Gerardo Marotta, un filosofo per Napoli
ADDII. 1927-2017
Ieri se ne è andato, a 89 anni, l’avvocato Gerardo Marotta ( foto). Un esemplare unico di combattente per la filosofia. Era capace di telefonarti dopo mezzanotte per dirti «ti ricordi che domani viene in Istituto a parlare nientemeno che von...». La sua passione per la filosofia si era incarnata nel tempo nell’Istituto per gli Studi Filosofici di Napoli, la sua creatura. L’Istituto era una specie di Tubinga napoletana. Vi accadeva tutto quello che poteva riguardare quegli studi filosofici da cui prendeva il nome. Se si legge la lista degli invitati nel tempo, si resta impressionati dai grandi nomi degli invited speakers da Gadamer a Popper, passando per Derrida. Per la verità, non erano solo invitati, erano piuttosto amici dell’Istituto e complici dell’avvocato. Complici in quell’impresa assurda e affascinante assieme che consisteva nel fare diventare la filosofia mondo e il mondo filosofia. Nessuno di questi grandi pensatori del nostro tempo aveva però la febbre dell’avvocato Marotta, la sua inesuaribile verve metafisica. La fusione tra realtà e sogno filosofico di questa metafisica effervescente era il frutto maturo e la conseguenza logica.
Se dello scomparso si vuole comprendere la visione del mondo e l’appartenenza culturale bisogna cominciare a risalire alla sua tesi di laurea, che discuteva di filosofia tedesca e di sinistra hegeliana. E un membro della sinistra hegeliana sui generis Marotta fu per l’esistenza intiera. Dalla sinitra hegeliana aveva ereditato la convinzione che la teoria filosofica dopo Hegel fosse esaurita, e che quindi bisognase passare alla prassi coerente con la teoria di Hegel stesso. Detto altrimenti, per Marotta - come è nel mood della sinistra hegeliana - bisognava dare una grossa mano al reale perché diventasse razionale, là dove la parola razionale non viene adoperata qui al modo degli economisti per indicare qualche forma di efficienza ma piuttosto nel modo cosmico-storico caro al grande maestro di Stoccarda. In questo, senza dubbio alcuno, Marotta seguiva una traccia illustre, che era poi quella di un certo Karl Marx. Ma, e qui sta il sui generis di cui sopra, Marotta era affiliato al club “napoletano” della sinistra hegeliana. Il che vuol dire che il suo hegelo-marxismo era filtrato dalla lezione di Spaventa prima e poi di Croce, dalla visione politica di Bordiga e dall’influenza del matematico Caccioppoli. Anche se naturalmente, descrivere qualche aspetto del suo pensiero non rende giustizia al personaggio. Che era essenzialmente un geniale attivista della filosofia, e non un artigiano dei “begriffi” (che poi vuol dire “concetti” in tedesco napoletanizzato). Le sue capacità erano infatti essenzialmente realizzative, come le realtà dell’Istituto e della Biblioteca testimoniano.
Quando muore uno che conosci da una vita, però, non tendi a fare un bilancio del suo pensiero e delle sua attività. Piuttosto, senti e vuoi comunicare il senso di una perdita.
La perdita di quello strano signore che ti veniva a trovare col pastrano e il cappello in pieno luglio per invitarti a un convegno o per informarti della situazione disperata in cui versava la immane biblioteca. In queste occasioni, diciamolo, non è detto che avesse sempre ragione né che tu volessi o dovessi di necessità condividere le sue idee. Però, certo era che lui ci credeva e tu sapevi che lui ci credeva. E questa era una forza impressionante. Quella che ha consentito a lui di “spendere la vita per la filosofia” come non ci si stancherà di dire. E che ha coinvolto tanti, grandi pensatori e poveri mortali, nell’impresa sua. La perdita, manco a dirlo, non sarà tale solo per coloro che lo frequentavano e per gli appassionati di filosofia. Ma anche per una città come Napoli sempre più avara di uomini di livello internazionale come è stato Gerado Marotta. E per l’Italia e la cultura in generale che perde un alfiere indomito e talentuoso. L’augurio di tutti che la sua missione continui nel tempo. Destino questo che dipende da chi gli succederà, e dalla sua capacità di coniugare la passione del fondatore con rinnovato rigore.