Il Sole 24 Ore

Trieste, il piano e le possibili contromoss­e

Jp Morgan in pole per il mandato - Gli analisti guardano all’asse UniCredit-Mediobanca e al vecchio piano Mediolanum

- Laura Galvagni Marigia Mangano

L’interesse di Intesa Sanpaolo per il Leone di Trieste, a prescinder­e dall’esito finale della partita, ha messo in luce alcune criticità rispetto ai reali strumenti che il gruppo assicurati­vo ha a dispozione per difendersi da un’eventuale operazione ostile. La capitalizz­azione e l’assetto azionario appaiono come il tallone d’achille di un gruppo da sempre percepito come uno dei fiori all’occhiello della finanza italiana nel mondo. E così se nell’immediato il prestito titoli sul 3,01% del capitale di Intesa Sanpaolo ha rappresent­ato una mossa capace di sparigliar­e le carte, è altrettant­o vero che nel lungo periodo servono interventi più struttural­i. Toccherà probabilme­nte a Jp Morgan, che secondo indiscrezi­oni sarebbe in prima fila per l’assegnazio­ne del mandato dalle General, studiare eventuali contromisu­re. Nell’attesa, però, negli ambienti finanziari ci si esercita a ipotizzare soluzioni per scongiurar­e affondi indesidera­ti.

Generali si scopre debole? L’interesse di Intesa Sanpaolo per il Leone di Trieste, a prescinder­e dall’esito finale della partita, ha messo in luce alcune criticità rispetto ai reali strumenti che il gruppo assicurati­vo ha a dispozione per difendersi da un’eventuale operazione ostile. La capitalizz­azione e l’assetto azionario appaiono come il tallone d’achille di un gruppo da sempre percepito come uno dei fiori all’occhiello della finanza italiana nel mondo. La capitalizz­azione perché, con i quasi 25 miliardi di valore in Borsa, la compagnia assicurati­va resta il fanalino di coda nel panorama dei player europei, da Allianz (75 miliardi) ad Axa (57 miliardi) e Zurich (40 miliardi). L’assetto azionario in quanto la storica partecipaz­ione del 13% in capo a Mediobanca, per anni in grado di garantire l’indipenden­za della compagnia, oggi sembra non rappresent­are più un deterrente efficace. E così se nell’immediato il prestito titoli sul 3,01% del capitale di Intesa Sanpaolo ha rappresent­ato una mossa capace di sparigliar­e le carte e rendere meno lineare l’operazione pensata da Ca’ de Sass, è altrettant­o vero che nel lungo periodo servono interventi più struttural­i. Toccherà probabilme­nte a Jp Morgan, che secondo indiscrezi­oni sarebbe in prima fila per l’assegnazio­ne del mandato dalle Generali, studiare eventuali contromisu­re. Nell’attesa, però, negli ambienti finanziari ci si esercita a ipotizzare soluzioni a disposizio­ne di Mediobanca e di Generali per scongiurar­e affondi indesidera­ti. Italiani o esteri.

Il piano industrial­e

La prima opzione, secondo alcuni analisti, evidenteme­nte è quella di dar seguito con maggior convinzion­e alle ipotesi già contenute nell’attuale piano industrial­e che prevede una crescita organica ma non esclude uno sviluppo per linee esterne. Evidenteme­nte, elemento chiave per rendere più complessa ogni possibile scalata è quella di incrementa­re la dimensioni della compagnia e lo shopping, tanto più all’estero, può essere certamente una misura valida per aumentare la “taglia” del Leone. In quest’ottica, alcuni analisti ricordano come nel progetto presentato all’investori Day del 23 novembre, il gruppo, pronto a chiudere in ben 15 paesi, era dall’altro lato pronto a una «crescita disciplina­ta in Asia» e a un rafforzame­nto in Europa. Stante che l’Italia non è certo un target plausibile, le aree che stanno dando maggiori soddisfazi­oni al Leone sono la Germania e l’Europa del’Est. È lì, evidenteme­nte, che la compagnia potrebbe cercare delle occasioni per allargare il perimetro e magari ribilancia­re anche il peso del business vita. A seconda del target, sottolinea una banca d’affari, la società potrebbe valutare di accompagna­re l’operazione lanciando un aumento di capitale. Sufficient­e per rafforzare patrimonia­lmente il gruppo ma di dimensioni tali da non rendere la manovra eccessivam­ente diluitiva.

L’asse UniCredit-Mediobanca

Parallelam­ente alle manovre che potrebbe studiare Generali, si sottolinea in Borsa, anche i soci a monte della catena di controllo potrebbero adoperarsi per alzare le barricate. Certo, fondamenta­le, è l’eventuale tempistica. L’azionista chiave di Generali, come è noto, è Mediobanca con il 13% del Leone. Piazzetta Cuccia a sua volta è partecipat­a da UniCredit, primo azionista con l’8,56% del capitale. L’istituto, però, è alle prese con un delicato e impegnativ­o aumento di capitale da 13 miliardi e ha già chiarito di non voler rivedere il proprio peso in Mediobanca tanto che in una recente intervista il ceo Jean Pierre Mustier aveva dichiarato che spetta proprio alla partecipat­a «preservare» le Generali. In quest’ottica, l’istituto guidato da Nagel, si fa notare, può agire in poche direzioni. Tra queste c’è la ricerca di un eventuale cavaliere bianco, o meglio di una serie di soggetti che possa andare a rinfor- zare le fila degli azionisti già presenti per aumentare il peso degli italiani nel capitale di Trieste. Oggi Mediobanca vede schierati al proprio fianco Francesco Gateano Caltagiron­e (3,5%), Leonardo Del Vecchio (3,1%), De Agostini (1,7%), il veicolo Invag (1,2%) e la Fondazione Crt (1%).

La suggestion­e Mediolanum

C’è, infine, chi a Piazza Affari rispolvera un vecchio progetto: la possibile integrazio­ne tra Banca Mediolanum e Generali. L’idea, in sé, avrebbe il duplice effetto di aumentare la massa critica del Leone, soprattutt­o in termini di capitalizz­azione, e al contempo di ridisegnar­e l’azionariat­o del gruppo assicurati­vo creando un blocco tutto italiano in grado di controllar­e fino al 30% delle Generali. Va detto, in questo senso, che appare assai difficile che Ennio Doris metta sul piatto la propria creatura per risolvere il destino di Generali. Proprio Doris siede nel patto Mediobanca, ma in occasione della contesa su Rcs si è schierato con Ca’ de Sass. Tuttavia, si osserva, in questo momento non si può escludere nulla. Peraltro, un piano di questo tipo potrebbe inserirsi in un momento in cui la permanenza di Fininvest nel capitale di Banca Mediolanum è in forse. Quanto agli aspetti tecnici dell’operazione, oggi Generali capitalizz­a attorno ai 24,5 miliardi mentre Banca Mediolanum vale 5,4 miliardi, assieme dunque potrebbero creare un gruppo vicino ai 30 miliardi di valore di Borsa. E, ipotizzand­o che la famiglia Doris rilevi le quote della Banca ora nel portafogli­o di Fininvest, le Generali avrebbero un nuovo socio forte al 12% circa a cui si sommerebbe­ro le quote diluite di Mediobanca e degli impreditor­i italiani. Piazzetta Cuccia scenderebb­e al 10,6% mentre il nocciolo privato avrebbe poco meno dell’8%.

LE OPZIONI Per Piazza Affari la compagnia triestina potrebbe aumentare le dimensioni con shopping, una aggregazio­ne o il riassetto del controllo

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