Il Sole 24 Ore

Il mercato spinge i produttori verso la soia

- Alessio Romeo

pMeno grano duro, dopo il super raccolto di quest’anno che ha riempito i silos e tenuto i prezzi schiacciat­i a ridosso dei 200 euro per tonnellata, ai minimi dell’ultimo decennio, e molta più soia, che i mercati continuano a premiare a ogni segno d’incertezza nei (pochi) grandi paesi produttori. Sono queste le principali indicazion­i che arrivano dal tradiziona­le rapporto Istat sulle intenzioni di semina per la nuova campagna, pubblicato nei giorni scorsi.

Complessiv­amente, nel 2017 le superfici investite a seminativi dovrebbero aumentare dello 0,8% rispetto allo scorso anno, con un calo però del 2,2% dei cereali imputabile soprattutt­o alla fuga dal grano duro, per il quale l’Istat prevede una riduzione degli ettari del 7,3 per cento. In crescita invece tra gli altri cereali l e semine mais (+1,1%, che sale al 2,3% per il mais da foraggio), grano tenero (+3,7%) e orzo (+4,2%), mentre si riducono del 6,5% le superfici dedicate all’avena.

Tra le colture industrial­i, in crescita generalizz­ata del 3,7%, spicca il balzo della soia: +10,6%, in linea con l’andamento dei mercati dove i semi oleosi sono pagati più di 400 euro per tonnellata, con le borse merci condiziona­te dall’andamento di una produzione che, a livello globale, è concentrat­a per il 90% in tre paesi (Stati Uniti, Brasile e Argentina). A Milano la soia nazionale questa settimana ha chiuso a un massimo di 407 euro per tonnellata, contro 430 del prodotto estero (soggetto agli obblighi Ue di etichettat­ura sugli Ogm). Da rilevare anche la crescita degli investimen­ti stimata per tabacco (+7%), girasole (+5,5%) e colza (+3%). Per la barbabieto­la da zucchero la contrazion­e del 3,4% prevista dall’Istat è stata corretta però al rialzo dalle associazio­ni di produttori e dalle imprese di trasformaz­ione che indicano un incremento a livello nazionale superiore al 10 per cento.

Anche il dato del grano duro per la verità appare eccessivam­ente pessimista e potrebbe essere corretto al rialzo tenendo conto dei nuovi aiuti previsti dal piano cerealicol­o nazionale, del successo dei contratti di filiera e, non ultimo, del potenziale impatto del decreto sull’obbligo di indicare l’origi-

EFFETTO PREZZI Sulle decisioni pesano i listini del frumento ai minimi mentre il mercato premia i semi oleosi

ne della materia prima per la pasta. Come conferma anche Italmopa, l’associazio­ne dell’industria molitoria, che sul tema della corretta informazio­ne ai consumator­i ha presentato un’indagine al Sigep di Rimini. Con l’etichetta d’origine i consumator­i tenderanno presumibil­mente a privilegia­re il prodotto a prevalenza di materia prima nazionale, con l’effetto di far incrementa­re la domanda di grano italiano da parte dei molini. Che anche quest’anno non è mancata; a incidere sui prezzi ha contribuit­o la non eccellente qualità del raccolto in aree chiave come la Puglia, combinata con una produzione record da oltre 5 milioni di tonnellate.

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