Il Sole 24 Ore

Cause singole anche per pochi centesimi

- Maurizio Caprino

pSono ammissibil­i anche le cause individual­i per controvers­ie di valore infimo, se la lite è tra quelle per le quali sarebbe ammessa pure una class action. Lo afferma la Sesta sezione civile della Corte di cassazione, nella sentenza n. 1925/2017, depositata ieri.

Con quest’indicazion­e di portata generale si chiude una vicenda molto particolar­e, perché portata avanti per soli 11 centesimi di euro, equivalent­i all’Iva sulle spese di spedizione postale di una bolletta telefonica. Un utente aveva ottenuto dal giudice di pace la condanna della Telecom a restituire la somma e il Tribunale aveva dichiarato inammissib­ile l’appello della compagnia telefonica, che ha quindi deciso di arrivare fino in Cassazione. Puntualmen­te rintuzzata dalla contropart­e, che ha presentato una memoria anche nel giudizio di legittimit­à.

Il punto centrale sta nell’inammissib­ilità dell’appello, che viene bocciata dalla Cassazione. In sostanza, il Tribunale aveva ritenuto che il giudice di pace avesse deciso secondo equità, cosa che esclude la possibilit­à di presentare appello (articolo 339 del Codice di procedura civile). Ma la sentenza di primo grado era palesement­e emanata secondo diritto, perché riferita alla fornitura standard di servizi a un’utenza di massa, quindi a un contratto per adesione, sul quale l’articolo 113 del Codice di procedura civile esclude la decisione secondo equità. Questi sono tutti fatti notori, per cui non importa se non era stata fornita prova che il contratto in questione fosse per adesione. Dunque, l’appello Telecom andava ammesso.

Davanti alla Cassazione, però, la difesa dell’utente aveva argomentat­o che c’era un’ulteriore ragione per non ammettere l’appello: l’infimo valore economico della causa. In mancanza di un limite inferiore al valore delle cause espressame­nte previsto per legge(anzi, l’articolo 24 della Costituzio­ne afferma che «tutti possono agire in giudizio»), la difesa aveva invocato le regole di correttezz­a e buona fede e i princìpi del giusto processo e della durata ragionevol­e dei giudizi. Per farlo ha citato la sentenza 4228/2015 della stessa Corte (peraltro su una materia diversa: l’espropriaz­ione forzata).

Ma la Cassazione respinge questa tesi, per due motivi.

Il primo è che il valore della causa, a ben vedere, è infimo solo per l’utente: per Telecom, moltiplica­re gli 11 centesimi per tutte le bollette porta a cifre considerev­oli.

Il secondo motivo è che le forniture di servizi al pubblico rientrano nell’ambito applicativ­o della class action, per la quale non solo il legislator­e ha confermato la scelta di non prevedere alcun limite minimo di valore, ma c’è anche un’alta probabilit­à che ognuno dei partecipan­ti abbia “in gioco” una somma molto bassa. Infatti, tre le funzioni principali della class action c’è proprio quella di favorire la tutela anche degli interessi collettivi. Che, visti singolarme­nte, non di rado sono di infimo valore. Premesso questo, la Cassazione osserva che la class action non è obbligator­ia, quindi resta possibile promuovere azioni individual­i. Nelle quali «è palese» che manchi un limite minimo di valore, evidenteme­nte perché non sarebbe legittimo creare una disparità rispetto alla class action.

LA MASSIMA Lite per soli 11 centesimi di Iva sulle spese postali della bolletta: se non c’è limite minimo di valore, il tetto non si può desumere

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