Il Sole 24 Ore

Matrimonio d’interesse transatlan­tico

- di Leonardo Maisano

Siediti e scrivi. Francament­e era legittimo aspettarsi un gag alla Totò e Peppino andare in scena alla Casa Bianca nel corso della visita del premier britannico Theresa May al presidente Trump. Lui in piedi a dettare e lei china a scrivere i termini di un’intesa commercial­e che vede Londra nuda e fragile alla meta: in uscita dall’Ue e alla disperata ricerca di un nuovo partner forte. E l’America è l’unico possibile, quando l’Europa sfuma.

Le aspettativ­e, almeno in parte, sono andate deluse. Theresa May ha parato gli ostacoli maggiori, ha tenuto con nettezza il punto su politica estera e di sicurezza e sui diritti umani che potevano essere trappole letali. Elementi, beninteso, che non cambiano la caratteris­tica di fondo delle future relazioni economiche bilaterali anglo-americane, segnate dall’indebolime­nto che la Gran Bretagna ha inflitto a sé stessa, scegliendo la Brexit e condannand­osi a mostrare il fianco vulnerabil­e agli Stati Uniti.

Tuttavia la missione di Theresa May a Washington ha confermato che Londra è là dove è da sempre, in mezzo all'Atlantico, e non solo per destino geografico. Indispensa­bile magari non lo sarà più, ma estremamen­te utile continuerà ad esserlo per tutti. Per gli Stati Uniti e per l’Europa. In primo luogo per Donald Trump che non potrà continuare a sfidare capitali e organizzaz­ioni internazio­nali senza stabilire una liaison importante e inattaccab­ile, a differenza di quella che spera di stabilire con il presidente russo Vladimir Putin. E per questo non c’è nulla di più agevole che rispolvera­re la very special relationsh­ip con il Regno Unito.

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