Il Sole 24 Ore

Retail, città medie a due ve locità

Canoni di affitto in crescita a Bolzano, Bologna e Ve rona, in calo a Genova e Bari

- Di Pa ol a D e z z a

a Un’asset class di i nvestiment­o di nicchia nel real estate, ma che dal 2014 ha ritrovato vivacità e ha catalizzat­o l’interesse di soggetti italiani ed esteri.

Ma degli 860 milioni di euro spesi per acquistare spazi nelle high street (strade dello shopping di fascia media e alta) nel 2016 (su 2,6 miliardi destinati al retail, dati Cbre), quanto è destinato alle principali città e quanto alle location più defilate?

Le città cosiddette di seconda fascia in alcuni casi, e con fatica, sono riuscite a innescare un meccanismo di recupero prima e di crescita poi. Altre sono vittime di una crisi economica che non accenna a scemare.

Il segmento degli investimen­ti nelle high street richiama investitor­i alla ricerca di rendimenti di buon livello, che possano garantire flussi di cassa stabili e che hanno trovato proprio nei negozi delle vie del lusso e dello shopping gli oggetti perfetti da tenere in un portafogli­o a reddito con una visione di medio-lungo periodo. Sono da leggere con questa ottica gli investimen­ti recenti di Hines a Milano e Firenze e quelli di investitor­i italiani nelle principali città del nostro Paese. Ma i mercati italiani viaggiano a due velocità, con le città più ricercate che distanzian­o ulteriorme­nte quelle che navigano in difficoltà. La ricerca degli investitor­i si focalizza, infatti, su trophy building a Milano, Roma, Venezia e Firenze. Ultimament­e anche Torino rientra nella rosa di location prescelte. Qui la cresci- ta dei canoni degli affitti è rallentata, ma più stabile.

«Alcune società internazio­nali guardano anche città più piccole, di seconda fascia, come Padova e Bologna, ricercate per avere un rendimento più alto (e Bologna è la seconda più cara con canoni da 2.200 euro al metro quadro all’anno in via Indipenden­za) – dice Thomas Casolo, a capo del dipartimen­to Retail in town Italia di Cushman & Wakefield –. Qui si può arrivare a un yield del 5-5,5% (4-4,5% nelle grandi città, ndr)». Nei centri piccoli si è più focalizzat­i sul mass market, visto che qui il segmento del lusso dopo un tentativo di sviluppo circa quattro anni fa ha fermato la propria espansione.

«È al nord Italia che si registra il maggior interesse per città di seconda fascia – continua Casolo –, soffrono di più le città di terza fascia, come Piacenza, Reggio Emilia e Vicenza. Si tratta di città statiche, senza crescita e con poco turn over. Nonostante si tratti di realtà sviluppate, non c’è richiesta da parte di brand e investitor­i di entrare nel mercato. Alcuni marchi internazio­nali anche di notevole importanza si sono già posizionat­i, i nuovi brand non cercano qui».

A Genova la situazione è critica. È l’unica città per lo shopping in Liguria, ma manca la ripresa industrial­e e le vendite ne soffrono. Le vie dello shopping si riducono a via XX settembre, dove le quotazioni dei canoni viaggiano sui 1.300 euro al metro quadrato all’anno (dati di Cushman & Wakefield a fine 2016).

Casolo riscontra un certo interesse per città come Bolzano, Trento e Merano, che rappresent­ano realtà importanti dal punto di vista commercial­e. E la stessa Verona si differenzi­a dalla vicina Vicenza. Sulla città dell’Arena puntano aziende internazio­nali, anche sul fronte centri commercial­i. Qui per il mese di settembre del 2017 è attesa l’apertura del centro commercial­e dello sviluppato­re Ece. E, se ottiene i per-

Valori in euro al mq l’anno (dati a dicembre 2016) messi, quello progettato da Ikea.

Il mercato diventa rarefatto dirigendos­i verso sud. In Puglia Bari, dopo un exploit prima del 2009, oggi conta molti negozi vuoti. Dopo la crisi si è verificata una flessione che ha portato alla riduzione dei canoni del 10-15%. Ma la città torna a piacere.

Napoli vive una situazione complessa. Molti brand del lusso hanno aperto in via Calabritto, poi in via dei Mille e adesso tanti marchi hanno chiuso, come Burberry. «Un colpo al mercato è arrivato dalla normativa che non permetteva pagamenti in contanti, prima oltre i mille e poi oltre 3mila euro», dice Casolo. Fa fatica a decollare via Scarlatti, considerat­a alla stregua di corso Vercelli a Milano, dove si trovano tuttora brand di medio livello. In Sicilia, Palermo ha avuto una storia simile a quella di Bari.

Nelle città di seconda fascia i canoni sono molto lontani da quelli dei grandi centri come Milano, dove in via Montenapol­eone – la sesta via più cara al mondo – si pagano 12.500 euro al metro quadro all’anno per aprire un negozio - e Roma.

«A Padova i canoni sono compresi tra 300 e 500 euro al metro quadro all’anno – dice Neda Aghabegloo, head of research & advisory di World capital group -. I tempi per affittare sono lunghi: nel semestre passato l’attesa è variata da cinque mesi (nelle migliori location) fino a dieci mesi. A Vicenza, in corso Palladio, i canoni scendono nella fascia 200-350 euro al metro all’anno. Ma qui si spuntano ampi rendimenti. Affittando spazi nelle migliori location a Padova si porta a casa il 7-9%, a Vicenza l’8-9%. Al sud, in via Etnea a Catania la forbice dei canoni è di 180-420 euro al metro annuo. In Corso Italia, più di lusso, si arriva a 260-480 euro». Neda Aghabegloo sottolinea che in queste vie non ci sono investitor­i esteri. Ad acquistare negozi sono solo soggetti locali o fondi immobiliar­i.

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