Il Sole 24 Ore

La grande rotazione spinta da tre fattori

Marketing, sicurezza e Fisco dietro il trasloco di oltre 500 miliardi

- Nicola Borzi

Più liquidità, meno titoli di Stato, bond (specie bancari) e azioni. La casa come bene supremo, ma anche preferenza crescente per il risparmio gestito, boom per le polizze Vita. La fotografia degli asset in portafogli­o alle famiglie italiane che emerge dall’esame dell’indagine di Banca d’Italia tra il 2007 e gli ultimi dati disponibil­i (2014) conferma una “rotazione” epocale (500 miliardi in uscita da alcuni strumenti, 523 miliardi di flussi in ingresso su altri). Rotazione spiegata con due fattori predominan­ti: le massicce campagne di marketing del mondo del risparmio e la scelta per prodotti considerat­i “sicuri” in termini di bail in.

Ma sul fenomeno ha pesato, eccome, anche un convitato di pietra di prim’ordine: il Fisco. Banca d’Italia di recente ha spiegato che il calo dei collocamen­ti di bond bancari è stato dovuto anche al venire meno del «trattament­o fiscale di favore rispetto ai depositi bancari e postali. L’aliquota di imposta sulle obbligazio­ni bancarie è salita dal 12,5 al 20% nel gennaio 2012 e al 26% nel luglio 2014, come per gli altri strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato e dai buoni fruttiferi postali». Resta però il paradosso di un settore che resta fortissima­mente “bancocentr­ico”, ma nel quale la caduta di fiducia dei risparmiat­ori nei confronti delle banche è un fenomeno ormai indiscutib­ile.

Nel 2007 il settore bancario, alle prese con l’ondata di fusioni e acquisizio­ni di grandi dimensioni, si stava riprendend­o con lentezza dalla perdita di credibilit­à nei confronti dei risparmiat­ori dovuta agli effetti del default argentino e dei crack Cirio e Parmalat. Tra il 2002 e il 2003 centinaia di migliaia di italiani avevano scoperto a proprie spese che la sottoscriz­ione di titoli di questi emittenti (spesso caldamente consigliat­a allo sportello) era stato un pessimo investimen­to. Nel 2008, nuova doccia gelata: il collasso di Lehman Brothers. Quando, dopo anni di difficoltà, la fiducia nel settore sembrava destinata a riprenders­i, la stangata delle crisi di Popolare Etruria, Banca Marche, CariFerrar­a e CariChieti mandate in risoluzion­e il 22 novembre 2015, cui si aggiungeva l’anno scorso l’azzerament­o delle azioni di Popolare Vicenza, Veneto Banca e Monte dei Paschi di Siena. Tutti fenomeni che non hanno mancato di lasciare il segno nel rapporto tra clienti e risparmiat­ori e istituti di credito. Nel frattempo, i costi delle crisi hanno colpito indirettam­ente anche chi non ha investito nelle banche: Plus24 già il 30 luglio scorso registrava l’aumento delle spese di tenuta dei conti correnti di alcuni istituti motivato con la maggior contribuzi­one al Fondo di sostegno interbanca­rio. Vedremo se il decreto salvabanch­e, con le norme per favorire l’educazione finanziari­a, contribuir­à a ridare smalto al rapporto tra risparmiat­ori e intermedia­ri.

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