Mattarella: contrastare razzismi vecchi e nuovi
«Ancora oggi dobbiamo chiederci: com’è possibile che, sotto forme diverse - che vanno dal negazionismo, alla xenofobia, all’antisionismo, a razzismi vecchi e nuovi, al suprematismo, al nazionalismo esasperato, al fanatismo religioso - com’è possibile che ancora oggi si sparga e si propaghi il germe dell’intolleranza?». Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha usato parole che richiamano anche al presente durante la cerimonia svolta ieri al Quirinale per la Giornata della Memoria. La ricorrenza ha un respiro internazionale (è stata istituita nel 2005 dall’Assemblea generale delle Nazione Unite) ed è celebrata il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto (proprio il 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz). Anche se in Italia la giornata della memoria, sempre il 27 gennaio, è stata istituita già nel 2000.
Anche papa Francesco ha voluto ricordare la giornata, in un tweet diffuso in nove lingue sul suo profilo @Pontifex: «Oggi desidero fare memoria nel cuore di tutte le vittime dell’Olocausto. Le loro sofferenze, le loro lacrime non siano mai dimenticate». Il Pontefice ieri ha ricevuto in udienza privata in Vaticano una delegazione dell’European Jewish Congress, che rappresenta più di due milioni di ebrei in Europa, guidata dal presidente Viatcheslav Moshe Kantor. Nell’occasione il Pontefice - hanno fatto sapere i partecipanti - ha voluto ribadire la sua vicinanza al popolo ebraico e ha affermato che «l’Olocausto è il memoriale dell’umana crudeltà».
Anche Mattarella ha sottolineato l’importanza di «ricordare, doverosamente, le tante vittime innocenti di una stagione lugubre e nefasta». E la Giornata «impegna a contrastare, oggi, ogni seme e ogni accenno di derive che ne provochino l’oblio o addirittura ne facciano temere la ripetizione». Perché «alla costruzione di Auschwitz non si arrivò per caso. Mai teorie così nefande erano state sorrette da un consenso popolare pressoché maggioritario e dalla compiacenza di intellettuali, con rare ed eroiche eccezioni. Auschwitz è diventato un monumento contro l’orrore nazista. Ma è, e deve essere – ha evidenziato– anche la testimonianza consapevole, di quali sciagure sia capace di compiere l’uomo quando abbandona la strada della convivenza e della solidarietà e imbocca la strada dell’odio».
Un tema, questo, che il capo dello Stato aveva ricordato già nelle celebrazioni della giornata della memoria dello scorso anno. Come pure ad ottobre, durante la cerimonia commemorativa delle vittime del rastrellamento del ghetto di Roma. Anche ieri, come ad ottobre, Mattarella ha sottolineato l’importanza dei «reduci dei campi di sterminio che ancora oggi ci raccontano e ci tramandano l’indicibile sofferenza patita. Le loro storie e le loro parole ci colpiscono, e ci chiamano, in maniera esigente, all’impegno e alla vigilanza».
Ma Mattarella, proprio come lo scorso anno, ha voluto sottolineare la necessità di «non cancellare le colpe di chi, anche in Italia, si fece complice dei carnefici per paura, fanatismo o interesse». Pur ribadendo la necessità di non trascurare il ruolo dei «650mila militari italiani deportati nei campi tedeschi, perché dopo l’8 settembre si rifiutarono di servire Hitler. È una pagina di storia, colma di sofferenza e di coraggio – ha concluso Mattarella – che è parte integrante della Resistenza italiana e che non sempre è adeguatamente conosciuta».