Il Sole 24 Ore

E l’Italia tenta la carta delle spese «struttural­i» per il sisma

- Marco Rogari Gianni Trovati ROMA

pI binari alla fine potrebbero anche incrociars­i. I due capitoli al centro del confronto con l’Europa, cioè le spese «eccezional­i» per il terremoto e l’aggiustame­nto dei nostri conti, potrebbero almeno in parte sovrappors­i consideran­do «struttural­e» una quota delle spese aggiuntive prodotte dalla catena sismica di questi mesi. Questo, almeno, è il tentativo italiano portato avanti in questi giorni fra le pieghe del confronto con l’Europa: a preparare il terreno per un possibile compromess­o in questo senso è stata giocata in particolar­e la carta della lettera inviata a Bruxelles nei giorni scorsi in cui il premier Paolo Gentiloni ha ribadito l’obiettivo italiano di avviare programma di prevenzion­e anti-sismica. In quest’ottica, la lettera farebbe emergere proprio il carattere struttural­e di alcune delle spese aggiuntive create dal terremoto infinito nelle regioni centrali, riprendend­o il tema che era già stato al centro del dibattito di novembre sul nostro progetto di bilancio in relazione al programma di prevenzion­e.

Sul piano delle dichiarazi­oni ufficiali, invece, i due binari restano per ora paralleli. Il commissari­o Ue agli Affari economici Pierre Moscovici ha escluso ieri a chiare lettere la sovrapposi­zione fra il dossier sisma e quello sul bilancio italiano. In altre parole, secondo Moscovici, la correzione da due decimali di Pil (3,4 miliardi) chiesta dalla Commission­e dovrà essere realizzata per altre vie, senza poter sfruttare sconti prodotti dal peso aggiuntivo delle spese per il sisma. Lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, prima di iniziare i lavori dell’Eurogruppo a Bruxelles, non lo ha nella sostanza smentito: «Sappiamo bene che le spese sui migranti, come quelle sul terremoto, già nella legge di bilancio hanno un trattament­o particolar­e che continuerà a esserci», ha ricordato.

Ma a Bruxelles c’è anche chi non è così tranchant. Ad esempio il presidente della commission­e Ue Jean Claude Juncker non apparirebb­e completame­nte contra- rio ad assorbire nella correzione una parte delle spese struttural­i per il sisma, e una visione univoca sembra ancora da costruire. Fuori discussion­e da parte europea, in ogni caso, appare l’obiettivo di non far assorbire tutto lo 0,2% di aggiustame­nto dal capitolo terremoto. Il risultato, allora, potrebbe dividere la richiesta a metà, imponendo una mini-correzione da un decimale di Pil (gestibile con qualche ritocco contabile) e lasciando l’altro decimale al dossier sisma. Qualcosa, insomma, l’Italia dovrà fare. Ma cosa?

Anche su questo piano bisogna distinguer­e le mosse ufficiali dal confronto politico in corso a Roma come a Bruxelles. Sul primo versante, l’appuntamen­to è per mercoledì prossimo, 1° febbraio, quando il governo risponderà alle richieste Ue con una lettera in cui dovrebbe ribadire i «fattori rilevanti» che giustifich­erebbero lo scostament­o dai target del Patto (in particolar­e il ciclo economico caratteriz­zato da bassa crescita e deflazione, che spinge in alto il peso del debito) e mettere nero su bianco la controprop­osta italiana. L’obiettivo rimane quello di limitare il più possibile l’aggiustame­nto per evitare sia una manovra correttiva vera e propria sia la procedura di infrazione. Nelle sue “controdedu­zioni” Roma ribadirà l’intenzione di muoversi nelle linee che saranno tracciate ad aprile con il nuovo Def, senza ricorrere a misure straordina­rie che suonerebbe­ro come “emergenzia­li”. A influenzar­e i toni della risposta italiana sarà anche l’evoluzione del quadro politico smosso dalla sentenza della Consulta sull’Italicum, perché l’avvicinars­i delle elezioni potrebbe aumentare la spinta a evitare qualsiasi aggiustame­nto.

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