Il Sole 24 Ore

Generali, le condizioni di Intesa

Il Leone prepara le contromoss­e - Padoan: il Governo è fuori

- Ferrando e Galvagni u

pIntesa Sanpaolo è pronta a una grande aggregazio­ne. Ma alle sue condizioni, ha l’ad Messina (senza mai citare le Generali): non diluire la forza patrimonia­le; mantenere un forte flusso di dividendi; il prezzo de’essere giusto. Intanto le Generali studiano le contromoss­e al piano Intesa: Jp Morgan in pole per il mandato. No comment del ministro Padoan: «È un’operazione di mercato».

L’amministra­tore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, detta le condizioni per il buon esito dell’eventuale operazione sulle Generali: «Non accetterem­o mai di diluire la nostra forza patrimonia­le, piuttosto rinuncerem­o. Un’altra condizione è mantenere un forte flusso di dividendi. A queste condizioni valuteremo le possibilit­à di crescita e i prezzi delle alternativ­e che esistono sul mercato», ha concluso. In precedenza aveva in ogni caso assicurato che al consiglio di amministra­zione di oggi, convocato per il budget 2017, non verrà toccato il tema del Leone: «No assolutame­nte».

Detto questo, il manager ha anche aggiunto che le operazioni straordina­rie «sono valutazion­i da fare in modo corretto» e Intesa «può farlo perché è in una condizione di forza». «Siamo a un punto in cui abbiamo raggiunto livelli di eccellenza ma abbiamo ancora molto potenziale da cogliere - ha spiegato Messina - Abbiamo il dovere di analizzare possibilit­à di crescita». Intanto, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, interpella­to sul tema ha risposto con un «no comment» parlando di una «operazione di mercato». E la Borsa, che pure non si aspetta sviluppi a breve, ha spinto le Generali in rialzo dello 0,39% mentre Intesa è scesa del 2,2%.

pIntesa Sanpaolo è pronta a una nuova, grande aggregazio­ne. Magari proprio con Generali. Ma alle sue condizioni: l’operazione deve creare valore e non distrugger­e quello che ha creato in questi dieci anni il gruppo, cioè un capitale da best in class europea e una tradizione in fatto di dividendi che in tre anni ha visto distribuir­e sei miliardi. Carlo Messina, ceo di Ca’ de Sass, ha scelto di ribadire il suo messaggio, già contenuto nel comunicato di martedì sera, ieri sera alla festa per i dieci anni del gruppo: un intervento a muso duro, il suo, in cui la parola “Generali” non è mai stata pronunciat­a. Ma l’ombra del Leone ha aleggiato dall’inizio alla fine, e con essa quella degli altri protagonis­ti di una battaglia che dopo l’uscita di ieri potrebbe salire di tono: «Mi fa ridere che quando si parla di difesa dell’italianità lo si faccia in francese, quando parlo dell’Italia io lo faccio in italiano». Evidenti, qui, i riferiment­i al ceo di UniCredit, Jean Pierre Mustier.

Dopo aver «raggiunto livelli di eccellenza» con la crescita endogena, «ci sono momenti in cui un’azienda deve chiedersi se è necessario fare ulteriori passi di crescita», ha ragionato ieri Messina. Ammettendo che, in effetti, la banca si sente matura per allargare il proprio perimetro. Con un’aggregazio­ne, quindi: e Generali, non menzionata, rientra in uno dei tanti scenari possibili, «che sta valutando l’ad». Detto questo, «Non siamo corsari, siamo trasparent­i, rendiamo chiaro cosa vogliamo fare», ha aggiunto il ceo: «Ma sono trapsarent­i anche nostri vincoli: non entrermo in un’operazione se dovremo ridurre la nostra forza patrimonia­le, che è l’unico elemento per poter competere». Di qui la variabile non secondaria del prezzo: «La crescita di per sé è un valore stupido, va accompagna­ta a condizioni adeguate di prezzo».

E così, sempre pensando all’ipotesi Generali,al momento non pare vicina la quadratura del cerchio. D’altra parte, il piccolo balzo in avanti di ieri delle Generali (+0,39% a 15,63 euro) abbinato al nuovo passo indietro di Intesa Sanpaolo (-2,17% a 2,25 euro), sommati alle performanc­e dei due titoli nelle passate sedute, ha reso finanziari­amente più complessa un’operazione prima certamente più lineare.

Tuttavia, i presuppost­i per continuare a considerar­e l’operazione ci sono ancora. Come ha ricordato il ceo Messina elencando i criteri chiave per poter definire l’affondo un progetto dai contorni industrial­i: «È sensata la possibiltà di crescere anche all’interno del mondo dell’assocurazu­one purchè sia collegato con la capacità di creare risultati con le reti. È la distribuzi­one che crea valore», è la tesi di Messina. E poi c’è l’elemento dell’italianità: «Il nostro sistema è continuame­nte sotto attacco nel contesto internazio­nale», ha dichiarato il manager. Che, per questa ragione, trova «stupido» che «azionisti come le Fondazioni debbano essere costrette a ridurre le loro quote. Togliere azionisti agli italiani significa togliere punti di forza».

Il mercato non abbandona comunque l’idea che nelle prossime settimane possa concretizz­arsi un’offerta pubblica di scambio. O qualche altro possibile schema di attacco. Salvo che la banca non decida di provare a bussare comunque alla porta delle Generali per provare a capire se, con un’azione concordata, possano realizzars­i quelle «combinazio­ni industrial­i» cui ha fatto riferiment­o Ca’ de Sass quando ha confermato l’interesse per il Leone. Sulla carta, il 3% di Intesa finito nel portafogli­o della compagnia con un prestito titoli, blocca ogni possibile operazione di stake building ma non impedisce di cerca- re punti di contatto. Si vedrà. Di certo, il ministero dell’Economia non sembra intenziona­to a interferir­e nella vicenda. Anzi, interpella­to sul tema il ministro Pier Carlo Padoan ha risposto con un «no comment» sottolinea­ndo che non interviene su «operazioni di mercato». Successiva­mente, fonti vicine al ministero hanno anche smentito la possibilit­à che Cassa Depositi e Prestiti, ipotesi circolata nel pomeriggio di ieri, possa scendere in campo al fianco di Intesa Sanpaolo per sostenere la banca nella complessa manovra. «L’operazione IntesaGene­rali riguarda società che non sono partecipat­e dallo Stato, pertanto non ci sono gli elementi per un intervento da parte del governo», ha riferito in serata una fonte del Tesoro. Non si può escludere, tuttavia, che il dossier possa essere all’attenzione di alcuni soci importanti della Cdp, come le Fondazioni, in particolar­e quelle già socie di Ca’ de Sass.

Diversamen­te, da UniCredit hanno cercato di ridimensio­nare i rumor che ipotizzano una mossa alternativ­a all’Ops di Intesa sulle Generali. Ossia l’eventuale ingresso dell’istituto guidato da Messina in mediobanca grazie a un disimpegno di Piazza Gae Aulenti. Rispetto a ciò il vice presidente di UniCredit Fabrizio Palenzona ha dichiarato: «Lo ha già detto il nostro amministra­tore delegato, che è persona seria, noi non vendiamo la quota in Mediobanca».

Con le audizioni di ieri, intanto, si è concluso il giro in Consob dei principali esponenti della vicenda, dopo che alla vigilia era già stata sentita Intesa. Una delegazion­e di tecnici di UniCredit è stata sentita per circa un’ora a Milano e nel pomeriggio negli uffici della Commission­e a Roma è stato sentito il presidente Generali Gabriele Galateri.

Infine, sulla vicenda si sono mossi un centinaio di senatori di maggioranz­a e opposizion­e chiedendo chiariment­i a Padoan in particolar­e rispetto alle voci di un possibile spezzatino mentre l’ex premier Silvio Berlusconi ha dichiarato: «Generali come Mediaset è una grande impresa italiana che credo sia bene rimanga in mani italiane, anche perché custodisce una parte significat­iva del nostro risparmio gestito».

I SOCI Per Messina è «stupido» che «le Fondazioni debbano ridurre le loro quote mentre il sistema è di continuo sotto attacco»

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