E l’Italia tenta la carta delle spese «strutturali» per il sisma
pI binari alla fine potrebbero anche incrociarsi. I due capitoli al centro del confronto con l’Europa, cioè le spese «eccezionali» per il terremoto e l’aggiustamento dei nostri conti, potrebbero almeno in parte sovrapporsi considerando «strutturale» una quota delle spese aggiuntive prodotte dalla catena sismica di questi mesi. Questo, almeno, è il tentativo italiano portato avanti in questi giorni fra le pieghe del confronto con l’Europa: a preparare il terreno per un possibile compromesso in questo senso è stata giocata in particolare la carta della lettera inviata a Bruxelles nei giorni scorsi in cui il premier Paolo Gentiloni ha ribadito l’obiettivo italiano di avviare programma di prevenzione anti-sismica. In quest’ottica, la lettera farebbe emergere proprio il carattere strutturale di alcune delle spese aggiuntive create dal terremoto infinito nelle regioni centrali, riprendendo il tema che era già stato al centro del dibattito di novembre sul nostro progetto di bilancio in relazione al programma di prevenzione.
Sul piano delle dichiarazioni ufficiali, invece, i due binari restano per ora paralleli. Il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici ha escluso ieri a chiare lettere la sovrapposizione fra il dossier sisma e quello sul bilancio italiano. In altre parole, secondo Moscovici, la correzione da due decimali di Pil (3,4 miliardi) chiesta dalla Commissione dovrà essere realizzata per altre vie, senza poter sfruttare sconti prodotti dal peso aggiuntivo delle spese per il sisma. Lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, prima di iniziare i lavori dell’Eurogruppo a Bruxelles, non lo ha nella sostanza smentito: «Sappiamo bene che le spese sui migranti, come quelle sul terremoto, già nella legge di bilancio hanno un trattamento particolare che continuerà a esserci», ha ricordato.
Ma a Bruxelles c’è anche chi non è così tranchant. Ad esempio il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker non apparirebbe completamente contra- rio ad assorbire nella correzione una parte delle spese strutturali per il sisma, e una visione univoca sembra ancora da costruire. Fuori discussione da parte europea, in ogni caso, appare l’obiettivo di non far assorbire tutto lo 0,2% di aggiustamento dal capitolo terremoto. Il risultato, allora, potrebbe dividere la richiesta a metà, imponendo una mini-correzione da un decimale di Pil (gestibile con qualche ritocco contabile) e lasciando l’altro decimale al dossier sisma. Qualcosa, insomma, l’Italia dovrà fare. Ma cosa?
Anche su questo piano bisogna distinguere le mosse ufficiali dal confronto politico in corso a Roma come a Bruxelles. Sul primo versante, l’appuntamento è per mercoledì prossimo, 1° febbraio, quando il governo risponderà alle richieste Ue con una lettera in cui dovrebbe ribadire i «fattori rilevanti» che giustificherebbero lo scostamento dai target del Patto (in particolare il ciclo economico caratterizzato da bassa crescita e deflazione, che spinge in alto il peso del debito) e mettere nero su bianco la controproposta italiana. L’obiettivo rimane quello di limitare il più possibile l’aggiustamento per evitare sia una manovra correttiva vera e propria sia la procedura di infrazione. Nelle sue “controdeduzioni” Roma ribadirà l’intenzione di muoversi nelle linee che saranno tracciate ad aprile con il nuovo Def, senza ricorrere a misure straordinarie che suonerebbero come “emergenziali”. A influenzare i toni della risposta italiana sarà anche l’evoluzione del quadro politico smosso dalla sentenza della Consulta sull’Italicum, perché l’avvicinarsi delle elezioni potrebbe aumentare la spinta a evitare qualsiasi aggiustamento.