Il Sole 24 Ore

La governabil­ità resta lontana

Al Senato maggioranz­a possibile solo con Pd e Fi ma alla Camera l’intesa non basterebbe

- Di Roberto D’Alimonte

Dopo la decisione della Consulta sull’Italicum le residue speranze di un esito maggiorita­rio alle prossime elezioni sono legate a due meccanismi.

Meccanismi che sono sopravviss­uti miracolosa­mente ai due interventi della Corte (gennaio 2014 e gennaio 2017). Uno è il premio di maggioranz­a alla Camera. L’altro sono le soglie di sbarrament­o al Senato. C’è chi pensa che questi meccanismi possano produrre un esito maggiorita­rio, cioè che possano trasformar­e una maggioranz­a relativa di voti in una maggioranz­a assoluta di seggi nelle due camere. Se così fosse il problema della governabil­ità del paese sarebbe risolto. Il voto deciderebb­e chi governa. E noi – incalliti dis proporzion­a listi–ne saremmo ben felici. Ma non sarà così.

Per testare il nostro pessimismo abbiamo fatto qualche simulazion­e che proponiamo qui con tutte le precauzion­i del caso. E qui il lettore ci dovrà scusare se entriamo indettagli tecnici piuttosto noiosi, ma ce lo impone il dovere della trasparenz­a. Le nostre simulazion­i combinano i dati reali delle elezioni del 2013 con i dati virtuali delle intenzioni di voto rilevati nell’ultimo sondaggio Cise-Il Sole 24 Ore dello scorso novembre. La base di calcolo è il comune. Nel sondaggio di novembre agli intervista­ti son ostati chiesti sia l’ intenzione di voto a novembre 2016 che il voto espresso nel 2013. Con questi dati il Cise ha calcolato una matrice di flussi tra il voto 2013 e l’intenzione di voto a novembre 2016. Questi flussi sono stati stimati separatame­nte per il Nord, l’ex zona rossa e il Centro-sud per tener conto delle differenze nel comportame­nto di voto. Con questi coefficien­ti di flusso per zona si sono trasformat­i i voti reali nei comuni nel 2013 nelle intenzioni di voto negli stessi comuni a novembre 2016 moltiplica­ndo in ogni comune i voti ottenuti da ciascun partito nel 2013 peri coefficien­ti di zona stimati. A questo punto si sono trasformat­i i voti in seggi usandole formule previste dalla legge elettorale( peri dati completi si veda il sito cise.luiss.it).

Per la Camera le stime sono più semplici rispetto al Senato. Se un partito arriva al 40% dei voti ottiene automatica­mente il 54% dei seggi. Questo è certamente un esito maggiorita­rio. Ma c’ è oggi un partito capace di una simile performanc­e? Un partito, o meglio una lista, non una coalizione. Alla Camera infatti le coalizioni non sono ammesse. Rebus sic stantibus, l’esito delle elezioni alla Camera sarà proporzion­ale, con gli effetti che si vedono nelle due simulazion­i in pagina. La prima fatta con la procedura descritta sopra, che probabilme­nte sottostima Ncd e Fdi e sovrastima i partiti maggiori. La seconda usando la media degli ultimi sondaggi. Il risultato è lo stesso: nessuna maggioranz­a plausibile. Nemmeno una maggioranz­a Pd, Forza Italia, Ncd. Ma il punto non è tanto questo. Alla fine una maggioranz­a risicata potrebbe anche venir fuori. Il punto è che in ogni caso la governabil­ità è a rischio. E in ogni caso, se si potrà fare un governo, dovrà tenere insieme necessaria­mente Renzi e Berlusconi.

Al Senato la situazione è più complessa e il risultato delle nostre simulazion­i è diverso, ma non troppo. Qui gli effetti maggiorita­ri sono affidati non al premio di maggioranz­a che non c’è, ma al fatto che ci sia una quota elevata di voti dispersi a causa delle soglie di sbarrament­o. Come è noto, al Senato le liste singole devono arrivare all’8% dei voti per avere seggi. Le liste in coalizione invece godono di uno sconto: basta il 3% dei voti a condizione che la coalizione di cui fanno parte arrivi al 20%. Il tutto calcolato a livello regionale. Con queste soglie alcuni partiti potrebbero prendere voti ma non prendere seggi: sarebbero voti dispersi. Più sono i voti dispersi, più sono i seggi aggiuntivi che vanno ai partiti più grandi e, quindi, più forte è l’effetto maggiorita­rio del sistema. L’ipotesi è che questo meccanismo possa produrre una maggioranz­a assoluta di seggi a favore del partito o della coalizione più votati.

Abbiamo controllat­o questa ipotesi facendo due simulazion­i con la procedura Cise. In una tutti i partiti si presentano da soli. Non sarà così. Ma lo abbiamo fatto perché questo è lo scenario in cui il voto disperso è maggiore, cioè è il caso più favorevole ai sostenitor­i dell’esito maggiorita­rio. Nell’altra simulazion­e abbiamo ipotizzato che il Pd faccia una coalizione con N cd e la Lega con F di. In entrambi i casi una maggioranz­a c’ è. E in entrambi i ca sila maggioranz­a deve comprender­e Forza Italia.

Ma per Berlusconi, che grazie al fallimento della riforma costituzio­nale, è tornato a essere un attore indispensa­bile non sono comunque tutte rose e fiori. Il Cavaliere ha davanti a sé un dilemma difficile da risolvere, come abbiamo già scritto ieri. Se alle prossime elezioni si presenta da solo per avere le mani libere dopo il voto, rischia di apparire come un perdente e quindi di prendere meno voti di quelli stimati qui. Se entra in coalizione con la Lega Nord e Fdi compromett­e la sua immagine di leader moderato e rende molto più difficile fare il governo con Renzi dopo il voto.

Questo esempio per dire che alle prossime elezioni entreranno in gioco molte variabili che possono cambiare le stime presentate qui. Ma questo esercizio non è inutile. I voti ai partiti possono essere diversi da quelli stimati qui o in altre sedi. Ma i partiti sono questi e le regole di voto sono queste (a meno che non vengano modificate). Con questi partiti e queste regole si possono anche utilizzare percentual­i divo todiverse( in un range plausibile ), mala conclusion­e è comunque la stessa: sarà difficile dare stabilità al governo nazionale, come invece è stato fatto con le riforme degli anni 90 a livello di comuni e regioni. Ci si è provato, ma è andata male.

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