Il Sole 24 Ore

Lettere d’intento, valore «presunto» per acquisti detassati

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pL’esportator­e abituale che invia la lettera d’intento al proprio fornitore per effettuare acquisti detassati fino a un certo ammontare indica un valore presunto, e non un dato puntuale. In questo senso pare doversi intendere quanto chiarito dalle Entrate in risposta al parlamenta­re Filippo Busin al question time di ieri alla commission­e Finanze della Camera.

La nuova dichiarazi­one d’intento (approvata con provvedime­nto 213221/2016) va utilizzata per gli acquisti effettuati (in senso Iva) dopo il 28 febbraio. Tuttavia, secondo quanto confermato con la risoluzion­e n. 120/E/2016, restano valide le dichiarazi­oni presentate sul vecchio modello per le quali la detassazio­ne è stata richiesta per una sola operazione o fino a concorrenz­a di un importo, per gli acquisti effettuati dal 1° marzo 2017, non dovendosi procedere, in tali casi, alla presentazi­one di un’ulteriore dichiarazi­one d’intento con il nuovo modello. Qualora l’esportator­e abituale, nel medesimo anno, intenda acquistare senza Iva per un importo superiore a quello inserito nella dichiarazi­one d’intento presentata deve produrne una nuova, indicando l’ulteriore ammontare entro cui intende continuare a utilizzare il plafond Iva.

Con il question time in oggetto è stato chiesto di fornire ulteriori chiariment­i in merito al corretto importo del plafond da indicare nelle singole lettere d’intento da inviare ai fornitori.

L’agenzia delle Entrate, dapprima, conferma che questo importo corrispond­e all’ammontare fino a concorrenz­a del quale si intende utilizzare il plafond. In seconda battuta, afferma che nel campo 2 del modello (nel quale, in sostanza, si indica l’ammontare “spendibile” su più operazioni) il dato corrispond­e a «un valore presunto, pari alla quota parte del proprio plafond che si stima venga utilizzato nel corso dell’anno nei confronti di quel determinat­o fornitore o all’importazio­ne».

Ciò che pare doversi desumere, tuttavia, è sempliceme­nte il fatto che l’importo segnalato non costituisc­e un dato puntuale, bensì un dato “indicativo”, oltre il quale le operazioni devono essere assoggetta­te a Iva da parte del fornitore, salva la possibile “integrazio­ne” mediante rilascio di una nuova lettera d’intento.

Pare poi opportuno rilevare che, nonostante la finalità chiarifica­trice dell’intervento, la particolar­e formulazio­ne del medesimo potrebbe indurre a erronee consideraz­ioni. In particolar­e, non pare pertinente il riferiment­o alle complicazi­oni di calcolo derivanti dall’utilizzo del plafond mobile (di cui l’interrogan­te non fa menzione): l’indicazion­e del valore entro cui acquistare senza Iva non dipende, infatti, dalla metodologi­a di calcolo del plafond adottata. Inoltre, pare superfluo, se non quasi fuorviante, il riferiment­o alla «quota parte del proprio plafond». In effetti, non dovrebbe intendersi, salvo diverso (ma inequivoco) orientamen­to, che il plafond disponibil­e debba essere (perfettame­nte) “spalmato” sulle dichiarazi­oni d’intento, con evidenti limitazion­i e ulteriori complicazi­oni nell’utilizzo dello stesso, bensì che sulla singola lettera d’intento si può indicare solo un valore entro il totale disponibil­e. Peraltro, nulla vieta, in teoria, che in caso di plafond pari a 100 vengano inviate lettere d’intento a diversi fornitori indicando 100 come valore “soglia” su ciascuna. Bisognerà sempliceme­nte fare attenzione nell’evitare lo splafoname­nto gestendo, eventualme­nte, le revoche delle dichiarazi­oni.

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