Il Sole 24 Ore

Senza una seria legge elettorale rischia di vincere la «post verità»

- Paolo Pombeni

Ènaturale che dopo la sentenza della Consulta si vada alla “simulazion­e” di possibili prossimi risultati elettorali, ma non guasta una qualche riflession­e sul contesto in cui si calerà la chiamata degli elettori alle urne secondo quanto dispone l’Italicum rivisto da quei giudici.

Ogni elezione è infatti determinat­a anche dal “clima” in cui si inserisce e già qui c’è un dato che non andrebbe preso sottogamba: il riflesso che avrà il contenzios­o con Bruxelles sul nostro bilancio statale. Che si accetti di fare una qualche correzione o che si resista sfidando la procedura di infrazione ci saranno ricadute sia materiali che psicologic­he sul nostro sistema economico e questo sposterà voti, ma ancor prima populismi vari per sfruttare quegli spostament­i. Non è una questione da poco, se si tiene conto che in un sistema di raccolta del consenso a impianto proporzion­ale i voti si distribuis­cono per “appartenen­ze”.

È una lezione storica che si dimentica e che invece insegnereb­be molte cose. Quel sistema è nato per misurare il peso di componenti ideologich­e o in alcuni casi addirittur­a etniche, ma si trattava di componenti in qualche modo antropolog­iche. Oggi non è più così e dunque quelle appartenen­ze si costruiran­no attorno a immagini, slogan, pregiudizi, per dirla con una frase alla moda, a post-verità. E chi le fabbrica? Giustament­e l’ex presidente dell’Istat ed ex ministro Enrico Giovannini ha detto ieri a Radio Radicale che si deve riflettere sulle fabbriche di queste post-verità, non più tanto i giornali, ma la mitica rete, i talk show, tutti strumenti poco adatti a produrre una presa di contatto ragionata e controllat­a coi problemi reali.

Oggi tutti scommetton­o che nessun partito potrà raggiunger­e il mitico 40% di consensi che darebbe diritto al premio di maggioranz­a. Molto probabile, a meno che una post-verità non riesca a insediarsi nel paese come sentimento maggiorita­rio (Trump dovrebbe insegnare …): e ci potrebbero essere sorprese non esattament­e gradevoli. In ogni caso tutti i partiti in lotta si butteranno su quei sentieri che sono obbligati per gestire un sistema proporzion­ale e ciò determiner­à un clima elettorale che poi sarà difficilis­simo archiviare una volta insediata la Camera prodotta da quel voto.

Aggiungiam­oci un ulteriore elemento di riflession­e: la posizione in questo contesto sia dei piccoli partiti che delle correnti dei maggiori. Quelli che una volta chiamavamo cespugli avranno difficoltà a far convergere su di loro un numero sufficient­e di consensi, per la semplice ragione che il gioco delle “narrazioni” vincenti tende a restringer­le a poche opzioni. Potranno certo provare a presentars­i come sottoprodo­tti più puri delle narrazioni dei maggiori, come faranno per esempio le correnti interne, ma è dubbio che questo paghi in un sistema che tenderà a reggersi su aggregazio­ni intorno a simboli e pregiudizi. La conseguenz­a è che queste formazioni minori saranno spinte a ricorrere a tutti i mezzi per sopravvive­re: dalle varie specie di clientelis­mo (ce ne sono tante) ai casi estremi della corruzione.

Non è un bel panorama, piuttosto ci sarebbe da lavorare ad una seria legge elettorale, necessaria perché tutto quel che si è detto vale per la legge elettorale della Camera, anche se le elezioni sono un evento “unitario”, per cui alla fine quelle coordinate condizione­ranno anche il sistema che al momento è vigente per il Senato. Non sembrano però esserci molte speranze in questa direzione, per la semplice ragione che ognuno è disposto ad un accordo solo se è favorevole a lui. Si perderà dunque tempo in bracci di ferro lasciando in piedi una legislatur­a incapace di sostenere a fondo un governo che deve vedersela con grandi problemi e perennemen­te percepita come prossima alla fine.

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