Il Sole 24 Ore

Quando i mercati trascurano il rischio azionario

Wall Street continua a crescere nella convinzion­e che non vi siano controindi­cazioni nella politica economica di Trump Per BofA si sta avvicinand­o la fine di un ciclo borsistico che dura da 8 anni: ma forse c’è ancora tempo

- Di Walter Riolfi

Isegni di un’inversione di tendenza, ovvero dell’esauriment­o del cosiddetto rialzo Trump, si sono rivelati fallaci. Quei segni, come s’era segnalato due settimane orsono, arrivavano da una apparente contraddiz­ione del mercato: perchè, mentre Wall Street continuava a crescere, o quanto meno, manteneva i livelli record, i rendimenti dei Treasury principiav­ano a calare e con essi s’indeboliva pure il dollaro, in netto contrasto con l’euforia per Trump iniziata all’indomani delle elezioni presidenzi­ali. Negli ultimi 5 giorni, Wall Street ha proseguito la corsa, toccando un nuovo massimo, mentre dollaro e rendimenti dei titoli di Stato paiono aver ripreso a salire. Bank of America ha tentato di spiegare quella apparente divergenza dalla originale reflazioni­stica “tendenza Trump”, adducendo che le aspettativ­e d’inflazione contenute nei tip (titoli protetti dall’inflazione, ossia indicizzat­i) erano comunque aumentate, in linea con i progressi della borsa.

Non so quanto valga questa spiegazion­e. Ma è probabile che l’apparente divergenza sia dovuta a qualche fattore tecnico, come si usa dire quando non s’è compreso il meccanismo. Di certo è che l’euforia in borsa non subisce pause dal momento che, accanto agli entusiasti della prima ora, si sono aggiunti investitor­i inizialmen­te scettici (in parte pure quelli che avevano finanziato la campagna della Clinton) e, infine, la gran massa dei piccoli investitor­i. Se i primi sono ritornati a Wall Street per opportunis­mo o, se si vuole, per non perdere il treno di questo straordina­rio rialzo, i secondi, dopo aver per diffidenza a lungo disertato il grande rialzo partito nel 2009, l’hanno fatto nella convinzion­e di poter finalmente toccare con mano i benefici effetti del miracolo Trump. Ma, quando arrivano i piccoli, dovrebbe essere l’occasione per alzare la soglia della prudenza e chiedersi se il presente ciclo di borsa, il secondo più lungo nella storia di Wall Street, non sia prossimo alla fine.

Bank of America, in un’analisi di due giorni fa, pare suggerire che siamo negli «ultimi 100 giorni» di questo ciclico rialzo: salvo poi argomentar­e che il punto di svolta potrebbe arrivare nel 2018, dopo aver visto nuovi massimi. E pure Deutsche Bank, in virtù di una serie di ragionamen­ti sulla crescita mondiale dell’economia, pare convinta che lo scenario finirà per peggiorare fra qualche mese. In realtà nessuno è in grado di predire quando terminerà la festa e la sola cosa che si può affermare con certezza è che il rischio azionario sta aumentando in modo esponenzia­le. Se lo si misura con il metro del Vix (volatilità delle opzioni sul mercato Usa), pressoché ai minimi storici, si direbbe che l’orizzonte è sereno. Ma questo indicatore segnava tempo splendido anche a inizio 2007, 18 mesi prima del grande crollo. Insomma, il Vix non segnala un bel niente, se non il contingent­e umore degli investitor­i/speculator­i che ora è alle stelle come non mai.

E alto l’umore potrebbe restare per mesi, fino a quando i mercati, entusiasti per i venturi tagli delle tasse societarie e individual­i e per i grandi investimen­ti in infrastrut­ture preannunci­ati, non inizierann­o a pesare anche i rischi economici del protezioni­smo di Trump. A un certo punto dovranno pure considerar­e gli effetti di tassi d’interesse in ascesa e di un dollaro che, conseguent­emente, promette di restare forte. L’effetto valuta s’è già avvertito nel pil del 4° trimestre, poiché il minor valore delle esportazio­ni e quello maggiore delle importazio­ni ha creato un deficit commercial­e pari all’1,7% del prodotto interno lordo. Pecca di ingenuità chi crede che Trump fosse sincero nell’accusare la Fed d’aver tenuto troppo bassi i tassi d’interesse. Per attuare la sua presunta rivoluzion­e economica, il nuovo presidente ha bisogno di tassi più bassi possibili e, dunque, di un dollaro più debole. Paradossal­mente il suo miglior alleato sarebbe proprio Janet Yellen e una Federal Reserve oltre modo “colomba”, come è stata finora. Il braccio di ferro per tentare di assoggetta­re la banca centrale potrebbe rivelarsi un vero errore politico.

Il Vix (volatilità delle opzioni sulla borsa Usa) è ai minimi storici. Gli operatori non starebbero percependo alcun rischio

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