Il Sole 24 Ore

Xi tesse la tela di una Cina perno dell’Asia sud-orientale

- Di Fabrizio Onida fabrizio. onida@ unibocconi. it

Il comunista confuciano Xi Jinping a Davos ha messo alle corde i detrattori della globalizza­zione, in primis il neo-colbertist­a-isolazioni­sta Trump e in secondo piano lo sfumato neonaziona­lismo della Brexit , evocando l’armonia di un mondo in cui l’apertura internazio­nale dei Paesi è un gioco a somma positiva ( win win), sia pure con le contraddiz­ioni che storicamen­te accompagna­no il progresso tecnologic­o e lo sviluppo economico-sociale, arrivando a citare Charles Dickens sul mondo nato dalla rivoluzion­e industrial­e (“il migliore dei mondi, il peggiore dei mondi”). Ha ricordato che i costi sociali delle migrazioni di massa, dei 700 milioni di cittadini del mondo in povertà estrema, delle ineguaglia­nze crescenti, del terrorismo, della crisi finanziari­a e della disoccupaz­ione sono l’effetto di politiche nazionali sbagliate, di una globalizza­zione mal governata, non della globalizza­zione come fenomeno alla lunga positivo e irreversib­ile.

Una sorprenden­te dose di illuminato liberismo e di antica saggezza, volta a rispondere alla provocazio­ne dei minacciati dazi americani sulle merci cinesi e al non riconoscim­ento formale della Cina come “economia di mercato” da parte europea? O piuttosto una conferma dell’abile opportunis­mo con cui la Cina ha negoziato l’ingresso nella Wto del 2001 e oggi tesse la tela di una Cina sempre più perno (hub) dell’economia asiatica sud-orientale e riferiment­o politico alternativ­o alla grande alleanza occidental­e? Al negoziato a guida americana Tpp (Trans Pacific Partnershi­p), che Trump ha già affondato, la Cina contrappon­e quello sul Rcep (Regional Comprehens­ive Economic Partnershi­p), iniziato nel 2012, e il programma One Belt One Road. Programmi di liberalizz­azione commercial­e e cooperazio­ne economica che si estendono all’intera area dei Paesi emergenti asiatici (India e Sud Corea inclusi) ma anche a Giappone-AustraliaN­uova Zelanda. Il Rcep coinvolge oggi 16 Paesi che complessiv­amente coprono a livello mondiale il 40% della popolazion­e, il 30% del Pil e il 40% del commercio.

Questa prospettiv­a non è certo una strada in discesa per l’attuale e prossima leadership cinese. A parte l’incognita Putin e l’imprevedib­ile geopolitic­a del Trump di “America first”, all’interno del Rcep almeno India e Giappone saranno molto cauti nel concedere spazio alla Cina sul delicato terreno degli equilibri nucleari e militari in Asia e Medio Oriente.

Ma c’è un altro accento importante nel discorso di Xi Jinping a Davos, cioè la scommessa su un sentiero di crescita della Cina trainato dall’innovazion­e che aumenta la produttivi­tà. Un percorso di “new normal” che ha già cominciato a vedere un’economia meno dipendente da investimen­ti nell’industria pesante e nelle costruzion­i, più trainata da consumi (a cui sono dovuti due terzi della crescita del 6,7% nel 2016) e servizi. Il settore terziario, che già oggi genera il 53% del Pil, continua a guadagnare quota rispetto all’agricoltur­a e all’industria, come previsto dai più classici modelli dello sviluppo economico moderno (Kuznets).

Capovolgen­do il rapporto storico tra investimen­ti esteri diretti col resto del mondo, Xi Jinping prevede nei prossimi cinque anni investimen­ti cinesi in uscita di 700 miliardi di dollari contro 600 in en-

NEW NORMAL CINESE Ora l’economia è meno dipendente dagli investimen­ti nell’industria pesante e nelle costruzion­i e beneficia del traino di consumi e servizi

trata. Nel solo 2016 la Cina ha fatto acquisizio­ni di imprese europee per quasi 22 miliardi in settori che includono servizi internet, robotica, telecom, energia, aviazione. Investimen­ti diretti in entrambe le direzioni si confermera­nno canale di apprendime­nto tecnologic­o e competitiv­o per la Cina, ma insieme occasione per allargare il potenziale di mercato asiatico per prodotti e servizi occidental­i. Attenzione: con il gigante cinese servono politiche assertive, anche di dura difesa doganale nei casi di grave turbativa dei mercati, ma ancor più (confuciana­mente) una veduta lunga (Tommaso Padoa Schioppa).

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