«UniCredit non vende la quota in Mediobanca»
pIntesa non vuole comprare la quota di UniCredit in Mediobanca, UniCredit non vuole cederla. Questione chiusa: la contesa su Generali resta su Generali senza percorsi alternativi che passino dall’istituto che oggi detiene la quota di riferimento. Si spengono così i riflettori della Borsa su Piazzetta Cuccia e anche sul suo primo azionista con l’8,56%. Mediobanca ha ceduto il 3,19% a 8,50 euro, UniCredit ha chiuso invece poco variata a 29,22 euro (-0,51%). «Lo ha già detto il nostro ad, che è persona seria, e io lo ripeto: noi non vendiamo la quota in Mediobanca», ha scandito ieri il vicepresidente di UniCredit Fabrizio Palenzona. Una presa di posizione che evidentemente è stata ribadita anche in Consob, che ieri ha ascoltato anche i rappresentanti della banca di Piazza Gae Aulenti,in merito alle voci circolate sul Leone. Tra l’altro UniCredit sta scaldando i motori per l’aumento di capitale da 13 miliardi ed è probabile che l’Authority di Borsa volesse verificare se non ci fosse materia per l’aggiornamento del prospetto.
Mediobanca resta dunque in “difesa” della propria posizione di azionista di Generali, l’unica quota rimasta strategica del ricco portafoglio di partecipazioni nel capitalismo italiano ereditato dall’era Cuccia. La quota è del 13,02% e nel piano, già approvato, per il triennio è stata riproposta la possibilità di limarla al 10% in vista delle nuove regole più stringenti che entreranno in vigore dal 2019 e renderanno più “costoso” in termini di assorbimento di capitale di vigilanza mantenere tutta la partecipazione attuale. La banca d’affari milanese che già aveva messo in predicato di cedere il 3% nel precedente piano - e poi non ha ritenuto conveniente farlo - potrebbe anche permettersi di tenere tutto il suo 13%, ma non di crescere. La quota non basta a fare da barriera di fronte ad attenzioni non desiderate.
Ma la posizione di azionista di riferimento di Generali da tempo è oggetto di critiche anche perchè avrebbe impedito al Leone di crescere. Di fatto, se nell’epoca pre-fallimento Lehman, i tre big player europei - Allianz, Axa e appunto Generali - erano sostanzialmente allineati come capitalizzazioni di Borsa, oggi il distacco della compagnia triestina dalle concorrenti continentali è diventato preoccupante, tanto da renderla una possibile preda
IL FOCUS La contesa resta concentrata sulla compagnia triestina senza passare dal suo azionista di riferimento che detiene il 13,02%
agli occhi del mercato. Dopo la fiammata speculativa Generali capitalizza infatti ancora meno di 25 miliardi, Axa più del doppio e Allianz oltre 70 miliardi.
Ma, fanno notare da Piazzetta Cuccia, non è vero che Generali non abbia fatto acquisizioni, anzi, negli ultimi 15 anni - dati alla mano - ne ha fatte per 27 miliardi. Solo che il 60% è stato concentrato sull’Italia: 10 miliardi Ina, 3,9 Toro, 1,9 Alleanza, mentre 5 miliardi sono andati sulla ceca Ppf, 1,1 miliardi per rilevare le minoranze di Generali Deutschland, 1,1 miliardi per la Banca del Gottardo e altri 3,6 miliardi sono stati spalmati su altre piccole acquisizioni principalmente in Europa. Però non è servito a tenere il passo in Borsa con i colossi continentali: la focalizzazione sul ramo Vita tradizionale, secondo alcuni analisti, non avrebbe aiutato in tempi di tassi ai minimi.