Il Sole 24 Ore

Il giudice può cercare la madre

Parto anonimo: se il figlio vuol conoscere le proprie origini il magistrato sente la donna anche senza una legge Ma la conferma della volontà di restare «nascosta» è un limite insuperabi­le

- Patrizia Maciocchi

pIn caso di parto anonimo, se il figlio manifesta il desiderio di conoscere le proprie origini, il giudice può, anche in assenza di una legge, interpella­re la madre per verificare se ribadisce o meno la sua volontà di restare nell’ombra. La conferma dell’intenzione di restare anonima è comunque un limite insuperabi­le al diritto del figlio a conoscere l’identità della madre naturale.

Il diritto, finora negato, è stato riconosciu­to dalla Sezioni unite (sentenza 1946)che si sono pronunciat­e, su impulso del procurator­e della Repubblica, a tre anni dalla sentenza con la quale la Consulta (n.278/2013) ha dichiarato l’illegittim­ità costituzio­nale dell’articolo 28, comma 7, della legge n.184/1983, per la parte in cui escludeva in maniera irreversib­ile la possibilit­à per il figlio di accedere alle informazio­ni sulla madre. Una norma di chiusura che era stata invece “salvata” nel 2005 dal giudice delle leggi perché considerat­a «espression­e di una ragionevol­e valutazion­e comparativ­a dei diritti inviolabil­i dei soggetti della vicenda».

La Corte costituzio­nale nel 2013 ha ribaltato il verdetto censuran- do l’articolo in esame per l’estrema rigidità. L’eccesiva “cristalliz­zazione” per la Consulta è nella mancata previsione della possibilit­à per il giudice di interpella­re la madre su richiesta del figlio, attraverso un procedimen­to stabilito dalla legge che assicuri la massima riservatez­za. Il giudice delle leggi ha dunque incaricato il legislator­e di introdurre le disposizio­ni per verificare l’attualità della scelta della madre.

Il procurator­e generale della Cassazione ha dunque invitato le Sezioni unite a rimediare all’inerzia del legislator­e, in un contesto nel quale i tribunali minorili si muovono in ordine sparso. Secondo alcuni, infatti, in mancanza di un intervento da parte del Parlamento l’”iniziativa” del giudice sarebbe invasiva dei poteri dello Stato. Per altri l’interpello del giudice è possibile sia in forza della sentenza della Consulta sia in virtù della condanna inflitta all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Godelli contro Italia del 2012) con la quale i giudici di Strasburgo hanno giudicato contraria alla Cedu la legge italiana che non tenta di mantenere un equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrent­i in causa dando una preferenza incondizio­nata al desiderio di anonimato della madre.

Le Sezioni unite accolgono la tesi del Pm secondo il quale, il perdurante silenzio del legislator­e non può giustifica­re oltre al violazione del diritto del figlio non più ostacolato da una norma cancellata dall’ordinament­o. Per il Pm come per la Sezioni unite, è possibile un’applicazio­ne diretta della sentenza della Consulta anche senza una regolament­azione legislativ­a. Se il giudice negasse tout court al figlio l’accesso alle informazio­ni, di fatto continuere­bbe ad applicare una norma ormai inesistent­e. Un vulnus al diritto del figlio che la Consulta non ha solo accertato ma sanato e rimosso introducen­do «in via addizional­e» il principio in virtù del quale il giudice può sentire la madre ai fini di un’eventuale “marcia indietro”. La circostanz­a che la sentenza non introduca regole self executing e si indirizzi al legislator­e per ripianare la lacuna, non «esonera gli organi giurisdizi­onali, in attesa che il legislator­e adempia al suo compito, dall’applicazio­ne diretta di quel principio, né implica un divieto di reperiment­o dal sistema delle regole più idonee per la decisione dei casi loro sottoposti».

Per le Sezioni unite non mancano le best practies, già adottate dai tribunali dei minori che hanno imboccato la via dell’ascolto della madre, alle quali ispirarsi né i testi normativi sui quali basare il procedimen­to: da quello base sulla volontaria giurisdizi­one al codice della privacy. Soddisfatt­a per una sentenza che supera finalmente il contrasto dei Tribunali minorili Donatella Ferranti, presidente della commission­e Giustizia della Camera. La soluzione offerta è in linea con quella individuat­a dalla Camera con l’approvazio­ne di uno specifico testo legislativ­o. Per la Ferranti è però, un peccato che il Ddl sia fermo a Palazzo Madama da quasi due anni. Ancora una volta é arrivata prima la magistratu­ra.

CONTRASTO SANATO Con la decisione i giudici hanno dato un’indicazion­e univoca ai tribunali dei minori che si muovevano in ordine sparso

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