Un’escalation che potrebbe sfociare in guerra commerciale
La sorpresa è stata triplice, con una escalation che nessuno poteva aspettarsi: si è partiti ieri con una polemica bilaterale fra Messico e Stati Uniti su chi avrebbe finanziato il muro di Trump al confine fra i due Paesi, si è passati per l’annullamento del viaggio del presidente messicano Enrique Pena Nieto a Washington, previsto per la settimana prossima, e poi la bomba: guerra commerciale, tariffe del 20% per tutti, non solo per il Messico. In realtà il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, non è stato chiarissimo, ma ha menzionato «160 Paesi che applicano tariffe», e ha rivelato per la prima volta in modo concreto l’idea del Presidente Trump di estendere nuove tariffe «a tutti i Paesi che vantano un surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti». Fra questi vi è certamente l’Italia, che nell’ultimo dato disponbile per un intero anno, il 2015, mostra un avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti di 27 miliardi di dollari. Per il 2016 il nostro surplus potrebbe esser ancora più elevato visto che a novembre eravamo a un surplus di 25,9 miliardi di dollari, per la fine dell’anno potremmo anche arrivare a 30 miliardi.
Tariffe di quanto dunque? Del 20%, del 10%, del 5%...«In questo momento ci concentriamo sul Messico - ha detto Spicer - ma credo che quando affronteremo la questione in modo complessivo, e in particolare per i Paesi nei confronti dei quali abbiamo un deficit commerciale, il presidente voglia affrontare in modo generale la questione, in particolare (quando abbiamo situazioni in cui, ndr) nostre compagnie lasciano il Paese e poi importano per rivendere».
Spicer parlava a bordo dell’aereo che riportava il presidente e i giornalisti a casa dopo l’intervento di Donald Trump al raduno del partito repubblicano a Filadelfia. Le sue dichiarazioni non erano chiarissime, ma sufficientemente chiare per dirci che Trump parte con il Messico, ma sta pensando a tariffe più generali. Ha colpito che una termatica di tale delicatezza - sia economica che finanziaria - potesse essere trattata con tale approssimazione. Ha anche colpito il modo confuso, approssimato e reattivo con cui si è arrivati a questa escalation che potrebbe portarci, se non ci sarà un intervento del Parlamento americano, a una vera e propria guerra commerciale. Il guaio è che anche dal Congresso vengono indicazioni in questo senso: «Non penso che la Casa Bianca stia riferendosi a un unico Paese», ha detto ieri sera Kevin Brady, presidente della commissione che sta lavorando a una riforma fiscale.
Ha colpito anche l’accelerazione degli eventi, possibile di questi tempi solo grazie all’utilizzo dei social media. Diventa a questo non solo consigliabile ma obbligatorio impedire di comunicare via internet messaggi politici esplosivi in
TARIFFE A TUTTO CAMPO? Di questa nuova Casa Bianca colpisce l’approssimazione con cui affronta temi di tale delicatezza
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Detto questo, non possiamo immaginare che Trump abbia improvvisato l’introduzione di una tariffa del 20% su tutte le importazioni messicane. Né possiamo considerare improvvisazione quello che ha detto Sean Spicer quando ha rivelato che il presidente Trump vorrebbe in secondo tempo estendere le tariffe del 20% a tutte le importazioni americane. Tutte? Incluse le importazioni del vino italiano, delle macchine utensili, della moda e dei mille prodotti che fanno l’interscambio con gli Stati Uniti d’America? Forse no. Forse ci saranno dei parametri per compensare le tariffe: l’Italia in America ha solo investito, non fa operazioni di dumping.
C’è anche da ricordare che appena due settimane fa lo stesso Trump aveva escluso l’idea di introdurre tariffe pesanti e in un’altra occasione aveva parlato di una tariffa del 10%. Comunque sia, a tentoni e fra mille incertezze si entra in un’epoca nuova. Di certo Trump non potrà imporre tariffe senza passare per il Congresso e sappiamo che molti repubblicani sono contrari a controlli del “libero mercato”. Che Trump riesca a fare un’alleanza trasversale? Tutto è possibile di questi tempi. Occorre solo tenersi forte fra le mille turbolenze di questi primi cento giorni dell’era Trump.