Il Sole 24 Ore

Per il coimputato assolto la testimonia­nza è libera

Le dichiarazi­oni rese in aula hanno piena attendibil­ità

- Alessandro Galimberti

pPiena attendibil­ità delle dichiarazi­oni rese dal coimputato prosciolto con la formula liberatori­a «perché il fatto non sussiste ». La Consulta con la sentenza 21/2017 depositata ieri, innescata dal tribunale monocratic­o di Macerata nell’ambito di una vicenda di droga, ha eliminato la situazione ambigua determinat­a nel 2006 da una precedente sentenza della Corte costituzio­nale. In quella decisione (sentenza 381) i giudici avevano differenzi­ato la posizione del teste già coimpu- tato o imputato in procedimen­to connesso nel frattempo sollevato dagli addebiti e assolto con sentenza definitiva, «per non aver commesso il fatto», stabilendo che quel tipo di testimone doveva essere apprezzato «liberament­e» e non invece con il vincolo degli «altri elementi di prova che ne confermano l’attendibil­ità», vincolo riservato ai coimputati.

Secondo la Consulta, non c’è ragione per non estendere oggi il giudizio di “neutralità” della testimonia­nza dell’ex coimputato a chi è stato nel frattempo assolto «perché il fatto non sussiste» formula, a voler esser precisi, certo non di minor portata rispetto al «non aver commesso il fatto». In entrambi i casi, sottolinea la Corte, l’indifferen­za – cioè la mancanza di interesse – del dichiarant­e rispetto ai fatti per cui si procede è identica e quindi non è ragionevol­e mantenere un diverso regime (l’assistenza dell’avvocato) e soprattutt­o una diversa valutazion­e della prova, che ha minor pregio quando si ritiene “contaminat­a” dal ruolo di coimputato. In sostanza, argomenta l’estensore, se l’ex imputato in procedimen­to connesso viene assolto definitiva­mente «perché il fatto non sussiste» le sue dichiarazi­oni dovranno essere considerat­e alla stregua di quelle di un teste neutro “ab origine”.

Nel caso che ha innescato la Consulta, la Procura nell’ambito di un processo a più imputati per detenzione di droga a fini di spaccio aveva portato in aula un teste già imputato in un altro troncone ma poi assolto per la scriminant­e dell’uso personale; questa testimonia­nza accusatori­a non sarebbe però bastata alla condanna dei 3 presunti soci in quanto era l’unica “arma” rimasta all’accusa.

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