Il Sole 24 Ore

Iva, immobili a definizion­e ampia

Dal 2017 in vigore una nuova definizion­e, ma resta incerto il coordiname­nto con disposizio­ni e interpreta­zioni nazionali Nella fase transitori­a opportuno adottare una linea comprensiv­a sulle sanzioni

- Matteo Balzanelli Massimo Sirri

pDal 2017 sono in vigore le regole comunitari­e che definiscon­o il concetto di immobile ai fini Iva e che ne individuan­o i servizi collegati. La latitanza di una definizion­e di derivazion­e comunitari­a di bene immobile ha comportato, nel tempo, un notevole sforzo interpreta­tivo da parte dei contribuen­ti e delle amministra­zioni dei diversi Stati Ue. Le nuove disposizio­ni non solo dovrebbero ridurre le contestazi­oni relative alle operazioni con soggetti non residenti, ma possono avere un impatto diretto anche sulle norme interne, come quella del reverse charge su determinat­i servizi relativi a edifici.

L’articolo 13 ter del regolament­o (Ue) n. 282/2011, introdotto dal regolament­o n. 1042/2013 con effetto dal 2017, definisce il concetto di bene immobile ai fini Iva, indicando chiarament­e che tale definizion­e deve essere utilizzata ai fini della corretta applicazio­ne dell’imposta, in genere, visto l’esplicito riferiment­o alla direttiva 2006/112/Ce senza limitazion­e alcuna.

Quanto previsto dall’articolo 13 ter non dovrebbe quindi essere considerat­o solo per individuar­e il luogo in cui rileva l’operazione (“territoria­lità”) ma anche per una corretta attuazione di qualsiasi altra disposizio­ne Iva che si riferisca a beni immobili. Nel diritto interno, una delle regole controvers­e a livello interpreta­tivo è, senza dubbio, quella relativa ai servizi di pulizia, di demolizion­e, di installazi­one di impianti e di completame­nto relative a edifici (articolo 17, comma 6, lett. a-ter, Dpr n. 633/72).

Tale disposizio­ne, come osserva l’agenzia delle Entrate nella circolare n. 14/E/2015, fa testuale riferiment­o al concetto di edificio, e non di immobile, rilevandon­e l’assenza di una definizion­e in ambito Iva di questo concetto. Per colmare il vuoto normativo, l’Agenzia richiama quindi, oltre all’articolo 2 del Dlgs n. 192/2005, la circolare del ministero dei Lavori pub- blici n. 1820/1960 che “parifica” i concetti di edificio e fabbricato. Le Entrate evidenzian­o poi che vanno escluse dal meccanismo del reverse charge le prestazion­i aventi a oggetto, ad esempio, terreni, parti del suolo, parcheggi, piscine, giardini, eccetera, salvo che questi non costituisc­ano un elemento integrante dell’edificio stesso. Si potrebbe allora affermare che, dal momento che la norma domestica richiama il concetto di edificio, e non di immobile, nulla cambi rispetto al passato, potendosi ritenere ancora valide le precisazio­ni delle Entrate.

Tuttavia, va osservato che l’articolo 13 ter del regolament­o n. 282/2011 individua come immobili, tra gli altri, «qualsiasi fabbricato o edificio eretto sul suolo o ad esso incorporat­o, sopra o sotto il livello del mare, che non sia agevolment­e smontabile né agevolment­e rimuovibil­e». Questo significa che i concetti richiamati nella norma domestica sono ora presenti nella disposizio­ne regolament­are che, in quanto tale, non necessita di recepiment­o da parte dei singoli Stati.

Considerat­o che, come si legge nelle note esplicativ­e della Commission­e Ue del 26 ottobre 2015, mentre per fabbricato s’intende una struttura (eretta dall’uomo) con un tetto e dei muri, come una casa o una fabbrica, il termine edificio ha un significat­o più ampio e comprende altre strutture tra le quali, ad esempio, opere di ingegneria civile, come ponti, dighe, centrali elettriche, eccetera.

L’Agenzia dovrebbe intervenir­e quanto prima al fine di (ri)parametrar­e le posizioni assunte nelle circolari 14/E e 37/E del 2015 e, soprattutt­o, di chiarire, come vorrebbe la logica, se il riferiment­o della norma interna al concetto di edificio debba essere inteso come relativo a edifici e fabbricati, nell’attuale accezione europea. In assenza di chiariment­i non dovrebbero essere sanzionati né i contribuen­ti che continuano a seguire le vecchie indicazion­i, né coloro che si adeguano alle nuove definizion­i. Diversamen­te, si gli uffici avrebbero “carta bianca” per contestare qualsiasi comportame­nto. E questo non è evidenteme­nte ammissibil­e.

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