Il giudice può cercare la madre
Parto anonimo: se il figlio vuol conoscere le proprie origini il magistrato sente la donna anche senza una legge Ma la conferma della volontà di restare «nascosta» è un limite insuperabile
pIn caso di parto anonimo, se il figlio manifesta il desiderio di conoscere le proprie origini, il giudice può, anche in assenza di una legge, interpellare la madre per verificare se ribadisce o meno la sua volontà di restare nell’ombra. La conferma dell’intenzione di restare anonima è comunque un limite insuperabile al diritto del figlio a conoscere l’identità della madre naturale.
Il diritto, finora negato, è stato riconosciuto dalla Sezioni unite (sentenza 1946)che si sono pronunciate, su impulso del procuratore della Repubblica, a tre anni dalla sentenza con la quale la Consulta (n.278/2013) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, della legge n.184/1983, per la parte in cui escludeva in maniera irreversibile la possibilità per il figlio di accedere alle informazioni sulla madre. Una norma di chiusura che era stata invece “salvata” nel 2005 dal giudice delle leggi perché considerata «espressione di una ragionevole valutazione comparativa dei diritti inviolabili dei soggetti della vicenda».
La Corte costituzionale nel 2013 ha ribaltato il verdetto censuran- do l’articolo in esame per l’estrema rigidità. L’eccesiva “cristallizzazione” per la Consulta è nella mancata previsione della possibilità per il giudice di interpellare la madre su richiesta del figlio, attraverso un procedimento stabilito dalla legge che assicuri la massima riservatezza. Il giudice delle leggi ha dunque incaricato il legislatore di introdurre le disposizioni per verificare l’attualità della scelta della madre.
Il procuratore generale della Cassazione ha dunque invitato le Sezioni unite a rimediare all’inerzia del legislatore, in un contesto nel quale i tribunali minorili si muovono in ordine sparso. Secondo alcuni, infatti, in mancanza di un intervento da parte del Parlamento l’”iniziativa” del giudice sarebbe invasiva dei poteri dello Stato. Per altri l’interpello del giudice è possibile sia in forza della sentenza della Consulta sia in virtù della condanna inflitta all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Godelli contro Italia del 2012) con la quale i giudici di Strasburgo hanno giudicato contraria alla Cedu la legge italiana che non tenta di mantenere un equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrenti in causa dando una preferenza incondizionata al desiderio di anonimato della madre.
Le Sezioni unite accolgono la tesi del Pm secondo il quale, il perdurante silenzio del legislatore non può giustificare oltre al violazione del diritto del figlio non più ostacolato da una norma cancellata dall’ordinamento. Per il Pm come per la Sezioni unite, è possibile un’applicazione diretta della sentenza della Consulta anche senza una regolamentazione legislativa. Se il giudice negasse tout court al figlio l’accesso alle informazioni, di fatto continuerebbe ad applicare una norma ormai inesistente. Un vulnus al diritto del figlio che la Consulta non ha solo accertato ma sanato e rimosso introducendo «in via addizionale» il principio in virtù del quale il giudice può sentire la madre ai fini di un’eventuale “marcia indietro”. La circostanza che la sentenza non introduca regole self executing e si indirizzi al legislatore per ripianare la lacuna, non «esonera gli organi giurisdizionali, in attesa che il legislatore adempia al suo compito, dall’applicazione diretta di quel principio, né implica un divieto di reperimento dal sistema delle regole più idonee per la decisione dei casi loro sottoposti».
Per le Sezioni unite non mancano le best practies, già adottate dai tribunali dei minori che hanno imboccato la via dell’ascolto della madre, alle quali ispirarsi né i testi normativi sui quali basare il procedimento: da quello base sulla volontaria giurisdizione al codice della privacy. Soddisfatta per una sentenza che supera finalmente il contrasto dei Tribunali minorili Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera. La soluzione offerta è in linea con quella individuata dalla Camera con l’approvazione di uno specifico testo legislativo. Per la Ferranti è però, un peccato che il Ddl sia fermo a Palazzo Madama da quasi due anni. Ancora una volta é arrivata prima la magistratura.
CONTRASTO SANATO Con la decisione i giudici hanno dato un’indicazione univoca ai tribunali dei minori che si muovevano in ordine sparso