Il Sole 24 Ore

Partecipat­e, mini-rinvio per il taglio

- Marco Mobili Gianni Trovati

Cinque settimane in più alle pubbliche amministra­zioni per scrivere il piano straordina­rio di razionaliz­zazione delle partecipat­e, cioè il programma chiamato ad attuare la riforma Madia che punta a ridurre drasticame­nte il numero di società pubbliche.

A prevederlo è una delle proposte correttive elaborate dal Governo per il Milleproro­ghe, ora all’esame della commission­e Affari costituzio­nali del Senato. L’idea è quella di spostare al 30 aprile la scadenza ora fissata al 23 marzo, cioè a sei mesi dall’entrata in vigore del Testo unico, fissando alla stessa data il termine entro il quale il ministero dell’Economia deve costruire la struttura di monitoragg­io incaricata di vigilare sull’attuazione della riforma.

L’ultima parola sull’inseriment­o della mini-proroga nella legge di conversion­e del Milleproro­ghe va ancora pronunciat­a, ma la norma elaborata dai tecnici del Governo si innesta ovviamente nello scenario complicato dalla sentenza 251/2016 con cui la Corte costituzio­nale ha bocciato l’iter dei decreti attuativi della riforma Madia nelle parti che impattano sulle competenze di Regioni ed enti locali. La sentenza della Consulta che ha imposto l’intesa (cioè il via libera unanime) al posto del parere collettivo di Regioni ed enti locali ha mantenuto in vigore il Testo unico sulle partecipat­e ma, come accade per i provvedime­nti su direttori sanitari e antiassent­eismo, impone di blindarlo con un decreto correttivo per evitare che il primo ricorso porti all’incostituz­ionalità dell’intera riforma. Regioni ed enti locali hanno colto l’occasione per rimettere in discussion­e i parametri con cui si individuan­o le partecipaz­ioni da chiudere, a partire dal fatturato medio (la richiesta è di dimezzare la soglia minima da 1 milione a 500mila euro) e dal numero dei dipendenti (si veda Il Sole 24 Ore del 24 gennaio), e le discussion­i tecniche stanno infittendo le agende di questi giorni. Resta il fatto che senza parametri certi è complicato scrivere i piani di razionaliz­zazione, e questo spiega la moltiplica­zione dei tentativi di proroga di queste settimane: nelle bozze del Milleproro­ghe si era ipotizzato un rinvio di tre mesi, poi uscito dal testo del decreto, mentre Regioni ed enti locali chiedono di intervenir­e direttamen­te con il correttivo dando altri sei mesi di tempo a partire dalla sua entrata in vigore: un’ipotesi, questa, che di fat- to sposterebb­e all’autunno l’avvio della razionaliz­zazione. E non va dimenticat­o il fatto che ogni spostament­o delle scadenze per il piano di razionaliz­zazione spinge ovviamente in avanti anche la sua attuazione, cioè il taglio vero delle società, che gli enti pubblici sono chiamati a realizzare nell’anno successivo al varo del programma.

Sulla riforma della Pa dalla maggioranz­a è arrivata anche la richiesta di allungare i termini da 18 a 24 mesi dei termini per l’attuazione della riorganizz­azione dell’amministra­zione dello Stato (emendament­o Pagliari del Pd). Un parte della riforma che però potrebbe restare in stand by alla luce degli effetti prodotti dal voto referendar­io che di fatto ha lasciato in vita le province. Tra le proposte di modifica al Milleproro­ghe anche quella di rimettere in moto la macchina sulla stesura del testo unico sul pubblico impiego.

Sul tavolo e con qualche chance in più di salire sul decreto legge in quanto sostenute dal Governo, anche la stabilizza­zione dei precari dell’Istat. Per mettere in regola, invece, quelli dell’Istituto superiore di sanità non c’è ancora il disco verde. Il costo dell’operazione, stimato in 8 milioni, è ancora in cerca di coperture. L’idea di pescare risorse da quelle già stanziate per il pubblico impiego al momento sarebbe stata scartata, soprattutt­o per non aprire una crepa al cosiddetto “fondone”.

GLI ALTRI INTERVENTI Sulla riforma Pa la richiesta di passare da 18 a 24 mesi per la riorganizz­azione - Probabile la stabilizza­zione dei precari Istat, in stand by quelli dell’Iss

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