Trieste, il piano e le possibili contromosse
Jp Morgan in pole per il mandato - Gli analisti guardano all’asse UniCredit-Mediobanca e al vecchio piano Mediolanum
L’interesse di Intesa Sanpaolo per il Leone di Trieste, a prescindere dall’esito finale della partita, ha messo in luce alcune criticità rispetto ai reali strumenti che il gruppo assicurativo ha a dispozione per difendersi da un’eventuale operazione ostile. La capitalizzazione e l’assetto azionario appaiono come il tallone d’achille di un gruppo da sempre percepito come uno dei fiori all’occhiello della finanza italiana nel mondo. E così se nell’immediato il prestito titoli sul 3,01% del capitale di Intesa Sanpaolo ha rappresentato una mossa capace di sparigliare le carte, è altrettanto vero che nel lungo periodo servono interventi più strutturali. Toccherà probabilmente a Jp Morgan, che secondo indiscrezioni sarebbe in prima fila per l’assegnazione del mandato dalle General, studiare eventuali contromisure. Nell’attesa, però, negli ambienti finanziari ci si esercita a ipotizzare soluzioni per scongiurare affondi indesiderati.
Generali si scopre debole? L’interesse di Intesa Sanpaolo per il Leone di Trieste, a prescindere dall’esito finale della partita, ha messo in luce alcune criticità rispetto ai reali strumenti che il gruppo assicurativo ha a dispozione per difendersi da un’eventuale operazione ostile. La capitalizzazione e l’assetto azionario appaiono come il tallone d’achille di un gruppo da sempre percepito come uno dei fiori all’occhiello della finanza italiana nel mondo. La capitalizzazione perché, con i quasi 25 miliardi di valore in Borsa, la compagnia assicurativa resta il fanalino di coda nel panorama dei player europei, da Allianz (75 miliardi) ad Axa (57 miliardi) e Zurich (40 miliardi). L’assetto azionario in quanto la storica partecipazione del 13% in capo a Mediobanca, per anni in grado di garantire l’indipendenza della compagnia, oggi sembra non rappresentare più un deterrente efficace. E così se nell’immediato il prestito titoli sul 3,01% del capitale di Intesa Sanpaolo ha rappresentato una mossa capace di sparigliare le carte e rendere meno lineare l’operazione pensata da Ca’ de Sass, è altrettanto vero che nel lungo periodo servono interventi più strutturali. Toccherà probabilmente a Jp Morgan, che secondo indiscrezioni sarebbe in prima fila per l’assegnazione del mandato dalle Generali, studiare eventuali contromisure. Nell’attesa, però, negli ambienti finanziari ci si esercita a ipotizzare soluzioni a disposizione di Mediobanca e di Generali per scongiurare affondi indesiderati. Italiani o esteri.
Il piano industriale
La prima opzione, secondo alcuni analisti, evidentemente è quella di dar seguito con maggior convinzione alle ipotesi già contenute nell’attuale piano industriale che prevede una crescita organica ma non esclude uno sviluppo per linee esterne. Evidentemente, elemento chiave per rendere più complessa ogni possibile scalata è quella di incrementare la dimensioni della compagnia e lo shopping, tanto più all’estero, può essere certamente una misura valida per aumentare la “taglia” del Leone. In quest’ottica, alcuni analisti ricordano come nel progetto presentato all’investori Day del 23 novembre, il gruppo, pronto a chiudere in ben 15 paesi, era dall’altro lato pronto a una «crescita disciplinata in Asia» e a un rafforzamento in Europa. Stante che l’Italia non è certo un target plausibile, le aree che stanno dando maggiori soddisfazioni al Leone sono la Germania e l’Europa del’Est. È lì, evidentemente, che la compagnia potrebbe cercare delle occasioni per allargare il perimetro e magari ribilanciare anche il peso del business vita. A seconda del target, sottolinea una banca d’affari, la società potrebbe valutare di accompagnare l’operazione lanciando un aumento di capitale. Sufficiente per rafforzare patrimonialmente il gruppo ma di dimensioni tali da non rendere la manovra eccessivamente diluitiva.
L’asse UniCredit-Mediobanca
Parallelamente alle manovre che potrebbe studiare Generali, si sottolinea in Borsa, anche i soci a monte della catena di controllo potrebbero adoperarsi per alzare le barricate. Certo, fondamentale, è l’eventuale tempistica. L’azionista chiave di Generali, come è noto, è Mediobanca con il 13% del Leone. Piazzetta Cuccia a sua volta è partecipata da UniCredit, primo azionista con l’8,56% del capitale. L’istituto, però, è alle prese con un delicato e impegnativo aumento di capitale da 13 miliardi e ha già chiarito di non voler rivedere il proprio peso in Mediobanca tanto che in una recente intervista il ceo Jean Pierre Mustier aveva dichiarato che spetta proprio alla partecipata «preservare» le Generali. In quest’ottica, l’istituto guidato da Nagel, si fa notare, può agire in poche direzioni. Tra queste c’è la ricerca di un eventuale cavaliere bianco, o meglio di una serie di soggetti che possa andare a rinfor- zare le fila degli azionisti già presenti per aumentare il peso degli italiani nel capitale di Trieste. Oggi Mediobanca vede schierati al proprio fianco Francesco Gateano Caltagirone (3,5%), Leonardo Del Vecchio (3,1%), De Agostini (1,7%), il veicolo Invag (1,2%) e la Fondazione Crt (1%).
La suggestione Mediolanum
C’è, infine, chi a Piazza Affari rispolvera un vecchio progetto: la possibile integrazione tra Banca Mediolanum e Generali. L’idea, in sé, avrebbe il duplice effetto di aumentare la massa critica del Leone, soprattutto in termini di capitalizzazione, e al contempo di ridisegnare l’azionariato del gruppo assicurativo creando un blocco tutto italiano in grado di controllare fino al 30% delle Generali. Va detto, in questo senso, che appare assai difficile che Ennio Doris metta sul piatto la propria creatura per risolvere il destino di Generali. Proprio Doris siede nel patto Mediobanca, ma in occasione della contesa su Rcs si è schierato con Ca’ de Sass. Tuttavia, si osserva, in questo momento non si può escludere nulla. Peraltro, un piano di questo tipo potrebbe inserirsi in un momento in cui la permanenza di Fininvest nel capitale di Banca Mediolanum è in forse. Quanto agli aspetti tecnici dell’operazione, oggi Generali capitalizza attorno ai 24,5 miliardi mentre Banca Mediolanum vale 5,4 miliardi, assieme dunque potrebbero creare un gruppo vicino ai 30 miliardi di valore di Borsa. E, ipotizzando che la famiglia Doris rilevi le quote della Banca ora nel portafoglio di Fininvest, le Generali avrebbero un nuovo socio forte al 12% circa a cui si sommerebbero le quote diluite di Mediobanca e degli impreditori italiani. Piazzetta Cuccia scenderebbe al 10,6% mentre il nocciolo privato avrebbe poco meno dell’8%.
LE OPZIONI Per Piazza Affari la compagnia triestina potrebbe aumentare le dimensioni con shopping, una aggregazione o il riassetto del controllo