La risposta al «fattore incertezza»
Il segnale sul fronte del debito, con il prossimo avvio della seconda tranche di privatizzazione di Poste, è giusto e opportuno, anche con l’occhio rivolto alla trattativa in corso con Bruxelles. Ma il vero nodo, che rischia di strangolare la fragile ripresa in atto, è politico, e ruota attorno all’incertezza sulla durata del governo e della legislatura, dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum.
Isegnali di ieri non vanno sottovalutati. Lo spread tra Btp e Bund a quota 174 punti base, con il rendimento del decennale al 2,22%, non è una buona notizia. L’incertezza politica pesa sull’economia e sui conti pubblici in realtà da mesi, nell’approssimarsi dell’appuntamento referendario del 4 dicembre. La formazione in tempo record del nuovo governo ha solo sospeso momentaneamente questa fase di incertezza. E ora sui mercati comincia a profilarsi un atteggiamento attendista, almeno fin quando non si capirà se il voto è da mettere in conto in estate oppure in autunno, o se viceversa si andrà alla scadenza naturale della legislatura. Al momento, è arduo prevederlo. Si può solo registrare la prudenza obbligata del Colle. Di certo, se alla campagna referendaria che ha impegnato la scena politica italiana per sei mesi ora si uniranno gli effetti di una lunga, defatigante campagna elettorale dall’esito a dir poco incerto, rischieremmo su diversi fronti. Anche perché lo spettro dell’ingovernabilità – stante la situazione determinatasi in seguito alla sentenza e qualora non si intervenisse con una nuova legge elettorale – è tutt’altro che remoto. Si teme sui mercati sia l’incertezza a breve sia le incognite sullo scenario del dopo voto. Un mix molto rischioso.
Dal punto di vista politico, è del tutto evidente che un governo il cui mandato sarebbe prossimo a scadere avrebbe poche chance di condurre in porto con qualche successo (o con danni limitati) la partita in corso con Bruxelles. Dal punto di vista della politica economica di casa nostra, è altrettanto evidente che la prospettiva di elezioni a breve limiterebbe fortemente l’ambito di azione del Governo, circoscrivendolo ad una sorta di gestione ordinata degli affari correnti. Dal tono delle dichiarazioni rese ieri a Bruxelles dal Commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ben si comprendono i termini della questione. La richiesta avanzata dalla Commissione (correzione di 3,4 miliardi per ridurre il deficit strutturale) è esplicita e incontrovertibile. Si attende una risposta altrettanto esplicita entro il 1° febbraio. Il che vuol dire che nella missiva che il ministero dell’Economia sta mettendo a punto dovrà esservi anche l’indicazione di come intervenire e in quali tempi. È la correzione minima ritenuta necessaria da Bruxelles per evitare l’apertura di una procedura per deficit eccessivo, altrimenti pronta a scattare. Da Moscovici giunge conferma anche sul contenuto dell’altra trattativa in corso, quella sull’esclusione dal calcolo del deficit delle spese per il terremoto e l’ondata di maltempo abbattutasi sul paese. Sono due partite che
IL SEGNALE A BRUXELLES Il rilancio di dismissioni può giocare un ruolo nella partita con la Ue. Sullo spread pesa il nodo della durata del governo
non si intersecano, corrono parallele, e dunque la correzione sui saldi strutturali va fatta comunque. Per terremoto e maltempo scattano le “circostanze eccezionali”, che vanno a impattare sul deficit nominale ma non hanno effetti sul deficit strutturale.
Il segnale sul fronte del debito con l’avvio della privatizzazione della seconda tranche di Poste va dunque rafforzato. Occorrerebbe inviare ai mercati, agli investitori e a Bruxelles un altrettanto vigoroso segnale a breve sulla durata dell’attuale governo, così da por fine quanto meno all’incertezza. Allo stato attuale del confronto politico, l’ipotesi al momento pare alquanto remota. I mercati - si sa – guardano alle prospettive di medio periodo, alla stabilità politica e alla sostenibilità del debito. E qui interviene l’altra variabile decisiva: se – come va ripetendo il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan – la via maestra per ridurre il debito è la crescita, è ipotizzabile che il Governo riesca a spingere con misure ad hoc sull’acceleratore sul “denominatore”? La risposta è sì se può disporre di un ragionevole lasso di tempo per programmare e mettere in atto i relativi interventi. Molte incognite e poche certezze, dunque. Esattamente quel che non serve in questo momento.