Bancassurance, a chi giovano le fusioni
Lo stesso però non si può dire per quanto riguarda i prodotti venduti allo sportello, soprattutto quelli di natura assicurativa. Quando si sono unificate linee di prodotti e reti agenziali non sempre hanno prevalso ragionamenti di mantenimento dei prodotti più utili o meno cari e più indicati per i risparmiatori. Spesso anzi è valso il contrario: si è guardato alla marginalità (più elevata) delle soluzioni offerte. Lo stesso vale, a detta degli agenti, per i modelli di rete assicurativa; in molti casi si è disperso, secondo gli intermediari coinvolti, del valore. Non poche lacune ci sono state poi proprio nel settore della bancassurance. Gli accordi tra banche e compagnie assicurative si sono realizzati vendendo polizze dal contenuto finanziario (si pensi alle index e unit linked piazzate abbondantemente prima della crisi del 2008), con una bassissima componente assicurativa e con elevate commissioni di upfront. Così oggi il mondo bancario e postale intermedia il 70% circa dei premi Vita (molto elevati in Italia), mentre nel settore Danni (non auto) siamo il fanalino di coda in Europa con una percentuale dei premi raccolti inferiore all’1%. Per non parlare poi dell’annoso problema delle polizze legate ai mutui, con la loro vendita quasi forzata, giudicate care dall’Ivass, più volte intervenuta sulle pratiche scorrette di vendita. Infine, nonostante il recente calo dovuto alla diminuzione di sinistrosità degli scorsi anni, abbiamo ancora le polizze Rc Auto più care d’Europa, anche per effetto delle frodi.
Maggiore competizione tra canali potrebbe, auspicabilmente, portare a prodotti più smart. Competizione che però fatica in un mercato sempre più concentrato. Il nuovo eventuale colosso Generali-Isp avrebbe da risolvere in primis proprio questo nodo, visto che la quota di mercato (Danni più Vita 2015) dei due gruppi uniti supererebbe il 30%. Sono infatti il numero uno e il numero due in Italia. È quindi da mettere in conto un eventuale intervento Antitrust.