Il Sole 24 Ore

Parlamento fermo, si attendono le motivazion­i

- Barbara Fiammeri ROMA

pA prevalere per ora è l’inerzia. La parola d’ordine è «attendere le motivazion­i della Consulta». Lo conferma la decisione dell’ufficio di presidenza della commission­e Affari costituzio­nali della Camera di ieri durante il quale nessun gruppo parlamenta­re ha chiesto di calendariz­zare il confronto sulla legge elettorale. Anche al Senato tutto tace. Tant’ che anche la scelta del nuovo presidente della I commission­e chiamata a pronunciar­si sul dopo Italicum resta in stand by. Un galleggiam­ento che favorisce quanti, a partire da Matteo Renzi ma anche Grillo e Salvini, tifano per il ritorno alle urne prima dell’estate adducendo proprio lo stallo parlamenta­re. La data cerchiata in rosso dal segretario dem è l’11 giugno. Obiettivo che richiedere­bbe lo scioglimen­to delle Camere en- tro metà aprile.

Il Capo dello Stato mantiene il più stretto riserbo. Sergio Mattarella non esclude la fine anticipata della legislatur­a ma ha già detto e ripetuto che fondamenta­le è l’omogeneità del sistema di voto tra Camera e Senato per garantire maggiore stabilità al governo che verrà. Una posizione non distante da quella espressa ieri con forza dalla Cei e ribadita dal presidente del Senato Pietro Grasso che invi- ta i partiti a trovare «un’intesa» perché i due modelli sono troppo disomogene­i e mettono a rischio la «governabil­ità»e che da forza a quanti ritengono indispensa­bile un passaggio parlamenta­re. «Non è pensabile che in una democrazia sia un organo giurisdizi­onale, e non un organo legislativ­o, a scrivere la legge elettorale», conferma Silvio Berlusconi in un’intervista a «Il Foglio» oggi in edicola. Il Cavaliere vuole pren- dere tempo perché costretto a giocare in difesa . E non solo e non tanto per la nuova indagine giudiziari­a sul caso Ruby, quanto per il rischio marginaliz­zazione. Salvini e Meloni domani a Roma lanceranno il nuovo listone del centrodest­ra del quale una parte rilevante degli azzurri - a partire da Giovanni Toti che sarà con loro sul palco - non vuole essere tagliata fuori. Berlusconi però non ha alcuna intenzione di rimanere ostaggio dell’asse lepenista e vuole tornare protagonis­ta attraverso il confronto sulla legge elettorale. Una strategia che può poggia sulla consapevol­ezza che una parte significat­iva del Pd, pur rimanendo silenziosa, è tutt’altro che entusiasta di seguire Renzi nella corsa verso le urne così come anche i centristi e quanti - anche nell’opposzione - vorrebbero allontanar­e la data del voto. Non solo perché rinunciare allo scranno parlamenta­re costa sempre fatica, ma anche perché il voto con i due Consultell­um ( al Senato quello uscito dalla sentenza sul Porcellum e alla Camera quello post Italicum) rende quanto mai incerta la prospettiv­a politica. Non a caso Giuliano Pisapia, leader della nascente sinistra dialogante con il Pd, insiste sulla necessità di «intervenir­e sulla legge elettorale prima di andare al voto». Un intervento che per Romano Prodi dovrebbe concretizz­arsi nel ritorno ai collegi uninominal­i «il più possibile piccoli, da 70mila elettori» per obbligare i partiti a mettere in competizio­ne «persone di livello», al contrario di quanto avverrebbe con le preferenze.

In questo stallo, continua il pressing di Grillo che ieri ha chiesto al Capo dello Stato di «sciogliere le Camere immediatam­ente», o di esortare tutte le forze politiche ad appoggiare la proposta del M5s di estendere il sistema della Camera al Senato, convinto di poter raggiunger­e il premio del 40% previsto dall’Italicum e confermato legittimo dalla sentenza della Corte costituzio­nale. In Parlamento però anche i 5Stelle si sono ben guardati ieri dal chiedere la calendariz­zazione della legge elettorale.

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