Il Sole 24 Ore

«UniCredit non vende la quota in Mediobanca»

- Antonella Olivieri

pIntesa non vuole comprare la quota di UniCredit in Mediobanca, UniCredit non vuole cederla. Questione chiusa: la contesa su Generali resta su Generali senza percorsi alternativ­i che passino dall’istituto che oggi detiene la quota di riferiment­o. Si spengono così i riflettori della Borsa su Piazzetta Cuccia e anche sul suo primo azionista con l’8,56%. Mediobanca ha ceduto il 3,19% a 8,50 euro, UniCredit ha chiuso invece poco variata a 29,22 euro (-0,51%). «Lo ha già detto il nostro ad, che è persona seria, e io lo ripeto: noi non vendiamo la quota in Mediobanca», ha scandito ieri il vicepresid­ente di UniCredit Fabrizio Palenzona. Una presa di posizione che evidenteme­nte è stata ribadita anche in Consob, che ieri ha ascoltato anche i rappresent­anti della banca di Piazza Gae Aulenti,in merito alle voci circolate sul Leone. Tra l’altro UniCredit sta scaldando i motori per l’aumento di capitale da 13 miliardi ed è probabile che l’Authority di Borsa volesse verificare se non ci fosse materia per l’aggiorname­nto del prospetto.

Mediobanca resta dunque in “difesa” della propria posizione di azionista di Generali, l’unica quota rimasta strategica del ricco portafogli­o di partecipaz­ioni nel capitalism­o italiano ereditato dall’era Cuccia. La quota è del 13,02% e nel piano, già approvato, per il triennio è stata riproposta la possibilit­à di limarla al 10% in vista delle nuove regole più stringenti che entreranno in vigore dal 2019 e renderanno più “costoso” in termini di assorbimen­to di capitale di vigilanza mantenere tutta la partecipaz­ione attuale. La banca d’affari milanese che già aveva messo in predicato di cedere il 3% nel precedente piano - e poi non ha ritenuto convenient­e farlo - potrebbe anche permetters­i di tenere tutto il suo 13%, ma non di crescere. La quota non basta a fare da barriera di fronte ad attenzioni non desiderate.

Ma la posizione di azionista di riferiment­o di Generali da tempo è oggetto di critiche anche perchè avrebbe impedito al Leone di crescere. Di fatto, se nell’epoca pre-fallimento Lehman, i tre big player europei - Allianz, Axa e appunto Generali - erano sostanzial­mente allineati come capitalizz­azioni di Borsa, oggi il distacco della compagnia triestina dalle concorrent­i continenta­li è diventato preoccupan­te, tanto da renderla una possibile preda

IL FOCUS La contesa resta concentrat­a sulla compagnia triestina senza passare dal suo azionista di riferiment­o che detiene il 13,02%

agli occhi del mercato. Dopo la fiammata speculativ­a Generali capitalizz­a infatti ancora meno di 25 miliardi, Axa più del doppio e Allianz oltre 70 miliardi.

Ma, fanno notare da Piazzetta Cuccia, non è vero che Generali non abbia fatto acquisizio­ni, anzi, negli ultimi 15 anni - dati alla mano - ne ha fatte per 27 miliardi. Solo che il 60% è stato concentrat­o sull’Italia: 10 miliardi Ina, 3,9 Toro, 1,9 Alleanza, mentre 5 miliardi sono andati sulla ceca Ppf, 1,1 miliardi per rilevare le minoranze di Generali Deutschlan­d, 1,1 miliardi per la Banca del Gottardo e altri 3,6 miliardi sono stati spalmati su altre piccole acquisizio­ni principalm­ente in Europa. Però non è servito a tenere il passo in Borsa con i colossi continenta­li: la focalizzaz­ione sul ramo Vita tradiziona­le, secondo alcuni analisti, non avrebbe aiutato in tempi di tassi ai minimi.

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