Auto, la riforma europea resta bloccata
La proposta di uniformare i cr iter i di omologazione è ferma da un anno
È passato un anno esatto da quando la Commissione europea ha presentato una ambiziosa riforma del sistema di omologazione delle automobili in Europa. Sulla scia del clamoroso scandalo Volkswagen, il piano deve agli occhi dell’esecutivo comunitario mettere ordine in un sistema troppo parcelizzato, dove le autorità nazionali continuano ad avere un ruolo chiave. A 12 mesi dalla presentazione della riforma, questa è ancora bloccata in Parlamento e al Consiglio.
«La nostra proposta è sul tavolo da un anno – spiega Lucía Caudet, portavoce della Commissione europea qui a Bruxelles –. Stiamo aspettando che il Parlamento e il Consiglio accelerino i lavori, confermando il nostro stesso grado di ambizione». Invece, in un contesto di crescente euroscetticismo, l’idea di accentrare poteri a Bruxelles non piace, nonostante gli scandali sulle emissioni nocive delle auto abbiano messo in luce l’inadeguatezza dell’assetto attuale.
L’attuale sistema prevede che l’omologazione per tutta l’Unione delle auto nuove avvenga nel paese di produzione o di messa su strada. L’assetto si basa sulla fiducia reciproca. Vw è riuscita a eludere l'attenzione delle autorità tedesche adottando uno speciale software che al momento dei test ha ridotto artificialmente le emissioni nocive. Sono 8,5 milioni le vetture della casa automobilistica che oggi circolano in Europa, inquinando più di quanto non fosse stato ufficialmente certificato.
La riforma presentata dalla Commissione si basa su tre filoni. Modifica il rapporto tra casa automobilistica e società di omologazione, riducendo la possibilità dei conflitti d'interesse; introduce possibili controlli ex post sulle auto già in circolazione; dà allo stesso esecutivo comunitario il potere di ritirare dalle strade auto che violano la normativa europea e di comminare eventuali multe alle case automobilistiche e alle autorità di omologazione ( si veda Il Sole 24 Ore del 28 gennaio 2016).
Il pacchetto conferma il divieto dell'uso di strumenti che possano manipolare surretiziamente le emissioni nocive, e anzi introduce l’obbligo della casa automobilistica di consentire alle autorità di omologazione l’accesso alle centraline informatiche. A parole, la riforma era stata accolta positivamente, tanto lo scandalo Volkswagen, scoppiato nel settembre del 2015, ha scioccato l’opinione pubblica. Oggi, tuttavia, il pacchetto è bloccato nell'iter legislativo.
Sul fronte del Consiglio, le misure sono ancora discusse a livello tecnico. Non piace la possibilità per l’esecutivo Bruxelles di effettuare test ex post e l’ipotesi di monitoraggio delle autorità nazionali. Sul versante del Parlamento, l’iter è anch'esso molto lento. Nel rapporto della commissione Mercato Interno e Protezione dei consumatori, il relatore inglese Daniel Dalton ha preferito sopprimere il potere di Bruxelles di richiamare le auto difettose e condizionare le eventuali multe all'avviso dei Ventotto.
La posizione non è condivisa da altri parlamentari, anche se molti di loro sono alla ricerca di un diverso equilibrio tra centro e periferia rispetto a quello proposto da Bruxelles. Commenta Nicola Danti, deputato socialista italiano che siede nella commissione parlamentare: «L’obiettivo resta quello di dotare l’Europa di un efficace sistema di controllo e sorveglianza del mercato, che eviti altri casi Volkswagen e che spezzi ogni legame tra organi di controllo e case automobilistiche».