Così la crisi sfida la regolamentazione
Gli interventi sempre più incisivi delle autorità dalla trasparenza al controllo dei prodotti
La lunga crisi innescata dallo scoppio della bolla dei mutui subprime ha suscitato una risposta in termini di regolamentazione dei mercati che ha visto il suo centro di elaborazione nelle istituzioni europee ed è stata poi recepita e implementata in Italia. Una crisi nella quale il quadro regolamentare non è stato irrilevante. Nella relazione per il 2008 Lamberto Cardia, allora presidente della Consob, dopo aver denunciato un «quadro regolamentare nei principali mercati finanziari (che) si è rivelato non preparato a prevenire e fronteggiare le tensioni i ndotte dalla crisi e a gestire il fallimento di imprese finanziarie di dimensione transnazionale», segnalava: «La concorrenza tra ordinamenti ha privilegiato le piazze finanziarie caratterizzate da pra- tiche di vigilanza dal “tocco leggero” e da politiche di regolamentazione basate su principi non sempre accompagnati da disposizioni attuative precise e omogenee». L’anno successivo Cardia spiegava: «Oggi si è compreso che l’approccio più giusto per governare la crisi e prevenirne di nuove è il riesame complessivo del “perimetro della regolamentazione”».
Nel corso degli anni successivi le istituzioni comunitarie si sono preoccupate di trovare una soluzione per questa situazione insoddisfacente. Le linee direttrici di questa risposta sono state man mano più “invasive” delle autorità rispetto al mercato. La prima risposta è stata infatti in termini di trasparenza, con il presupposto che il risparmiatore adequatamente i nformato sui prodotti che andava ad acquistare fosse in grado di poter decidere cosa fare del proprio denaro. Molte volte però gli intermediari finanziari hanno utilizzato a proprio vantaggio il principio per il quale non c’è nulla di più nascosto di ciò che è in vista. Documentazioni sterminate sono diventate in larga parte inutili. Accanto alla completezza si è quindi posto il problema della “essenzialità” dell’informazione. La bocciatura del Parlamento europeo nel 2016 delle indicazioni tecniche adottate dalla Commissione Ue (ma elaborate dalle authority del settore) per il Kid ( Key information document, documento con le i nformazioni chiave) dei Priips ( Packaged retail and insurance-based investment products, prodotti di investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati) mostra come questa esigenza sia poi difficile da realizzare.
Un approccio che non si è esaurito, quello della trasparenza, ma che è stato via via accompagnato da altre direttrici di intervento. La prima è quella della vigilanza sul comportamento degli i ntermediari. Su questo punto la regolamentazione della Mifid ha rappresentato un passaggio decisivo, ma che alla fine ha mostrato molte lacune. Basti ricordare gli studi della Consob sulle insufficienze dei questionari Mifid e sulla l oro sottovalutazione da parte dei clienti. Senza contare le forzature che in tanti casi sono state documentate, per far risultare adeguati ad alcuni profili di contribuenti i prodotti finanziari che ad essi venivano poco corretta- mente proposti. La correttezza dei comportamenti degli intermediari dunque passa attraverso adeguatezza rispetto al profilo del cliente del prodotto proposto, oltre che attraverso la trasparenza.
Dopo trasparenza e correttezza il passo ulteriore è stato quello dell’intervento sui prodotti. Qui la cronaca è più recente, perché si tratta di due dei passaggi centrali della Mifid 2: la product governance (la progettazione di prodotti finanziari pensati per specifiche clientele) e la product intervention (la possibilità di far ritirare un prodotto già distribuito dal mercato da parte delle Autorità). In Italia ci sono stati già alcuni interventi i n questo senso: per esempio gli interventi della Consob sui prodotti illiquidi e sui prodotti complessi.
Quel che manca a questo quadro è proprio l’omogeneità di fondo. Con interventi settoriali e spesso poco coordinati. La settimana scorsa su Plus24 abbiamo segnalato come l’Esma ha segnalato un problema che potrebbe sorgere per la sottrazione delle Sgr alla disciplina Mifid. Forse è tempo, più che di nuovi interventi, di dare coeerenza al quadro.