La grande rotazione spinta da tre fattori
Marketing, sicurezza e Fisco dietro il trasloco di oltre 500 miliardi
Più liquidità, meno titoli di Stato, bond (specie bancari) e azioni. La casa come bene supremo, ma anche preferenza crescente per il risparmio gestito, boom per le polizze Vita. La fotografia degli asset in portafoglio alle famiglie italiane che emerge dall’esame dell’indagine di Banca d’Italia tra il 2007 e gli ultimi dati disponibili (2014) conferma una “rotazione” epocale (500 miliardi in uscita da alcuni strumenti, 523 miliardi di flussi in ingresso su altri). Rotazione spiegata con due fattori predominanti: le massicce campagne di marketing del mondo del risparmio e la scelta per prodotti considerati “sicuri” in termini di bail in.
Ma sul fenomeno ha pesato, eccome, anche un convitato di pietra di prim’ordine: il Fisco. Banca d’Italia di recente ha spiegato che il calo dei collocamenti di bond bancari è stato dovuto anche al venire meno del «trattamento fiscale di favore rispetto ai depositi bancari e postali. L’aliquota di imposta sulle obbligazioni bancarie è salita dal 12,5 al 20% nel gennaio 2012 e al 26% nel luglio 2014, come per gli altri strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato e dai buoni fruttiferi postali». Resta però il paradosso di un settore che resta fortissimamente “bancocentrico”, ma nel quale la caduta di fiducia dei risparmiatori nei confronti delle banche è un fenomeno ormai indiscutibile.
Nel 2007 il settore bancario, alle prese con l’ondata di fusioni e acquisizioni di grandi dimensioni, si stava riprendendo con lentezza dalla perdita di credibilità nei confronti dei risparmiatori dovuta agli effetti del default argentino e dei crack Cirio e Parmalat. Tra il 2002 e il 2003 centinaia di migliaia di italiani avevano scoperto a proprie spese che la sottoscrizione di titoli di questi emittenti (spesso caldamente consigliata allo sportello) era stato un pessimo investimento. Nel 2008, nuova doccia gelata: il collasso di Lehman Brothers. Quando, dopo anni di difficoltà, la fiducia nel settore sembrava destinata a riprendersi, la stangata delle crisi di Popolare Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti mandate in risoluzione il 22 novembre 2015, cui si aggiungeva l’anno scorso l’azzeramento delle azioni di Popolare Vicenza, Veneto Banca e Monte dei Paschi di Siena. Tutti fenomeni che non hanno mancato di lasciare il segno nel rapporto tra clienti e risparmiatori e istituti di credito. Nel frattempo, i costi delle crisi hanno colpito indirettamente anche chi non ha investito nelle banche: Plus24 già il 30 luglio scorso registrava l’aumento delle spese di tenuta dei conti correnti di alcuni istituti motivato con la maggior contribuzione al Fondo di sostegno interbancario. Vedremo se il decreto salvabanche, con le norme per favorire l’educazione finanziaria, contribuirà a ridare smalto al rapporto tra risparmiatori e intermediari.