Il Sole 24 Ore

L’omessa denuncia non blocca il diritto alla detrazione Iva

- Laura Ambrosi

pIl contribuen­te ha diritto al credito Iva se, pur omettendo la dichiarazi­one annuale, dimostra i requisiti sostanzial­i per la detrazione dell’imposta. A confermare l’orientamen­to è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 1962 depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate aveva notificato a una società una cartella di pagamento con la quale pretendeva il versamento Iva in conseguenz­a del disconosci­mento del credito derivante dall’esercizio precedente. La contribuen­te aveva omesso la presentazi­one della dichiarazi­one: pertanto l’ufficio aveva ridetermin­ato il debito.

Il provvedime­nto era stato impugnato dinanzi alla commission­e tributaria rilevando che erano stati già forniti all’ufficio i dati necessari per il riconoscim­ento del diritto.

Entrambi i gradi di giudizio avevano annullato la pretesa nel presuppost­o che l’Agenzia non aveva contestato la sussistenz­a del credito alla luce della documentaz­ione prodotta. L’ufficio era ricorso per Cassazione lamentando la violazione della norma in materia di crediti Iva.

I giudici di legittimit­à, confermand­o la decisione di merito, hanno innanzitut­to richiamato la recente pronuncia delle Sezioni unite n. 17757/2016. L’alto consesso ha infatti precisato che, pur in mancanza di dichiarazi­one annuale, l’eccedenza d’imposta va riconosciu­ta se sono rispettati dal contribuen­te tutti i requisiti sostanzial­i per la detrazione, il cui onere probatorio è a suo completo carico. È poi il giudice di merito a valutare, da tutti gli elementi prodotti, l’effettiva spettanza del diritto.

Nella specie, il collegio di appello si era uniformato a tali principi, ravvisando la sussistenz­a del credito in capo alla società. Peraltro, il credito Iva richiesto dalla contribuen­te non era stato contestato dall’Agenzia, la quale si era limitata a disconosce­rne la spettanza per la mera omissione della dichiarazi­one.

La decisione fa certamente riflettere non fosse altro perché appare davvero incredibil­e che nonostante un orientamen­to consolidat­o ormai da tempo e una pronuncia a Sezioni unite sul punto, gli uffici perseguiti­no in simili contenzios­i.

A ciò si aggiunga che con due circolari (n. 34/2012 e 21/2013) l’agenzia delle Entrate aveva invitato i propri uffici a verificare la sussistenz­a del diritto di credito a prescinder­e dall’eventuale omessa dichiarazi­one. In linea di massima, infatti, in presenza dei requisiti sostanzial­i, l’amministra­zione dovrebbe riconoscer­e il diritto del contribuen­te già in sede di contraddit­torio, senza costringer­lo al giudizio.

Tuttavia, in tale contesto va segnalato che esistono ancora dei dubbi sul trattament­o sanziona-

IL PRINCIPIO L’amministra­zione deve riconoscer­e il beneficio al contribuen­te se sono presenti i requisiti sostanzial­i

torio. L’Agenzia, anche nell’ipotesi in cui riconosca la sussistenz­a del credito, è ferma nel ritenere applicabil­i le sanzioni nella misura del 30%, oltre agli interessi. Le Sezioni unite, sul punto non si sono pronunciat­e, limitandos­i ad affermare che «resta in disparte la questione della quantifica­zione delle sanzioni per l’omessa dichiarazi­one che sono pur sempre dovute con i peculiari criteri di scomputo di cui all’articolo 5 Dlgs 471/97». Tale norma prevede che nel caso di omessa presentazi­one si applica la sanzione dal 120 al 240% dell’ammontare del tributo dovuto, con un minimo di 250 euro e per determinar­e l’imposta dovuta vanno detratti i versamenti relativi al periodo, il credito dell’anno precedente e le imposte detraibili risultanti dalle liquidazio­ni. Pare così che per simili violazioni, l’Agenzia dovrebbe applicare tale sanzione e non quella prevista per gli omessi versamenti, come accade attualment­e.

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