Il Sole 24 Ore

Swap, «rosso» per le banche da 10 miliardi

Per alcuni istituti italiani perdite potenziali sui contratti Otc cresciute del 4% nel trimestre marzo-giugno 2016

- Marcello Frisone

L’onda “lunga” della crisi dei derivati partita dieci anni fa da oltre Oceano fa sentire ancora oggi, anche se non proprio direttamen­te, i suoi effetti in Italia. Al 30 giugno 2016, infatti, le perdite potenziali accumulate sugli swap Over the counter (Otc) da tutti gli operatori che hanno stipulato derivati con le banche italiane ammontano complessiv­amente a 48,5 miliardi e, di questi ammanchi “virtuali”, quasi il 20% ( 10 miliardi) è attribuibi­le probabilme­nte a piccoli istituti di credito del nostro stesso Paese. È questo uno spaccato tratto dalla base statistica pubblica della Banca d’Italia dalla quale sembra confermata (ma in passato non era così) una relazione inversa tra l’andamento dell’Irs a 30 anni e le perdite potenziali in derivati: cioè, se i tassi salgono le banche guadagnano di più, se i tassi scendono compensano i minori introiti con incassi da derivati.

«perdite» in leggero calo

Il nuovo calo dell’Irs a 30 anni nel secondo trimestre 2016 fa scendere ( anche se di poco, - 1,8% rispetto al trimestre precedente) le perdite potenziali complessiv­e dei derivati Otc. Al 30 giugno scorso, infatti, il tasso fisso trentennal­e era allo 0,81% ( contro l’ 1% del marzo precedente) mentre il “rosso” di chi aveva stipulato swap con le banche italiane era di 48,5 miliardi ( 49,4 tre mesi prima). Non solo. La leggera riduzione delle perdite potenziali andrebbe anche ascritta alla diminuzion­e del numero di soggetti coinvolti ( da 23.620 a 22.381).

le contropart­i bancarie italiane

Su un totale di 22.381 “soggetti” che hanno stipulato derivati con le banche italiane, 263 sono altrettant­e banche (su circa 600 licenze in Italia): significa che 10 miliardi di perdite potenziali potrebbero forse nasconders­i negli istituti di minore dimensione, con un aumento del 3,9% nel trimestre e una perdita potenziale media di 38 milioni a istituto.

enti locali e società finanziari­e

Aumentano le perdite per le 135 amministra­zioni pubbliche (9,7 miliardi, + 4,2%) e si riducono significat­ivamente per le 362 società finanziari­e (4,9 miliardi, -26,6%). Nella voce società finanziari­e potrebbero però rientrare attività in qualche modo collegate alle amministra­zioni pubbliche (per esempio con la costituzio­ne di fondi fuori bilancio, oppure all'interno dei fondi di garanzia a fronte delle emissioni obbligazio­narie, i cosiddetti sinking fund).

La perdita potenziale complessiv­a degli enti locali potrebbe dunque arrivare fino a 14,6 miliardi: il nozionale relativo ( che però non viene esposto nella banca dati) potrebbe essere di 59 miliardi se per similitudi­ne applicassi­mo le stesse “regole” dei derivati dello Stato ( 39 miliardi di perdita potenziale su 160 miliardi di nozionale, circa il 24%). A ogni modo, per capire l’impatto degli swap sulla gestione finanziari­a degli enti locali sarebbe utile conoscere, oltre al mark to market ( valore di mercato), la corrispond­ente struttura per scadenza dei pagamenti attesi e gli scenari di probabilit­à.

le imprese

Le aziende che hanno derivati in perdita potenziale diminuisco­no in un trimestre di 920 unità ( da 19.416 a 18.496) e il controvalo­re resta a 7,6 miliardi (un aumento marginale dello 0,6% nel trimestre). È da sottolinea­re che la perdita potenziale per le imprese viene evidenziat­a mensilment­e nella Centrale dei Rischi di Bankitalia producendo così un immediato peggiorame­nto del merito di credito delle stesse.

gli insegnamen­ti della crisi

Che insegnamen­to trarre dunque a dieci anni dalla crisi iniziata nel 2007? « Di sicuro — risponde Giampaolo Galiazzo, della società di consulenza indipenden­te Tiche di Treviso — un po’ spaventa il fatto che 263 soggetti coinvolti possano essere contropart­i bancarie italiane. Questo potrebbe voler dire che un continuo uso “distorto” dei derivati potrebbe causare ancora problemi per l’intero sistema. I costi occulti applicati a questi contratti, infatti, non sono mai stati del tutto chiariti e dal 2008 a oggi non abbiamo mai visto un “azzerament­o” delle perdite potenziali nonostante le grandi variazioni nei tassi d’interesse » .

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