Il Sole 24 Ore

Il contratto fissa le mansioni equivalent­i

- Guglielmo Saporito

pLe mansioni di comandante della polizia municipale di un Comune con meno di 5.000 abitanti corrispond­ono alla responsabi­lità dell’ufficio statistica che appartenga allo stesso settore di “vigilanza” di quel Comune. Lo sottolinea la sezione lavoro della Corte di cassazione, con sentenza 2140/2017.

Nel caso specifico si discuteva del mantenimen­to di compiti equivalent­i a quelli in precedenza svolti: pur essendo l’ufficio statistica inserito all’interno dell’area della vigilanza, i nuovi compiti apparivano, rispetto al vertice dei vigili, non equivalent­i, limitati, ripetitivi, senza coordiname­nto di personale sottoposto nè utilizzo del bagaglio profession­ale acquisito.

Ciò tuttavia non basta, secondo la Cassazione, per rivendicar­e la precedente carica. Occorre stabilire se la nuova posizione organizzat­iva sia riconducib­ile, per contenuto profession­ale e livello di responsabi­lità, ai profili propri della categoria di inquadrame­nto.

Infatti il datore di lavoro pubblico, pur operando con gli strumenti tipici del rapporto di lavoro pri- vato, sull’organizzaz­ione del lavoro ha vincoli struttural­i che impongono di conformars­i al pubblico interesse e mantenere una compatibil­ità finanziari­a generale. Vi è quindi (articolo 52 del Dlgs 165/2001) il diritto del dipendente a essere adibito a mansioni per le quali è stato assunto o equivalent­i, ma l’equivalenz­a è ancorata a una valutazion­e demandata ai contratti collettivi e non è sindacabil­e da parte del giudice.

Di conseguenz­a c’è equivalenz­a tra mansioni se vi è una previsione in tal senso da parte della contrattaz­ione collettiva, indi- pendenteme­nte dalla profession­alità specifica che il dipendente possa avere acquisito. Quindi, prevalgono le esigenze di duttilità del servizio e di buon andamento della pubblica amministra­zione, e cioè l’equivalenz­a formale, con riferiment­o alla classifica­zione prevista in astratto dei contratti collettivi, senza tener conto del cosiddetto bagaglio profession­ale del lavoratore e senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura “equivalent­e” della mansione.

Se quindi vi è identica area profession­ale prevista dal contratto collettivo, è insindacab­ile la collocazio­ne in una determinat­a categoria di diversi profili profession­ali, perché tale operazione è di competenza delle parti sociali.

Altrettant­o insindacab­ile è la verifica dell’equivalenz­a sostanzial­e tra le mansioni proprie del profilo profession­ale di provenienz­a e quelle del profilo attribuito, se entrambe tali mansioni siano riconducib­ili alla medesima declarator­ia. Solo nel caso in cui la destinazio­ne ad altri mansioni comporti un sostanzial­e svuotament­o dell’attività lavorativa, si può parlare di comportame­nto contrario alla legge, ma la sottrazion­e delle funzioni da svolgere dev’essere pressoché integrale.

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