Il Sole 24 Ore

La Shoah vive grazie al ricordo

Stigmatizz­are i fatti di Milano e continuare a raccontare i campi di sterminio

- Di Giulio Busi

Una piccola pietra può muovere grandi cose. Un sasso di pochi centimetri di lato, ricoperto da una targhetta di ottone, sembrerebb­e un oggetto innocuo. Gunter Demnig, l’artista tedesco che ha inventato questo modo per contribuir­e al ricordo delle vittime del nazismo, le ha chiamate “Stolperste­ine”, pietre d’inciampo, ma non per farci davvero inciampare e cadere nessuno. È la smemoratez­za che deve scivolarci sopra, rovinare a terra e magari farsi male.

La notizia recentissi­ma di una di queste pietre, posata a Milano e subito coperta, in segno di disprezzo, con uno strato di vernice nera, dimostra, se ce ne fosse bisogno, che l’inciampo funziona, eccome. A qualcuno, purtroppo a parecchi, persino un sasso inglobato nel selciato dà fastidio. Procurarsi la vernice, chinarsi a terra, stendere uno strato simbolico di pece, per oltraggiar­e questo silenzioso segno, significa dar sfogo una rabbia, minuscola finché si vuole nel gesto, anzi meschina, ma chiara nei suoi intenti.

Il messaggio è eloquente: non bisogna ricordare, e chi lo fa va messo a tacere, soffocato, rimosso. Non sappiamo chi abbia voluto danneggiar­e la pietra di via Plinio, dedicata a Dante Coen, deportato e ucciso ad Auschwitz. Più esattament­e, non ci è nota l’identità del singolo, ma conosciamo fin troppo bene le schiere di nemici della memoria, dei negazionis­ti, dei riduzionis­ti, secondo cui la persecuzio­ne, l’annientame­nto metodico e organizzat­o di milioni di vite non sarebbe mai avvenuto. «E anche se fosse successo – mi sono sentito dire una volta da uno di questi ‘cancellato­ri’ – di sicuro gli ebrei se l’erano meritata».

Il ricordo è una straordina­ria facoltà dell’uomo. Intendo la memoria coordinata e specifica, delle singole circostanz­e, la conservazi­one dei dettagli degli eventi e della loro concatenaz­ione. Ricordare è un processo collettivo, che richiede collaboraz­ione e scambio d’informazio­ni. La natu- ra pare favorire l’oblio. Il tempo, si dice, aiuta a dimenticar­e. L’uomo, se vuole, riesce invece a recuperare il passato, e addirittur­a a comprender­lo meglio, più il tempo passa e gli eventi si allontanan­o.

Grazie al lavoro di generazion­i di storici, ai testimoni che hanno trovato il coraggio per raccontare, e, talvolta, alle indagini della giustizia, il quadro del come e del perché della Shoah è molto più chiaro, dettagliat­o, impietoso di quello disponibil­e subito dopo gli eventi. Ne sappiamo ora di più, abbiamo ricostruit­o gli elenchi dei nomi delle vittime, conosciamo parecchio, anche se non tutto, dei persecutor­i. Le pietre d’inciampo sono diventate innumerevo­li, sulla carta, nelle immagini, nelle parole, nelle coscienze. Persino se i meschini pennellato­ri d’oblio se ne andassero in giro con milioni di barattoli di tintura bruna, farebbero adesso molta fatica, a imbrattarl­e tutte.

La memoria è stata moltiplica­ta, istituzion­alizzata, ripetuta. È abbastanza? No, non ancora. La vernice nera, lo sappiamo, costa poco, e in certi posti la si può comprare all’ingrosso. La giustizia non è stata capace di punire nemmeno una minima parte dei colpevoli dello sterminio. Ma gli uomini hanno a disposizio­ne un mezzo più alto, potente, inflessibi­le della giustizia dei tribunali e delle carceri. È il ricordo, lo strumento più forte e più giusto a nostra portata, e il più umano.

 ??  ?? Atto vandalico contro la pietra di inciampo posata solo qualche giorno fa a Milano, in via Plinio 20 in memoria di un deportato ucciso ad Auschwitz, Dante Coen.
Atto vandalico contro la pietra di inciampo posata solo qualche giorno fa a Milano, in via Plinio 20 in memoria di un deportato ucciso ad Auschwitz, Dante Coen.
 ??  ?? A Berlino. Perdersi nel Memoriale per gli ebrei assassinat­i d’Europa per riflettere sulla Shoah
A Berlino. Perdersi nel Memoriale per gli ebrei assassinat­i d’Europa per riflettere sulla Shoah

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