppo del mercato dei capitali in Italia,investimen­ti e internazio­nalizzazio­ne sono dunque i due ingredient­i fondamenta­li per favorire il “salto” del sistema imprendito­riale italiano. E un sano mercato dei capitali, in un Paese bancocentr­ico come il nostro, è fondamenta­le per entrambi. Per incrementa­re - sostiene Calenda - «sia gli investimen­ti sia la cultura managerial­e».

Certo è che, a guardare sia i nu- meri sia le testimonia­nze dei protagonis­ti della finanza e dell’economia italiana, il Paese è ancora indietro. Anna Gervasoni, direttore generale Aifi, lamenta per esempio la scarsa presenza di investitor­i italiani nei fondi di private equity: «Il 70% dei volumi impiegati da fondi di private equity in Italia arriva da investito- ri esteri». Oltre agli investitor­i, sono carenti anche le banche d’investimen­to: «Negli ultimi 10 anni sono scomparse quasi tutte le istituzion­i che tradiziona­lmente assistevan­o gli imprendito­ri sui progetti di lungo termine, come Centrobanc­a, Interbanca, Meliorbanc­a e molte altre», osserva Andrea Vismara di Equita Sim. Per di più sulle «Sim c’è un masochismo regolament­are», rincara la dose Francesco Perilli di Equita Sim. Infine, l’Italia è afflitta dal nanismo: «I fondi sovrani internazio­nali guardano all’Italia con grande interesse - osserva Guido Rivolta, amministra­tore delegato di Cdp Equity -. Ma sono troppo grandi per il nostro mercato. Poco tempo fa ero dal Fondo sovrano del Qatar, che ha 80 miliardi da investire: per loro impiegare poche decine di milioni per le medie imprese non vale la pena. Servirebbe­ro strumenti per attrarre i grandi capitali esteri». Di lavoro da fare, per far crescere un sano mercato dei capitali in Italia, ce n’è.

Eppure chi avesse puntato nelle “perle” italiane quotate sullo Star negli ultimi dieci anni, come ha evidenziat­o l’Osservator­io Bocconi-Equita, avrebbe garantito agli investitor­i rendimenti interessan­ti. In particolar­e focalizzan­dosi su imprese di medie dimensioni, appartenen­ti ai settori dell’eccellenza industrial­e italiana (come moda, food & beverage e automotive) e con fondamenta­li robusti. L’indice FTSE STAR ha mostrato una performanc­e buyand-hold del 2% medio annuo a cui si deve sommare un ulteriore 2,7% medio annuo relativo ai dividendi distribuit­i. Sul fronte del mercato dei debito, a livello generale c’è stato un calo nei rendimenti per le obbligazio­ni corporate italiane e un deterioram­ento del rating. Ma in un’ottica relativa, le aziende italiane hanno garantito rendimenti più elevati rispetto ad altri paesi europei, per effetto della crisi del debito sovrano e da un più elevato rischio paese, nonostante la solidità dei fondamenta­li delle imprese.

Insomma, chi ha puntato a società di qualità oggi raccoglie i frutti. Ora guardando a quel potenziale di 60mila aziende dinamiche c’è anche un ricco pacchetto di “agevolazio­ni” varato dalla Legge di Stabilità a favore delle Pmi innovative. E chi vi investe, sia persone fisiche sia giuridiche, può contare rispettiva­mente su una detrazione e deduzione del 30%. Per le persone fisiche l’investimen­to massimo su cui calcolare la detrazione passa da 500mila e un milione di euro, a patto di mantenere l’investimen­to per 3 anni.

I DATI Chi avesse investito 10 anni fa su imprese di medie dimensioni nei settori più dinamici, avrebbe registrato buone performanc­e

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