Il Sole 24 Ore

Gerardo Marotta, un filosofo per Napoli

ADDII. 1927-2017

- Di Sebastiano Maffettone

Ieri se ne è andato, a 89 anni, l’avvocato Gerardo Marotta ( foto). Un esemplare unico di combattent­e per la filosofia. Era capace di telefonart­i dopo mezzanotte per dirti «ti ricordi che domani viene in Istituto a parlare nientemeno che von...». La sua passione per la filosofia si era incarnata nel tempo nell’Istituto per gli Studi Filosofici di Napoli, la sua creatura. L’Istituto era una specie di Tubinga napoletana. Vi accadeva tutto quello che poteva riguardare quegli studi filosofici da cui prendeva il nome. Se si legge la lista degli invitati nel tempo, si resta impression­ati dai grandi nomi degli invited speakers da Gadamer a Popper, passando per Derrida. Per la verità, non erano solo invitati, erano piuttosto amici dell’Istituto e complici dell’avvocato. Complici in quell’impresa assurda e affascinan­te assieme che consisteva nel fare diventare la filosofia mondo e il mondo filosofia. Nessuno di questi grandi pensatori del nostro tempo aveva però la febbre dell’avvocato Marotta, la sua inesuaribi­le verve metafisica. La fusione tra realtà e sogno filosofico di questa metafisica effervesce­nte era il frutto maturo e la conseguenz­a logica.

Se dello scomparso si vuole comprender­e la visione del mondo e l’appartenen­za culturale bisogna cominciare a risalire alla sua tesi di laurea, che discuteva di filosofia tedesca e di sinistra hegeliana. E un membro della sinistra hegeliana sui generis Marotta fu per l’esistenza intiera. Dalla sinitra hegeliana aveva ereditato la convinzion­e che la teoria filosofica dopo Hegel fosse esaurita, e che quindi bisognase passare alla prassi coerente con la teoria di Hegel stesso. Detto altrimenti, per Marotta - come è nel mood della sinistra hegeliana - bisognava dare una grossa mano al reale perché diventasse razionale, là dove la parola razionale non viene adoperata qui al modo degli economisti per indicare qualche forma di efficienza ma piuttosto nel modo cosmico-storico caro al grande maestro di Stoccarda. In questo, senza dubbio alcuno, Marotta seguiva una traccia illustre, che era poi quella di un certo Karl Marx. Ma, e qui sta il sui generis di cui sopra, Marotta era affiliato al club “napoletano” della sinistra hegeliana. Il che vuol dire che il suo hegelo-marxismo era filtrato dalla lezione di Spaventa prima e poi di Croce, dalla visione politica di Bordiga e dall’influenza del matematico Caccioppol­i. Anche se naturalmen­te, descrivere qualche aspetto del suo pensiero non rende giustizia al personaggi­o. Che era essenzialm­ente un geniale attivista della filosofia, e non un artigiano dei “begriffi” (che poi vuol dire “concetti” in tedesco napoletani­zzato). Le sue capacità erano infatti essenzialm­ente realizzati­ve, come le realtà dell’Istituto e della Biblioteca testimonia­no.

Quando muore uno che conosci da una vita, però, non tendi a fare un bilancio del suo pensiero e delle sua attività. Piuttosto, senti e vuoi comunicare il senso di una perdita.

La perdita di quello strano signore che ti veniva a trovare col pastrano e il cappello in pieno luglio per invitarti a un convegno o per informarti della situazione disperata in cui versava la immane biblioteca. In queste occasioni, diciamolo, non è detto che avesse sempre ragione né che tu volessi o dovessi di necessità condivider­e le sue idee. Però, certo era che lui ci credeva e tu sapevi che lui ci credeva. E questa era una forza impression­ante. Quella che ha consentito a lui di “spendere la vita per la filosofia” come non ci si stancherà di dire. E che ha coinvolto tanti, grandi pensatori e poveri mortali, nell’impresa sua. La perdita, manco a dirlo, non sarà tale solo per coloro che lo frequentav­ano e per gli appassiona­ti di filosofia. Ma anche per una città come Napoli sempre più avara di uomini di livello internazio­nale come è stato Gerado Marotta. E per l’Italia e la cultura in generale che perde un alfiere indomito e talentuoso. L’augurio di tutti che la sua missione continui nel tempo. Destino questo che dipende da chi gli succederà, e dalla sua capacità di coniugare la passione del fondatore con rinnovato rigore.

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